Tra i pescatori di Kolezhma, lo sperduto villaggio Pomory sulla costa del Mar Bianco

Vladimir, Eugenij, Vadim e Pavel, pescatori di Kolezhma

Vladimir, Eugenij, Vadim e Pavel, pescatori di Kolezhma

Pavel Kuzmichev
I Pomory sono una popolazione della Russia che si è stabilita vicino all’Oceano Artico nel XV secolo per vivere di pesca. Nonostante il mondo sia radicalmente cambiato, conservano ancora oggi antiche usanze e tradizioni

“In inverno i pescatori si alzano presto. Raggiungono il mare in motoslitta e lavorano fino a sera”, racconta Ivan Egorov, presidente dell'azienda agricola collettiva di pesca “Zarja Severa” mentre si reca a Kolezhma, un antico villaggio di Pomory sulla costa del Mar Bianco. “Da dicembre a marzo ogni giorno è uguale”. Questa è la stagione del navaga (un pesce osseo marino d'acqua salmastra della famiglia Gadidae), il principale prodotto commerciale di questa zona. Il lavoro è duro. In questo periodo le gelate e i venti sono forti e inarrestabili. Il termometro oscilla tra -30 e -40°C, con un’umidità penetrante che rende ancor più gelida l’aria. 

Sulla costa del Mar Bianco

In questa stagione i pescatori della fattoria collettiva non escono quasi mai in mare con la barca: in inverno l’acqua gela e loro raggiungono le reti per la cattura dei pesci in motoslitta. In primavera, quando fanno la loro comparsa le aringhe e gli sperlani, i pescatori catturano i pesci con le trappole poste nei punti di bassa marea. Solo in estate si spingono al largo, sulle isole, a bordo delle loro imbarcazioni, per raccogliere le alghe che vengono poi utilizzate per produrre fertilizzanti e additivi alimentari. Avventurarsi in barca nel severo Mar Bianco è spaventoso. E per intere generazioni i Pomory hanno rispettato e temuto la potenza dell’acqua. 

L'alga Fucus nel Mar Bianco

“Non si deve fischiare in mare. Altrimenti ci sarà tempesta - dice Pavel, un giovane pescatore -. Se si fischia, il vento inizia a soffiare forte e si alzano onde spaventose”. I russi, infatti, ritengono che fischiettare possa portare sfortuna. 

Pescatori di Kolezhma

“Inoltre non si può insultare il mare né bere vodka per tornare a casa”, aggiunge Vladimir. 

Come si vive a Kolezhma?

Il villaggio di Kolezhma è conosciuto fin dal 1548. Anticamente qui si trovavano una salina e l’armeria del monastero di Solovetskij. Ma la pesca è sempre stata l'occupazione principale della popolazione locale. Per secoli qui hanno vissuto i Pomory: pescatori, costruttori di navi e marinai (ne abbiamo parlato qui).

Una veduta di Kolezhma

In passato c’erano decine di insediamenti simili sul Mar Bianco. Ma ora si contano sulle dita di una mano. Questo è uno degli ultimi villaggi dove sono sopravvissuti lo stile di vita tradizionale e il commercio dei Pomory. 

Un vecchio edificio del kolkhoz

La maggior parte dei villaggi Pomory oggi sta scomparendo e la gente vi si reca solo in estate per le vacanze. Non ci sono posti di lavoro e le condizioni di vita sono estremamente difficili. Per questo gli abitanti hanno iniziato a trasferirsi in massa nelle città. 

Pescatori al lavoro

Ciò che contraddistingue Kolezhma è la sua vitalità: la maggior parte delle persone del villaggio lavora nell'azienda agricola collettiva, fondata nel 1930. “Il nostro kolkhoz consegna 100-110 tonnellate di navaga in una stagione invernale, ovvero la metà di tutto il pesce del distretto”, dice il presidente. Questi numeri sono resi possibili dalla buona posizione del villaggio, visto che i pesci amano le acque poco profonde vicino al mare. 

Sulla costa del Mar Bianco

“Una trappola per pesci viene installata nell’acqua profonda, un'altra in acqua bassa. Con l’andirivieni della marea i pesci restano intrappolati nelle reti”, dice Kochin. In passato, gli antenati di questa gente si occupavano della pesca allo stesso modo, con l’unica differenza che le motoslitte non esistevano ancora, e quindi dovevano spostarsi in inverno sul ghiaccio con i cavalli. 

Ecco come avviene oggi la pesca in pieno inverno in questo angolo sperduto di mondo:

È autunno inoltrato. E i gruppi di pescatori si preparano per l’inizio della stagione fredda: controllano le reti, e se ci sono dei buchi devono essere rattoppati; un lavoro che viene fatto rigorosamente di sabato, considerato un “giorno benedetto” e per questo di buon auspicio per la pesca. 

Una casa di pescatori

La produzione di barche

Passeggiando per le stradine del villaggio, le case sembrano uscite da un quadro. “In epoca sovietica tutti avevano una barca di legno, più una grande per ogni equipaggio, ma negli anni '90 ormai non c’erano più artigiani”, racconta Sergij Ljogkij, costruttore di barche.

Barche di pescatori

Per quasi tutta la vita Sergej ha lavorato a Petrozavodsk in un cantiere navale e, dopo il crollo dell'URSS, insieme al fratello Vasilij ha deciso di rilanciare questa attività. Impossibile dire quante barche abbiano costruito nel corso degli anni!

Un'imbarcazione realizzata da Sergej

Gli abitanti del villaggio

Molti abitanti di Kolezhma hanno lasciato il villaggio negli anni '90, ma sono tornati quando la vita qui ha cominciato a migliorare.

La casa di Sergej

Oggi nel villaggio sono registrate 130 persone. Ma non più della metà di loro resta anche in inverno. Molti si trasferiscono in città, anche se i salari nella fattoria collettiva sono un terzo più alti di quelli di Belomorsk. Il problema qui è la mancanza di servizi e infrastrutture: le famiglie con bambini non hanno vita facile. “Qui non ci sono scuole o asili, ma solo un collegio a Sumskoe Posad”, dice il pescatore Aleksandr. Lui stesso lavora nella fattoria collettiva da 12 anni.

Ivan Egorov, il capo del kolkhoz

Avgusta Mikhailovna, Baba Gusja, come viene affettuosamente chiamata dai suoi vicini, non si è mai allontanata dal villaggio ed è diventata un punto di riferimento. Nata nel 1928, è la persona più anziana del villaggio, e per quasi tutta la vita si è dedicata alla fattoria collettiva. Ha lavorato all'ufficio postale, si è occupata del mantenimento delle mangiatoie e della preparazione del fieno. Ha perfino lavorato a bordo di una nave nel Mare di Barents come cuoca. “Non c’era modo di annoiarsi: una volta, dalle parti di Teriberka, sono uscita sul pontile per dare un’occhiata e mi sono accorta che c’era un problema: il motore dell’imbarcazione si era rotto e c’era una nebbia talmente fitta che non si capiva dove stessimo andando. Il capitano, Ivan Vasilievich, riusciva a malapena a tenere la nave. Per fortuna una nave passeggeri che passava di lì ha sentito i nostri segnali di emergenza, ci ha agganciato a una corda e ci ha salvato”.

Aleksandr sulla costa del Mar Bianco

Baba Gusja ricorda il villaggio com’era nel secolo scorso, quando l’edificio della chiesa ospitava le funzioni prima di essere trasformato nella Casa della Cultura. Ricorda anche la Grande guerra patriottica (la Seconda guerra mondiale, ndr), quando i bambini furono evacuati a Kolevna, lontano dalla linea del fronte. E ricorda chiaramente i nonni e i padri di molti pescatori, con i quali ebbe modo di lavorare nei decenni passati.

Baba Gusja
La vecchia chiesa, che ora è la

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