La famosa Prospettiva Nievskij, che conoscevo dalla grande letteratura russa, anni fa mi deluse perché la immaginavo come un luogo suggestivo e mitico. In verità è un grande viale trafficato e affollato, ed un mercatino di bancarelle per turisti. Il mito può stare nella superba vista delle cupole colorate della Chiesa del Salvatore sul Sangue Versato illuminate dalla bella luce del pomeriggio estivo.
Il primo nucleo di costruzione della città fu un avamposto militare su un'isoletta, trasformato poi nella Fortezza di Pietro e Paolo, la cui guglia dorata è visibile da molto lontano. All'interno delle mura la zecca, la cattedrale, altri edifici militari di un tempo. Uno ospita un museo, la parte più interessante della fortezza. Ai tempi dello zar è stata una prigione che ha visto personaggi famosi, tra cui Dostoevskij, ed il fratello di Lenin, Aleksandr, impiccato con altri giovani per aver progettato un attentato.
Da qui partì la rivoluzione il 25 ottobre 1917.
Nella cattedrale interna alla fortezza, sontuosa ed esageratamente barocca da sembrare una chiesa cattolica, i turisti si affollano intorno a 32 preziose casse di marmo bianco: sono le tombe dei vari Romanov, non tutti saliti al trono. Tutte uguali, tranne una in quarzo rosa e una verde in diaspro degli Urali. In una stanza a parte ci sono i resti di Nicola II e di qualche membro della famiglia reale, ripescati negli anni Novanta e qui sepolti in pompa magna nel 1998.
A San Pietroburgo, una visita al Palazzo d'Inverno è obbligatoria, e con esso al più grande museo del mondo, l'Ermitage, che occupa il palazzo stesso e gli edifici adiacenti. Dedichiamo un giorno intero e non basta: tre milioni di pezzi esposti tra quadri, sculture, reperti archeologici e oggetti per 24 km di visita. I quadri sono sedicimila e li saltiamo a piè pari, collezioni intere acquistate dagli zar e suddivise per nazionalità degli autori. La nostra scelta cade su ciò che non c'è nei nostri grandi musei di Roma, Londra o Parigi: l'arte del centro dell'Asia, l'antica Russia e gli interni del Palazzo d'Inverno, perché qui è dura stabilire se sono più preziose le collezioni o il contenitore.
Vent'anni fa le operazioni di controllo all'entrata comportavano ore di fila, ci si spostava in mandrie e tutto era pittorescamente caotico. Molte sale erano chiuse per restauro ma la visita non ne soffriva, un decimo di Ermitage basterebbe a fare un ricco museo cittadino. Le vetrine erano ancora in legno, i cartoncini ingialliti solo in cirillico. Senza la guida era dura.
In epoca sovietica la concezione della visita al museo implicava necessariamente una visita guidata (inclusa nel biglietto) con un "accompagnatore culturale" qualificato parlante le principali lingue. Questa usanza è sopravvissuta per alcuni anni dopo il 1990, la trovammo ancora nel 2001 al museo nazionale di Tblisi. Al museo storico di Tirana, nel 2006, si scusarono che la guida parlante italiano era già andata a casa e dovevamo accontentarci della guida in lingua inglese. Oggi l'Ermitage è stato quasi totalmente trasformato in un museo moderno, con caffè e internet point, un grande museum shop al pianterreno e altri più piccoli in ogni settore. Le visite guidate ci sono ancora ma si pagano.
L'ingresso principale del Palazzo d'Inverno parte con gran effetto dallo Scalone degli ambasciatori, il cui nome dice tutto: marmi, colonne, capitelli e vasi dorati, velluto rosso. Saloni enormi con grande impiego di colonne e vasi realizzati in pietre dure quali malachite, azzurrite e quarzo rosa, cristalli e vernici d'oro, e tutto questo in più di mille stanze.
Cosa avranno pensato i primi rivoluzionari quando irruppero nel palazzo, mentre calpestavano con gli stivali sporchi del fango autunnale i raffinati parquet del pavimento? Tutti gli orologi dell'Ermitage, tanti e preziosi, segnano l'ora esatta tranne uno fermo alle 2 e 17, rotto durante l'irruzione dell'ottobre 1917. Senza la guida stavolta non sono riuscita a trovarlo. Un colpo di cannone sparato dall'incrociatore Aurora diede il segnale per l'attacco al palazzo. L'incrociatore Aurora, ancorato non lontano dalla Fortezza, per cinquant'anni è stato museo. Lo cerchiamo invano, e scopriamo che lo hanno rimosso da poco per restaurarlo.
I russi, sin dai primi governi bolscevichi, sono stati grandi conservatori delle suddette preziose proprietà, che passarono allo Stato divenendo bene pubblico, ed è evidente come lo siano ancora. Durante l'invasione nazista del 1941 non solo le fabbriche vennero spostate all'interno; un milione e mezzo di pezzi del museo Ermitage furono trasportati sugli Urali, e molti altri beni culturali trasportabili vennero prudentemente messi in salvo. Subito dopo la fine della guerra iniziò il restauro del Palazzo d'Inverno e di tutti gli edifici storici danneggiati dai bombardamenti.
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