Le canzoni di briganti, ergastolani, vagabondi e mendicanti, che erano così popolari in Russia all’inizio del XX secolo, le “arestántskie pésni”, non hanno nulla in comune e non vanno confuse con le canzoni della malavita (“blatnýe pésni”), il fenomeno della musica a tema criminale emerso nei primi anni dell’esistenza dell’Urss e poi riesploso dopo il suo crollo.
Vista di via Ekaterininskaja da via Deribasovskaja, a Odessa, la città dell’Impero Russo dove la blatnaja pesnja (canzone della malavita) nacque e divenne celebre
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La culla della “musica della malavita” (“blatnája pesnja”) era Odessa, che alla fine del XIX secolo era la quarta città più popolosa dell’Impero russo e il secondo porto in termini di fatturato delle merci. Inoltre Odessa era la principale città ebraica dell’Impero: ciò era avvenuto a causa dell’introduzione della cosiddetta “Chertá osédlosti” (la “Zona di residenza” o “Zona di insediamento”, all’interno della quale gli ebrei potevano legalmente vivere). Formalmente, a insistere sulla sua introduzione erano stati i mercanti russi dei governatorati centrali, che chiedevano di salvarli dalla concorrenza dei commercianti ebrei, sulla base del fatto che questi ultimi professavano una fede diversa dall’Ortodossia.
Il “Regolamento sull’assetto degli ebrei” del 1804 specificava i governatorati in cui potevano stabilirsi e commerciare gli ebrei. Questi erano i governatorati occidentali e sud-occidentali, incluso quello di Kherson, di cui Odessa faceva parte.
Musicisti klezmer a un matrimonio accompagnano l’arrivo dello sposo, Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, 1925 circa
Menakhem Kipnis/YIVO EncyclopediaNella città portuale affluirono molti ebrei impegnati nel commercio, nell’artigianato e nelle transazioni finanziarie. Tuttavia, anche all’interno della zona di insediamento, gli ebrei avevano diritti limitati rispetto alla popolazione ortodossa: non potevano lasciare liberamente i loro governatorati e la scelta delle occupazioni e dei mestieri era limitata. Questo spingeva molti ebrei nell’ambiente criminale. Bagarini, truffatori, borseggiatori e topi d’appartamento di ogni tipo costituivano una parte significativa della popolazione ebraica dei governatorati della Zona di residenza. Fu proprio nell’ambiente criminale che apparve la parola “blat” (da cui deriva l’aggettivo “blatnój”): in yiddish questa parola significava un membro di una banda di ladri, uno “dei nostri”.
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La musica aveva avuto sempre un ruolo importantissimo nella vita di ogni cittadina ebraica. Matrimoni, funerali, feste religiose e semplicemente divertimenti da bettola nei locali portuali venivano accompagnati dai tradizionali motivi “klezmer” (questo era il nome sia della musica che dei musicisti che la eseguivano). All’inizio del XX secolo, a Odessa si aprirono molti “illjuzión”: cinema muti, in cui l’accompagnamento musicale veniva fornito da pianisti che suonavano melodie note a tutti.
Aljosha Dimitrievich (1913-1986), cantante russo di origine rom, uno dei principali interpreti della musica gitana
Foto d'archivioNel 1917, i bolscevichi distrussero il regime zarista e con esso anche la “Zona di residenza”, e la popolazione ebraica dei governatorati che facevano parte della “Zona” acquisì diritti uguali a quelli di tutti i cittadini della Russia sovietica. Negli anni Venti, durante il periodo della Nuova Politica Economica, i musicisti professionisti ebraici si unirono all’ambiente delle bettole di entrambe le capitali, e le melodie klezmer divennero molto popolari sia a Mosca che a San Pietroburgo. Anche adesso sono familiari alla maggior parte dei russi canzoni come “Murka” e “Sem sorok” (“Sette e quaranta”), scritte usando motivi tradizionali del genere klezmer.
Sala comune del ristorante notturno dell'Hotel Evropejskaja, Leningrado, 1924
Dominio pubblicoÈ così che nacque la canzone della malavita: quando si cominciarono a scrivere testi in russo per classici motivi klezmer. A garantire la popolarità della nuova musica c’era il fatto che, a differenza della “musica carceraria” russa, nella musica klezmer si enfatizzava il ritmo sincopato: ballare al suono di questa musica era facile e divertente. Una forte influenza sulla formazione della canzone della malavita fu poi esercitata dalla musica zigana, estremamente popolare in Russia all’inizio del XX secolo. Furono proprio le romanze zigane a dare al canto della malavita il suo strumento principale: la chitarra.
“Guardare ora il repertorio degli spettacoli del 1925-1928 significa immergersi nel fango nero di tutti i tipi di foxtrottaggio, zingaraggio, canto della malavita, di innumerevoli versioni delle canzoncine ‘frivole’ pre-rivoluzionarie”, si lamentava un giornalista della rivista “Rabochij i Teatr” (“L’Operaio e il Teatro”) nel 1931. Già dalla metà degli anni Venti, lo Stato lanciò un attacco ai generi musicali delle bettole e dei salotti e, tra questi, alle canzoni della malavita. Ma perché erano così amate dalla gente?
Pjotr Leshchenko (1898-1954), cantante russo nato nel villaggio di Isaevo, vicino a Odessa. Fu molto popolare all’estero ma i suoi dischi furono a lungo proibiti in Urss
Foto d'archivioLa musica ufficiale sovietica negli anni Venti e Trenta creò molte canzoni briose e patriottiche, ma non offriva assolutamente all’ascoltatore composizioni scherzose, di argomento quotidiano, o malinconiche. Questa nicchia fu occupata dalla musica della malavita e da quella leggera, dove c’erano non solo le canzoni dei ladri, ma anche schlager scherzosi come “Tsypljonok zharenyj” (“Pollo arrosto”), “Shkola tantsev Solomona Pljara” (“Scuola di ballo di Solomon Pljar”) e canzoni da operai “Kirpiciki” (“Mattoncini”) e "Stakanciki granjonyje” (“Bicchierini a faccette”). Lo storico della canzone della malavita Maksim Kravchinskij cita le parole del cantante Oleg Chistjakov: “Quelle canzoni raccontavano di problemi reali. Parlavano una lingua nota, senza ricorrere al linguaggio formale… Persone a diversi livelli della scala sociale le ascoltavano e le cantavano con le lacrime agli occhi”.
Il cantante Leonid Utjosov (1895-1982) con la sua jazz band, negli anni Trenta. Nel 1934 fu anche protagonista, al fianco di Ljubov Orlova, del celebre film musicale “Tutto il mondo ride”
Sovfoto/Universal Images Group/Getty ImagesDalla seconda metà degli anni Venti l’esecuzione di canzoni della malavita dal palco fu vietata dalle autorità in quanto “opere che soddisfano i gusti dei nepman [imprenditori privati comparsi negli anni della Nep, la Nuova Politica Economica] e dei borghesucci”. Ma allo stesso tempo, il beniamino del pubblico Leonid Utjosov cantava le famose “S odesskogo kichmana” (“Dal carcere di Odessa”) e “Gop so smykom” (da un nome gergale di furto), canzoni di contenuto puramente criminale.
La cantante Izabella Jureva (1899-2000), nome d’arte di Izabella Livikova, fu soprannominata la “Regina del romanticismo russo”. Nel 1999 ha celebrato il suo centesimo compleanno in un concerto tributo tenuto in suo onore a Mosca
Dominio pubblicoUtjosov (il vero nome è Lazar Weisbein) era nato nel 1895 a Odessa e già negli anni Venti era divenuto famoso come attore e cantante. Nel 1929 creò la sua orchestra e nel 1934, insieme a Ljubov Orlova, recitò nel film “Vesjolye rebjata” (in italiano conosciuto con il titolo “Tutto il mondo ride”) e divenne famoso in ogni angolo dell’Unione Sovietica. Inoltre, nel 1932, Utjosov registrò “S odesskogo kichmana” e “Gop so smykom” su dischi per grammofono, e nel 1935, su richiesta personale di Stalin, eseguì “Gop so smykom” al Cremlino, per gli esploratori polari del rompighiaccio Cheljuskin. Le canzoni della malavita e quelle zigane erano popolari anche tra l’élite della nomenklatura. La famosa cantante rom Isabella Jurjeva (1899-2000) ricordò che la convocavano alle feste chiuse al Cremlino, dove le chiedevano di cantare brani “zingari” dal suo repertorio, che erano ufficialmente vietati.
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