Quali libri e autori piacevano agli zar russi?

Kira Lisitskaya (Foto: imageBROKER.com/Global Look Press; Thomas Söllner/EyeEm/Getty Images)
Sebbene l’agenda quotidiana dei sovrani russi fosse piena di affari di stato e di impegni improrogabili, riuscivano a ritagliarsi del tempo per i piaceri semplici, come la lettura. Molti di loro erano molto interessati alla letteratura, e non di rado riconoscevano negli scrittori interlocutori e persone affini con cui scambiare idee

Ivan il Terribile 

Ivan IV, detto il Terribile era noto non solo per il suo temperamento severo, ma anche per avere una delle più vaste biblioteche della sua epoca. Si ritiene che contenesse i volumi portati da Sofia Paleologa da Costantinopoli e i manoscritti di Jaroslav il Saggio. Lui stesso arricchiva costantemente la sua biblioteca. Lo zar amava particolarmente gli autori latini, e le loro opere venivano tradotte appositamente per lui. Ad esempio, “Ab Urbe condita” di Tito Livio e il Codice giustinianeo. Ma era appassionato anche della storia della guerra di Troia, raccontata nella sua “Cronografia” dallo storico siro Giovanni Malalas e dal poeta della scuola siciliana Guido delle Colonne nell’“Historia destructionis Troiae”. Ivan il Terribile rimase talmente colpito da questa descrizione epica della guerra di Troia da rimproverare nella sua corrispondenza il politico fuggitivo Andrej Kurbskij di essere stato disonesto con lui proprio come Antenore ed Enea. 

Pietro il Grande

Lo zar Pietro I, detto il Grande, raccolse la sua biblioteca per perseguire gli interessi nazionali: ordinò traduzioni di libri di architettura e costruzione, ingegneria e questioni militari. Il primo imperatore russo conosceva personalmente diversi editori e librai. Ad esempio visitò il negozio dell’olandese Jaques Debord. Lì acquistò decine di volumi, sulla navigazione, sul giardinaggio e sulla storia del commercio. La collezione di libri mostra anche un certo entusiasmo per i fatti straordinari e insoliti: la collezione di Pietro I comprendeva un libro di un autore tedesco su strani avvenimenti; dalle curiose apparizioni di persone al passaggio delle comete, oltre a un dettagliato calendario astrologico del danese Tycho Brahe, con note personali dello scienziato. 

Caterina la Grande

“Da qualche anno ho l’abitudine di avere sempre con me un libro. Ogni volta che ne ho l’opportunità, leggo”, confessò Caterina II. 

L’imperatrice aveva iniziato ad amare i libri fin da bambina, con la scoperta di Racine e La Fontaine. La principessa Sofia Federica Augusta di Anhalt-Zerbst (come si chiamava prima di essere data in sposa, sedicenne, all’erede al trono russo) fece della lettura la sua occupazione obbligatoria quando arrivò in Russia, e per il resto della sua vita mantenne l’abitudine di dedicare due ore al mattino e alla sera ai libri e alla scrittura. Era una lettrice esigente. Rabelais, Montaigne e Cicerone erano al centro della sua attenzione. Pagina dopo pagina affrontò la monumentale “Storia della Germania”, l’“Encyclopédie” di Diderot e d’Alembert, “Lo spirito delle leggi” di Montesquieu. I contemporanei ammiravano l’erudizione di Caterina: l’imperatrice citava le opere dei filosofi antichi, conoscendo a memoria le opere di Licurgo e di Pericle.

I pensatori francesi erano ben più che nomi sulle copertine per lei: era in corrispondenza con d’Alembert e lo invitò persino in Russia, come precettore del granduca Pavel Petrovich. Da Diderot acquistò una biblioteca: l’imperatrice pagò al filosofo 15 mila livre (o lire; valuta della Francia fino al 1795), lo nominò curatore, e ordinò di emettere immediatamente uno stipendio per 50 anni in anticipo. Solo dopo la morte dell’autore dell’Enciclopedia, la biblioteca si trasferì in Russia. 

La principale scoperta dell’imperatrice fu Voltaire. Era una sua affezionata ammiratrice e intrattenne una corrispondenza con lui per molti anni. Quando lui morì, lei acquistò la biblioteca del suo autore preferito e progettò persino di allestire un castello-biblioteca a Tsarskoe Selo, ma alla fine mise i libri nelle sue stanze private.   

Alessandro III

“Amava molto la letteratura russa. Conosceva e leggeva tutto”, ha detto di Alessandro III il conte Sergej Sheremetev. Lo scrittore preferito dall’imperatore era Fjodor Dostoevskij. La passione per lui era una questione di famiglia: sia il padre Alessandro II che i suoi fratelli, i granduchi Sergej e Pavel, erano profondamente affascinati dallo scrittore.

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La conoscenza dell’erede al trono con Dostoevskij iniziò con il suo romanzo “Delitto e castigo”, che aveva letto con la moglie Maria Fjodorovna. Venuto a conoscenza dell’interesse per la sua persona, Dostoevskij iniziò a inviare a Corte i suoi nuovi scritti: “I demoni”, “I fratelli Karamazov” e “Diario di uno scrittore”. Tra i due iniziò una corrispondenza: in essa Dostoevskij rivelava le intenzioni dei suoi romanzi e sottolineava l’importanza dell’idea russa. Il loro incontro si tenne a Palazzo Anichkov e si svolse senza cerimonie: lo scrittore non si attenne all’etichetta di corte e si comportò normalmente. In seguito, alla notizia della morte di Dostoevskij, Alessandro III si addolorò sinceramente e ritenne che nessuno sarebbe stato in grado di compensare questa perdita. 

Nicola I

“Dite all’Imperatore che mi dispiace morire. Ditegli che gli auguro un lungo, lunghissimo regno, che gli auguro la felicità di suo figlio, la felicità della sua Russia”. Il morente Pushkin chiese a Vassilij Zhukovskij di riferire queste parole a Nicola I. 

Nel 1826 l’imperatore aveva concesso al poeta di rientrare dall’esilio a Mikhailovskoe dopo l’insurrezione decabrista e gli aveva persino accordato un’udienza in cui, tra l’altro, lo interrogò sulla rivolta. Come commiato, lo zar lo informò che d’ora in poi sarebbe stato lui stesso il suo primo lettore e censore. Da allora, in effetti, Nicola I studiò personalmente le opere del poeta. Per esempio, riteneva il racconto in versi “Il conte Nulin” (scritto nel 1825 e pubblicato due anni dopo) “un lavoro molto affascinante”, mentre nel “Boris Godunov” apportò molte correzioni, anche se Pushkin chiese il permesso di pubblicarlo nella sua versione. 

Nicola conosceva anche l’autore delle “Anime morte”. Nikolaj Gogol divenne famoso a corte per le sue “Veglie alla fattoria presso Dikanka” (1829-1832) e col tempo prese l’abitudine di inviare le sue nuove opere alla famiglia imperiale. Il sovrano permise anche la messa in scena de “L’ispettore generale” (1835) a teatro e assistette persino alla prima, ordinando poi ai suoi ministri di andare a vedere lo spettacolo. 

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Nicola II

Anche Nicola II era un avido lettore. Era particolarmente appassionato di Nikolaj Gogol. Spesso la famiglia dell’ultimo imperatore russo preferiva la lettura di un buon libro ai divertimenti più chiassosi in società. Lo stesso zar leggeva spesso ad alta voce alla sua famiglia, scegliendo capitoli di romanzi di Ivan Turgenev, Nikolaj Leskov e Anton Chekhov. Ma non disdegnava neppure le avventure di Sherlock Holmes e gli affascinanti romanzi “I tre moschettieri” e “Il conte di Montecristo“ di Alexandre Dumas e “Dracula” di Bram Stoker. Dopo la Rivoluzione, Nicola II si immerse nello studio della “Storia dell’Impero Bizantino” di Fjodor Uspenskij, e, a Ekaterinburg, poco prima di essere ucciso, si dedicò alla lettura della Bibbia e di Nikolai Saltykov-Shchedrin.


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