Erano vari ufficiali dell’esercito e nobili russi, membri di diverse società segrete antigovernative, che organizzarono la “Rivolta dei Decabristi” del 1825 (il nome viene da “dekabr”, nome russo di “dicembre”, perché la rivolta avvenne in quel mese). In totale, i simpatizzanti del movimento erano oltre 600. Tra loro c’erano membri delle più alte famiglie aristocratiche dell’Impero: le guardie reali Aleksandr Muravjov, Pavel Pestel e Nikita Muravjov, il principe Ilja Dolgorukov, il principe Sergej Trubetskoj e molti altri giovani nobili. Anche il poeta Aleksandr Pushkin, il consigliere dello zar Mikhail Speranskij e il generale Aleksej Ermolov erano vicini ai circoli decabristi; e alcuni di loro si salvarono a malapena dall’essere condannati per questa vicinanza.
Il 14 dicembre 1825, gli ufficiali guidarono circa 3000 soldati in una rivolta contro il nuovo imperatore, Nicola I, che era salito al trono il giorno precedente. Tuttavia, la rivolta fu soppressa dal resto dell’esercito. I morti furono molti, 579 nobili finirono sotto inchiesta, 316 furono arrestati e 121 furono processati. Cinque furono impiccati e altri furono mandati al confino o scontarono altre pene. Oltre ai nobili, oltre 4.000 soldati furono puniti con il trasferimento del loro reggimento nel Caucaso settentrionale.
I leader dei decabristi volevano rovesciare il governo russo, arrestare lo zar e la famiglia reale e poi… i loro due testi fondamentali, che contenevano i progetti per il futuro sistema politico, sarebbero serviti come base per le riforme.
Secondo la “Russkaja Pravda” (un nome preso in prestito dall’antico codice di leggi russo) di Pavel Pestel, il più radicale tra i decabristi, la Russia doveva diventare una repubblica con un governo provvisorio costituito di persone rispettate, e la famiglia dello zar doveva essere eliminata fisicamente per impedire qualsiasi ripristino della monarchia. Il secondo testo, la “Costituzione” di Nikita Muravjov, voleva fare della Russia una monarchia costituzionale, con lo zar che avrebbe dovuto ricoprire solo un ruolo di rappresentanza. Ogni ulteriore piano era davvero vago, perché i decabristi erano molto dubbiosi sul possibile successo della loro rivolta, e la rinviarono per anni.
Durante la Guerra, alla fine vittoriosa, della Sesta coalizione (marzo 1813 - maggio 1814), l’esercito russo marciò attraverso l’Europa, fino a Parigi e fece ritorno trionfalmente in patria. Gli ufficiali e i soldati videro con i loro occhi come vivevano i contadini, i borghesi e la nobiltà in Europa. Molti nobili russi tornarono a casa con il desiderio di cambiare le cose: di liberare i servi e di introdurre una costituzione in Russia.
Queste idee erano ispirate dagli enciclopedisti francesi e dalla Costituzione americana (la “Costituzione” scritta da Nikita Muravjov era essenzialmente una traduzione approssimativa della Costituzione degli Stati Uniti). Le idee costituzionali giravano già nei primi anni del dominio di Alessandro I, salito al trono nel 1801, ma dopo la vittoria su Napoleone, lo zar si allontanò gradualmente da qualsiasi tipo di riforma in Russia. L’Imperatore era a conoscenza delle società segrete e delle loro idee costituzionali, e accentuò progressivamente la sua disapprovazione e, nel 1822, vietò tutte le società e i club segreti in Russia. I decabristi iniziarono a vedere il rovesciamento della monarchia in Russia come l’unico modo per eseguire i loro piani.
I futuri decabristi avevano creato diverse società segrete che avevano proclamato i loro obiettivi, come: sradicare i vizi sociali, combattere la corruzione e aiutare la diffusione dell’illuminismo nelle masse. La “Lega della salvezza” (1816-1817) fu trasformata in “Unione della prosperità” (1818-1821). Contava oltre 200 membri e circa 15 “filiali” regionali, ma solo i 30 membri più in alto sapevano di avere in programma un colpo di Stato in futuro. Nel 1821, l’Unione della prosperità divenne così ampiamente conosciuta tra la nobiltà, che dovette essere sciolta. Si divise nella più radicale “Associazione del Sud”, guidata da Pavel Pestel e con base in Ucraina, e la più liberale “Associazione del Nord”, attiva a San Pietroburgo, sotto il comando di Nikita Muravjov.
Nell’autunno del 1825, entrambe le società avevano raggiunto un accordo sul fatto che il colpo di Stato doveva essere attuato nell’estate del 1826: l’imperatore Alessandro e i suoi fratelli Costantino e Nicola sarebbero stati arrestati mentre osservavano delle importanti manovre militari nella parte meridionale della Russia, e allo stesso tempo, una rivolta militare doveva essere organizzata a San Pietroburgo. Ma il 27 novembre 1825 giunse a San Pietroburgo la notizia che Alessandro era morto improvvisamente, il 19 novembre, durante un periodo di vacanza a Taganrog. A causa delle nuove circostanze, i piani dei decabristi dovettero essere cambiati in tutta fretta.
Dopo la morte di Alessandro, la Russia trascorse due settimane in una sorta di interregno. Secondo le leggi russe, Costantino sarebbe stato il legittimo pretendente al trono; ma nel 1823 aveva firmato una rinuncia, pur lasciandola segreta per non suscitare scalpore nella società. Il trono doveva essere trasferito a Nicola, ma nessuno lo sapeva: solo tre persone nell’Impero, i funzionari più fidati di Alessandro, erano a conoscenza dell’abdicazione.
Immediatamente dopo la triste notizia, Nicola e tutti i funzionari, l’esercito e la gente di San Pietroburgo iniziarono a giurare fedeltà formale a Costantino come nuovo imperatore, e gli fu inviata una lettera ufficiale a Varsavia, dove risiedeva. Costantino rispose a Nicola, scrivendo che aveva abdicato anni prima, e senza mezzi termini si rifiutò di ritornare sui suoi passi. Ma a quei tempi le notizie si diffondevano molto lentamente: Nicola ricevette la risposta di Costantino solo il 7 dicembre; e per tutto questo tempo, la Russia pensava che Costantino fosse il suo nuovo imperatore. Nicola capì allora che doveva assumere il potere. Il 13 dicembre, annunciò la sua decisione e pianificò il nuovo giuramento di fedeltà, da eseguire il giorno successivo, il 14 dicembre.
I decabristi realizzarono che questa era la loro ultima possibilità di impadronirsi del potere. Nicola aveva una reputazione pessima tra le file dell’esercito, comprese alcune delle guardie reali, per il suo rigore e la sua pedanteria. I decabristi progettarono di interrompere il giuramento di fedeltà a San Pietroburgo. Gli ufficiali dovevano incitare i soldati delle guardie reali a ribellarsi, prendere il Palazzo d’Inverno, arrestare Nicola e la sua famiglia e dichiarare un governo provvisorio. Il principe Sergej Trubetskoj fu scelto come “dittatore” e leader della rivolta.
Il 14 dicembre, vari decabristi fallirono completamente nei loro compiti. Dopo che Pjotr Kakhovskij si rifiutò di intrufolarsi nel Palazzo d’Inverno e di uccidere lo zar, Aleksandr Jakubovich si rifiutò di condurre due reggimenti per prendere il Palazzo d’Inverno. Inoltre, Jakov Rostovtsev, uno dei decabristi, aveva informato Nicola del piano della rivolta.
La mattina del 14 dicembre, gli ufficiali dei decabristi sollevarono tre reggimenti per una rivolta contro Nicola: i soldati della guardia reale, più di 3.000 in totale, marciarono verso la piazza del Senato a San Pietroburgo, a pochi minuti dal Palazzo d’Inverno, ma si fermarono semplicemente lì senza far niente, in attesa di ordini. Il principe Trubetskoj, il dittatore, non apparve sulla piazza. I decabristi erano in una situazione difficile, dovevano scegliere un nuovo leader sul posto.
Nel frattempo, i reggimenti dell’esercito fedeli a Nicola attaccarono due volte quelli in rivolta, che però resistettero all’assalto. La piazza era piena di folle di curiosi. Diverse persone, tra cui il Gran Principe Michele e il generale Mikhail Miloradovich, governatore militare di San Pietroburgo, si presentarono davanti ai reggimenti in rivolta, chiedendo loro di arrendersi, ma senza risultato. Miloradovich fu ucciso proprio lì dagli ufficiali dei decabristi. L’imperatore Nicola in seguito disse a suo fratello Michele: “La cosa più sorprendente di questa storia è che tu e io non siamo stati colpiti”.
Prima che si facesse buio, Nicola alla fine ordinò di sparare colpi di cannone contro i reggimenti ribelli, che si dispersero rapidamente. I soldati in rivolta fuggirono dalla piazza e corsero verso il fiume Neva, dove tentarono di organizzare una formazione militare sul ghiaccio e di attaccare la fortezza di Pietro e Paolo. Molti annegarono perché le forze lealiste cannoneggiarono il ghiaccio. I rapporti dell’intelligence interna del XIX secolo affermano che in totale 1.271 soldati, ufficiali e civili furono uccisi quel giorno, ma il numero reale fu molto probabilmente più alto.
Entro 15 giorni, nel governatorato di Kiev, avvenne un’altra rivolta dei decabristi, quella organizzata dall’“Associazione del Sud”. Dopo che la notizia della rivolta del 14 dicembre si diffuse in tutta la Russia, Sergej Muravjov-Apostol, uno dei leader dei decabristi, fu arrestato nel villaggio di Trilesy, a sudovest di Kiev, ma fu liberato con la forza il 29 dicembre e condusse una rivolta del Reggimento di fanteria di Chernigov. La rivolta fu repressa dalle forze lealiste il 3 gennaio 1826 e Sergej Muravjov-Apostol fu tratto in arresto.
L’indagine fu molto approfondita: tutti i membri della cospirazione dei decabristi furono interrogati, alcuni dall’imperatore stesso. Le loro dichiarazioni, comprese le spiegazioni dei loro obiettivi, la loro critica al governo e i loro piani di imporre una Costituzione vennero registrate in diversi volumi. In seguito Nicola fece ripetutamente riferimento a questi materiali durante il suo regno. Definì spesso ironicamente i decabristi “i miei amici del 14” (dal giorno della rivolta).
In totale, 121 nobili vennero condannati a diverse pene. Cinque dei capi dei decabristi furono condannati a morte per impiccagione (una morte ignominiosa per un nobile), e la pena fu eseguita in segreto il 13 luglio 1826. Entro una settimana, i decabristi condannati a vari anni di esilio siberiano iniziarono a lasciare San Pietroburgo .
Le varie pene per i decabristi includevano: essere spogliati della nobiltà, i lavori forzati per tutta la vita, la decadenza da ufficiali a soldati semplici, il trasferimento nel Caucaso, l’esilio in Siberia e altro ancora.
Cinque insurrezioni che per poco non spazzarono via l’Impero Russo
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