I dieci più grandi condottieri russi di tutti i tempi, che portarono a straordinarie vittorie

Sputnik, Leo Hao, Pavel Troshkin
È grazie a loro se la Russia si è mantenuta indipendente ed è diventata una delle potenze mondiali

1 / Svjatoslav I di Kiev

Sovrano della Rus’ di Kiev, il principe Svjatoslav Igorevich, detto “il Coraggioso” in realtà molto raramente si fece vedere a Kiev, lasciando di fatto le redini dello Stato a sua madre, la principessa Olga. Il senso di tutta la sua vita fu la guerra.

Durante le sue numerose campagne belliche, Svjatoslav sbaragliò i nomadi cazari e i peceneghi, sconfisse i bulgari e conquistò persino la capitale del regno bulgaro, Preslav, facendo prigioniero lo zar Boris II. Grazie alle conquiste dei territori di numerose tribù da parte di Svjatoslav, i confini della Rus’ di Kiev furono notevolmente ampliati, e la sua autorità militare e politica aumentò.

Lo scontro con l’Impero Bizantino, tuttavia, si concluse con una sconfitta per il principe guerriero. In ritirata verso Kiev nel 972, lui e i suoi uomini caddero in un’imboscata dei Peceneghi. “E li attaccò Kurja, principe di Peceneghi, e uccise Svjatoslav, gli tagliò la testa, e con il cranio svuotato fece un calice dal quale tutti bevvero”, si legge nell’antica “Cronaca degli anni passati” (“Povest vremennykh let”).

2 / Demetrio di Russia

Nel 1380, a Kulikovo, il principe di Mosca Dmitrij Ivanovich sconfisse le truppe del temnik (capo militare) mongolo Mamaj, che aveva usurpato il potere nell’Orda d’Oro. I russi erano in alcune occasioni riusciti a infliggere sconfitte ai mongoli anche in precedenza, ma mai c’era stata una vittoria simile.

Posizionate con grande perizia militare dal principe sul campo di battaglia, le truppe resistettero all’assalto della cavalleria mongola, fino a quando il reggimento di riserva la colpì con un’imboscata inaspettatamente alle spalle, portando alla vittoria finale. 

La vittoria del principe Dmitrij, soprannominato “Donskoj” (ossia “Demetrio del Don”) proprio perché la conseguì vicino al grande fiume, non portò però alla liberazione della Russia dai khan mongoli. Tuttavia, questo fu un passo importante in quella direzione: i pagamenti dei tributi all’Orda divennero irregolari, i principati russi ora non solo si difendevano, ma organizzavano anche campagne di aggressione contro il nemico. Mosca, d’altra parte, divenne il centro indiscusso dell’unificazione delle terre russe, che si sarebbero completamente sbarazzate del giogo mongolo solo dopo circa cento anni, alla fine del XV secolo.

3 / Mikhail Skopin-Shuiskij

Pur avendo vissuto una vita breve (solo 23 anni), il principe Mikhaìl Skopìn-Shùisky è stato una delle figure più brillanti nel difficile periodo della storia russa noto come il Periodo dei torbidi (in russo: “Smutnoe vremja”). La fine della dinastia regnante dei Rjurikidi, rimasti senza legittimi eredi al trono alla fine del XVI secolo, una difficile situazione economica e la carestia fecero precipitare lo Stato russo in un caos di faide politiche, rivolte e interventi stranieri.

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Nel 1606, all’età di 20 anni, Skopin-Shuiskij fu nominato governatore da Vasilij Shuiskij, che era salito al trono russo, e di cui il principe era il pronipote. Prima di tutto, soppresse la rivolta guidata da Ivan Bolotnikov. Insieme agli alleati svedesi (in quel momento alleati dello zar per via di alcune concessioni territoriali), Skopin-Shuiskij inflisse una serie di sconfitte agli invasori polacchi e alle truppe dell’usurpatore passato alla storia come Falso Dimitri II (in russo: Lzhedmitrij II), che assediava Mosca. Durante le campagne invernali, il principe utilizzava attivamente i distaccamenti di soldati sugli sci, da lui creati, che si rivelarono molto più efficaci della cavalleria.

Nel marzo 1610, Mikhail Skopin-Shuiskij entrò solennemente nella Mosca finalmente liberata dall’assedio. Godendo di un’immensa popolarità e venerato come eroe nazionale, si stava preparando ad andare a Smolensk, assediata dai polacchi, ma morì improvvisamente il 3 maggio dello stesso anno. Dietro la morte inaspettata del giovane principe potrebbe esserci una congiura del fratello del sovrano, il mediocre capo militare Dmitrij Shuiskij, che era invidioso del talentuoso comandante, o, forse, lo stesso zar Vasilij, che vedeva come una minaccia al suo potere il parente glorificato dal popolo. Una decisione del genere costò molto agli Shuiskij: presto finirono entrambi prigionieri dei polacchi, e persero la vita.

4 / Pjotr Rumjantsev

Discendente di una nobile famiglia, Pjotr Rumjantsev in gioventù si distinse per la tendenza alla pigrizia, al teppismo e per la sua turbolenza. Tuttavia, quest’uomo divenne presto uno dei migliori leader militari del XVIII secolo.

Più di una volta, grazie all’iniziativa e al coraggio personale dimostrato da Rumjantsev durante la Guerra dei sette anni contro i prussiani, il successo arrise all’esercito russo. Nella battaglia di Gross-Jägersdorf, il 30 agosto 1757, durante la ritirata, lui, comandante della riserva, senza ordini dall’alto, portò i suoi uomini in battaglia, trasformando una umiliante sconfitta in vittoria. A Kunersdorf, il 12 agosto 1759, i soldati di Pjotr Rumjantsev resistettero a un forte assalto della cavalleria del generale Friedrich von Seydlitz, e poi, passarono al contrattacco e schiacciarono il nemico.

Pjotr Rumjantsev fu non solo un grande comandante, ma anche un perspicace teorico militare, le cui idee hanno notevolmente influenzato lo sviluppo della scuola militare russa. Aderendo alle tradizionali tattiche lineari, usò anche formazioni sciolte e squadre, sostenne una maggiore manifestazione di iniziativa sul campo di battaglia da parte di soldati e ufficiali e sviluppò i principi della guerra mobile rapida.

La correttezza della strategia scelta da Rumjantsev si manifestò molto chiaramente in una serie di vittorie di alto profilo durante la Guerra russo-turca del 1768-1774. Così, nella Battaglia di Kagul (oggi Cahul, in Moldavia), il 1° agosto 1770, la sua armata di 17 mila uomini sconfisse l’esercito turco, che contava oltre 150 mila soldati, perdendo solo poco più di 300 persone. Le perdite del nemico in questo caso superarono invece le 20 mila unità.

5 / Aleksandr Suvorov

Durante la sua carriera militare, il Generalissimo Aleksandr Suvorov non ha perso neppure una sola battaglia. Partecipò a sette campagne militari, tra cui la soppressione della rivolta polacca, la guerra contro l’Impero ottomano e quella contro la Francia rivoluzionaria. Furono le truppe di Suvorov a prendere l’inespugnabile fortezza turca di Izmail nel 1790 e a sconfiggere le forze francesi, superiori di numero, nella Battaglia della Trebbia nel 1799, nell’Italia Settentrionale.

La base della strategia militare di Suvorov si basava su “capacità di valutare a occhio, velocità e irruenza”: avendo valutato correttamente la situazione e individuato le debolezze del nemico, lo colpiva rapidamente e inaspettatamente, senza prestare attenzione alla sua forza. In questo si differenziava dalla maggior parte dei capi militari della sua epoca (seconda metà del XVIII secolo), che preferivano agire sulla difensiva e attaccare solo se erano in superiorità numerica. Il comandante russo aderiva a una regola diversa: “Colpire non con i numeri, ma con l’abilità”.

Aleksandr Suvorov sconfisse molti comandanti francesi e godette di grande rispetto da parte del nemico. Il generale Andrea Massena disse che avrebbe dato tutte le sue vittorie in cambio della Campagna svizzera di Suvorov, e Jean Victor Marie Moreau definì la sua marcia sul Trebbia l’apice dell’arte militare. Anche Napoleone parlò con ammirazione del generalissimo, sostenendo però che aveva il cuore, ma non la mente, del grande comandante. Suvorov non ebbe l’opportunità di far cambiare idea Napoleone: non si incontrarono mai direttamente sul campo di battaglia.

6 / Mikhail Kutuzov

Uno degli allievi più talentuosi e amati di Suvorov, Mikhail Kutuzov, guidò le truppe russe durante la Guerra patriottica del 1812 contro Napoleone, e fu in grado di sconfiggere la Grande Armée.

Assunto il comando nell’agosto del 1812, Kutuzov continuò ad aderire alla tattica del suo predecessore Barclay de Tolly: evitare una battaglia diretta con Napoleone, ritirandosi nell’entroterra e sfinendo l’esercito nemico. Alla fine, sotto la pressione dei generali e dell’opinione pubblica, il feldmaresciallo fu costretto a incontrare la “Grande Armata” in battaglia nei pressi del villaggio di Borodino, a 125 km da Mosca.

Durante una delle battaglie più importanti delle guerre napoleoniche, Kutuzov non si precipitò a capofitto nella battaglia, ma scelse di agire sulla difensiva, permettendo ai francesi di perdere personale prezioso in innumerevoli attacchi alle posizioni russe. Di conseguenza, nessuna delle due parti ottenne una vittoria decisiva. L’imperatore francese non fu in grado di sconfiggere l’esercito russo, che mantenne la sua capacità di combattimento e il morale alto. In quelle condizioni, ciò significava che la sua sconfitta in Russia non era lontana.

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7 / Mikhail Skobelev

Per il suo carattere litigioso e sfacciato, non piaceva ai suoi superiori, ma i soldati lo adoravano per il suo coraggio in battaglia. Vestito in tunica bianca e berretto, Mikhail Skobelev conduceva spesso le sue truppe all’attacco in sella a un cavallo bianco, e ricevette il soprannome di “Generale bianco”.

Skobelev non era tagliato per le classi superiori. Visse una vita da semplice soldato, andava con i suoi uomini in ricognizione, mangiava con loro dalla stessa pentola, otteneva per loro buone uniformi e cibo decente dai superiori. Per questo, i soldati erano pronti a seguirlo anche nel fuoco.

Il “Generale bianco” vinse molte battaglie nelle guerre condotte dalla Russia in Asia centrale, ma il culmine della sua carriera fu la Guerra russo-turca del 1877-1878, che portò i popoli dei Balcani all’indipendenza dai sultani. Con azioni rapide e decisive, ottenne il successo durante la traversata del Danubio, l’occupazione del passo Shipka, ma soprattutto dimostrò la sua brillantezza durante l’Assedio di Pleven. Occupata da un grande contingente di truppe di Osman Nuri Pascià, la città bloccava le truppe russo-romene, ostacolando l’ulteriore avanzata degli alleati. Gli assalti sanguinosi non portavano a nulla.

Durante il terzo tentativo, nell’agosto 1877, Skobelev portò l’esercito a un passo dalla tanto attesa vittoria. Dopo aver preso due ridotte nemiche e aver fortificato là le posizioni, attese a lungo rinforzi per l’attacco decisivo. Per molte ore, le sue truppe furono costrette a resistere all’assalto di forze turche grandemente superiori. Dopo aver respinto quattro attacchi nemici, aver perso circa seimila soldati e non avendo ottenuto i rinforzi attesi, Skobelev si ritirò, mantenendo una piena formazione di battaglia. Pleven cadde solo quattro mesi dopo.

8 / Vasilij Chujkov

Il generale Vasilij Chujkov può essere tranquillamente definito uno dei principali artefici della vittoria sovietica a Stalingrado, che ha segnato l’inizio di una svolta radicale nella Seconda guerra mondiale. Alla sua 62ª armata fu affidato il difficile compito di frenare l’assalto della 6ª armata di Friedrich Paulus e di non far capitolare la città mentre l’Armata Rossa si preparava a condurre l’operazione Urano per circondare il nemico impantanato nelle battaglie strada per strada.

Chujkov prese il comando della 62ª armata il 12 settembre 1942, durante il periodo più difficile dello scontro. Entro due mesi, le sue truppe furono respinte sulle rive del Volga, dove, con le loro ultime forze, presero una piccola parte degli isolati della città, un sito vicino alla fabbrica di trattori e diverse officine della fabbrica “Barrikady”. Il quartier generale del comandante si trovava praticamente in prima linea, pericolosamente vicino ai tedeschi. Ci furono momenti in cui, a seguito di azioni d’avanscoperta, i soldati della Wehrmacht si trovarono a poche centinaia di metri dal comandante sovietico.

A Stalingrado, il generale introdusse tattiche di lotta corpo a corpo: le posizioni dei soldati sovietici e dei tedeschi erano a una distanza di lancio di granata, il che rendeva difficile il lavoro all’aviazione e all’artiglieria tedesca, che temevano di colpire i loro stessi soldati. Su suggerimento di Chujkov, furono istituiti speciali gruppi d’assalto, che furono i primi a irrompere improvvisamente nelle case, sopraffacendo la resistenza del nemico che non si aspettava un attacco, e che, mantenendo la posizione, aspettavano poi che forze più consistenti si avvicinassero. L’esperienza delle battaglie urbane fu efficacemente utilizzata dal generale durante le sue successive battaglie, in particolare durante la presa di Berlino.

9 / Konstantin Rokossovskij

“Quando combatti vicino a Mosca, devi pensare a Berlino. Le truppe sovietiche arriveranno sicuramente a Berlino”, disse a un corrispondente di guerra il comandante della 16ª armata, il tenente generale Konstantin Rokossovskij durante i pesanti combattimenti alle porte della capitale dell’Urss. Il futuro maresciallo agì altrettanto efficacemente sia nelle battaglie difensive che nelle operazioni offensive.

Rokossovskij prese parte attiva allo sviluppo dell’Operazione Urano, e furono le truppe del suo Fronte del Don a fare prigioniero Paulus e 90 mila soldati della sua 6ª Armata. Durante la battaglia di Kursk, al comando del fronte centrale, creò una difesa invalicabile e respinse così efficacemente gli attacchi nemici, essendo pure in grado di fornire notevoli riserve per aiutare altri fronti. Dopo Kursk vennero la battaglia del Dnepr, la disfatta inflitta all’Heeresgruppe Mitte durante l’operazione Bagration, la liberazione della sua nativa Polonia e le vittorie nella Prussia orientale e in Pomerania.

Era proprio Konstantin Rokossovskij che avrebbe dovuto prendere la capitale del Terzo Reich, ma all’ultimo momento fu mandato altrove, e il comando del 1° Fronte bielorusso, che avanzava su Berlino, fu dato a Georgij Zhukov. Fino ad ora, i motivi di un simile atto di Stalin sono sconosciuti. Secondo una delle versioni diffuse, questa decisione fu presa a causa delle origini polacche di Rokossovskij. In ogni caso, i rapporti tra i due generali sovietici più importanti della Seconda guerra mondiale si inasprirono e rimasero poco buoni per il resto della loro vita.

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10 / Georgij Zhukov

Il più illustre comandante militare sovietico della Seconda guerra mondiale, Georgij Zhukov, era rispettato sia dagli alleati occidentali che dal nemico. I tedeschi sapevano che se Zhukov arrivava al fronte, ci sarebbe stata sicuramente presto un’offensiva. Alle spalle del maresciallo c’era un elenco impressionante di risultati, tra cui la sconfitta delle truppe giapponesi nella battaglia di Khalkhin Gol, il salvataggio dalla capitolazione della Leningrado assediata nel 1941, e poi la rottura dell’assedio nel 1943, la controffensiva sovietica vicino a Mosca, la vittoria a Kursk. E come picco della carriera ci sarebbe poi stata la presa di Berlino.

Zhukov, veniva mandato come un pompiere a spegnere l’incendio nei settori più pericolosi del fronte, dove la sua risolutezza, tenacia, determinazione e intuizione spesso contribuirono a evitare un disastro. Tuttavia, conobbe anche la sconfitta, come accadde nel novembre-dicembre 1942 durante l’Operazione Marte, quando fallì un tentativo di accerchiare e sconfiggere la 9ª armata della Wehrmacht vicino a Rzhev.

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica si è formata l’opinione che la figura di Georgij Zhukov fosse sopravvalutata, e che in realtà fosse un mediocre “macellaio”, che non ha mai risparmiato i suoi soldati. Secondo lo storico Aleksej Isaev, tale ragionamento è un falso storico. “Se guardiamo alle dimensioni del fronte, le sue perdite in termini percentuali sono costantemente inferiori rispetto a quelle di altri comandanti militari, come Konev o Malinovskij. Gli affidarono un milione di persone, sapendo che sarebbe stato in grado di ribaltare la situazione al fronte subendo perdite moderate, perché era un professionista di altissimo livello”, dice lo storico.


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