Come la Polonia per poco non sottomise la Russia

Vladimir Khotinenko/TRITE/2007
All’inizio del XVII secolo, al culmine del Periodo dei Torbidi, un sovrano polacco salì sul trono russo e i soldati di Varsavia occuparono il Cremlino. Sembrava l’inizio della loro egemonia nell’Europa orientale e invece…

Per secoli, l’Europa orientale è stata un campo di battaglia tra due popoli slavi: i russi e i polacchi. Quasi sempre hanno vinto i russi, tanto che la Polonia è stata cancellata dalla mappa più di una volta.

Tuttavia, c’è stato un momento della storia in cui i polacchi hanno avuto la reale opportunità di mettere in ginocchio il loro rivale e vicino. Fu a cavallo tra XVI e XVII secolo, quando la Russia fu in preda a tumulti politici poco dopo la morte di Ivan il Terribile (1584), per via di una crisi dinastica nota come il “Periodo dei torbidi” (1598-1613). Le forze della Confederazione polacco-lituana occuparono il Cremlino e l’erede polacco al trono fu eletto zar russo.

Come sorsero i problemi 

Alla fine del XVI secolo, la dinastia dei Rjurikidi, che aveva governato la Russia per più di sette secoli, arrivò al termine. Il figlio più giovane di Ivan il Terribile, lo zarecich Dmitrij, morì in circostanze misteriose nel 1591 a Uglich, e, nel 1598, la morte di Fjodor I (il figlio malaticcio di Ivan il Terribile che non aveva eredi), fece precipitare il Paese in infinite lotte di potere tra i boiardi (nobili), con in più alcuni impostori che pretendevano al trono.

Come principale rivale occidentale dello Zarato di Russia (così si chiamava allora), la Confederazione polacco-lituana teneva d’occhio gli eventi che si svolgevano nel suo grande vicino, aspettando che si presentasse il momento buono. 

Il primo tentativo di putsch 

La prima incursione dell’esercito polacco-lituano avvenne nel 1604, guidata dal cosiddetto Falso Dimitri I, uno dei pretendenti al trono russo, che sosteneva di essere lo zarevich Dmitrij miracolosamente scampato alla morte a Uglich, ma che in realtà era un impostore; il monaco Grigorij Otrepev. 

L’idea di collocare un proprio zar sul trono russo era molto allettante per i polacchi. Pur mantenendo ufficialmente le distanze dal falso zar, il re Sigismondo III e il Sejm (il parlamento polacco-lituano) di nascosto dettero carta bianca ai baroni Jerzy Mniszech e Konstantin Vishnevetskij, che organizzarono la campagna militare in suo appoggio. 

L’avventura bellica si concluse abbastanza bene per loro. Lo zar Boris Godunov (che era diventato zar dopo essere stato il reggente de facto durante il regno del debole e malato Fjodor I) morì improvvisamente nell’aprile del 1605, e il Falso Dimitri I salì sul trono russo, rimasto vacante. 

Nonostante le speranze polacche, l’impostore non divenne un burattino nelle loro mani, non riuscendo a mantenere neanche una sola promessa che aveva fatto alla vigilia dell’invasione; vale a dire cedere parte delle terre occidentali della Russia, iniziare a costruire chiese cattoliche in Russia e aprire il Paese ai gesuiti.

In ogni caso, il Falso Dimitri I era inviso alla nobiltà locale, che a sua volta aveva sete di potere. Il 27 maggio 1606, due settimane dopo le nozze con una polacca cattolica, l’impostore venne assassinato (e il suo corpo fu fatto a pezzi dai congiurati ed esposto per giorni; poi cremato, e le ceneri mischiate a polvere da sparo e sparate da un cannone). Seguì una pausa nella campagna polacca per conquistare il cuore della Russia.

Il secondo tentativo 

Nel 1609, arrivarono alle orecchie del re polacco Sigismondo III Vasa voci secondo cui alcuni boiardi di Mosca, insoddisfatti delle politiche del neo eletto zar, Basilio IV di Moscovia, membro della famiglia Shujskij, non si sarebbero opposti alla salita al trono russo di suo figlio, il principe Ladislao IV Vasa. La nobiltà russa, stanca della guerra civile, stava diventando sempre più incline all’idea di invitare un candidato esterno a uno dei clan boiardi in contrapposizione. Il figlio del sovrano polacco si adattava bene al compito. 

Lo zar Basilio IV stesso fornì a Sigismondo un pretesto per invadere la Russia. Di fronte a un altro pretendente, il Falso Dimitri II, che aveva conquistato ampi territori, si rivolse per l’assistenza militare agli svedesi, nemici della Confederazione polacco-lituana, in aperta violazione degli accordi polacco-russi. L’esercito reale polacco invase prontamente lo Stato russo.

Una delegazione di boiardi fu inviata al campo del re polacco, che aveva assediato Smolensk, offrendo di affidare a suo figlio lo Stato russo, “se il re avesse accettato di mantenere la fede greca [ovvero, l’Ortodossia] e non avesse limitato gli antichi diritti e le libertà del popolo della Moscovia, ma avesse garantito diritti e libertà aggiuntivi finora sconosciuti”. 

Il 4 luglio 1610, nella battaglia di Klushino, l’esercito polacco-lituano diretto dall’etmano Stanisław Żółkiewski sconfisse una forza combinata russo-svedese e Basilio IV fu rovesciato. Solo due mesi dopo, il popolo russo giurò fedeltà al nuovo zar, Ladislao IV. 

Il nuovo zar era assente alla cerimonia del giuramento, a cui partecipò Żółkiewski. In seguito, vennero inviate comunicazioni ufficiali in altre città e l’etmano scrisse in una lettera al re polacco: “Solo Dio sa cosa giace nei cuori del popolo, ma, per quanto si può percepire, i moscoviti desiderano sinceramente che il principe regni su di loro”. 

Uno zarato senza zar 

L’incoronazione di Ladislao IV non comportò certo l’immediata adesione dello Stato russo al Commonwealth polacco-lituano. Al contrario, secondo gli accordi polacco-russi, né la fede cattolica, né la nobiltà polacca avevano il diritto di stabilirsi sul suolo russo o di stravolgere i costumi e i diritti locali. Invece di diventare uno, i due Stati conclusero una “pace perpetua”, impegnandosi ad agire congiuntamente contro nemici comuni e a condurre il libero scambio tra loro. 

Tuttavia, ciò difficilmente poteva impedire ai polacchi di affondare radici profonde negli affari e nella gestione dello Stato russo. Avevano già avuto successo nell’assorbire il Granducato di Lituania, dove, in seguito all’unione del 1569, i polacchi avevano pacificamente, e con una limitata persecuzione della popolazione ortodossa, concentrato le leve del potere nelle proprie mani, mettendo da parte i lituani. 

Tuttavia, non erano destinati ad avere la stessa fortuna nel sottomettere la popolazione russa. In considerazione della giovanissima età del nuovo zar (che aveva solo 14 anni), Sigismondo non lasciò andare suo figlio a Mosca. Cominciò a firmare personalmente i decreti e gli ordini, prendendo effettivamente il potere nelle proprie mani, il che non poteva che far storcere la bocca ai boiardi.

Quanto alla questione del battesimo di suo figlio all’Ortodossia, il re polacco, per lo sdegno della nobiltà russa, affermò che ciò era possibile solo se le chiese si fossero unite sulla base del Concilio di Firenze del 1439, che riconosceva il primato del Papa sulla chiesa ortodossa. 

La goccia che fece traboccare il vaso fu quando l’esercito polacco-lituano marciò su Mosca e occupò il Cremlino, violando i termini dell’accordo. Ora il governo di Mosca non poteva più prendere una sola decisione senza l’avallo di Żółkiewski. 

L’Occupazione polacco-lituana di Mosca 

I soldati della guarnigione polacco-lituana non fecero nulla per farsi amica la popolazione locale. Un certo “nobile” di nome Blinskij, mentre era ubriaco, sparò all’icona della Vergine Maria nella Porta Sretenskij, procurandole enormi danni. Per reprimere l’indignazione locale, il comandante del Cremlino, Aleksandr Gonsevskij, ordinò che le mani dell’autore fossero tagliate e inchiodate sotto l’immagine della Vergine Maria, e che Blinskij fosse bruciato vivo nella vicina piazza.

Ma il risentimento divenne presto inarrestabile. Il 1° aprile 1611, uno scontro tra moscoviti e un gruppo di polacchi e lituani si trasformò in un bagno di sangue, che nemmeno Gonosevskij riuscì a prevenire. 

Il mercenario tedesco Konrad Bussov, che prestava servizio nella guarnigione di Mosca, ricordò la portata del saccheggio dei soldati polacchi e lituani: “Hanno preso velluto, seta, broccato, oro, argento, gioielli e perle. Nelle chiese, hanno rimosso abiti, collane e colletti in argento dorato dalle tombe dei santi, tutti magnificamente decorati con pietre preziose e perle… Dopo essere stati in giro con abiti sporchi macchiati di sangue, sono tornati al Cremlino in abiti lussuosi… là scoppiò una tale mostruosa baldoria, con tanta di quella fornicazione e empietà, che nemmeno la minaccia della forca l’avrebbe potuta impedire.” 

La Liberazione 

Mentre i polacchi speravano di poter aspettare che il giovane zar crescesse e intanto spadroneggiavano a Mosca, nacquero dei movimenti di liberazione russi, noti come prima e seconda milizia.

Nella primavera del 1611, la maggior parte di Mosca era stata liberata e la guarnigione polacco-lituana all’interno del Cremlino era sotto assedio. C’erano anche membri del governo russo, i cosiddetti Sette boiardi, nonché il futuro sovrano della Russia, il primo zar della dinastia dei Romanov, Mikhail Fedorovich; Michele I di Russia. 

I polacchi e i lituani affamati e disperati avevano raggiunto il punto di rottura. Secondo le parole di un testimone oculare di nome Bozhok Balyk: “Gli occupanti assediati mangiavano cavalli, cani, gatti, topi, cinture di pelle, scavarono cadaveri in decomposizione e li mangiarono. Ma mangiare cibi marcescenti non fa che aumentare il tasso di mortalità. I vivi iniziarono allora a mangiare i vivi, massacrandosi e divorandosi a vicenda.”

Le speranze dell’arrivo di rinforzi svanirono con la sconfitta delle truppe dell’etmano Jan Karol Chodkiewicz vicino a Mosca, e il 20 novembre la guarnigione del Cremlino si arrese alla misericordia dei vincitori.

L’ultimo tentativo

L’ascesa al trono di Mikhail Fedorovich Romanov, Michele I di Russia, il 21 luglio 1613, fece sì che ufficialmente la Russia avesse due zar legittimamente eletti. Una lunga serie di difficili negoziati tra le parti non portò a una soluzione. Alla fine, una richiesta di mediazione fu inviata all’ambasciatore del Sacro Romano Impero, Erasmo Gandelio, il quale rispose: “Uno Stato ha due sovrani; tra di voi ci sono fuoco e acqua: come si conciliano questi due elementi?”.

Alla fine del 1616, l’ormai adulto Ladislao IV Vasa fece un ultimo tentativo di riconquistare il trono russo e rovesciare “l’usurpatore Romanov”. Anche se l’esercito polacco-lituano riuscì nuovamente ad avvicinarsi alle mura del Cremlino, questa volta non poté prendere la cittadella. Inoltre, il popolo russo non lo considerava più come suo zar, ma come un aggressore straniero.

Da re della Confederazione polacco-lituana, Ladislao IV abbandonò le sue pretese sul trono russo solo nel 1634. I polacchi avevano sperperato la chance di sottomettere il loro rivale orientale, e lo avrebbero rimpianto. Poco più di un secolo dopo, lo Stato polacco indebolito sarebbe stato fatto a pezzi, con la Russia che avrebbe fatto la parte del leone.

 

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