Ecco come gli jakuti festeggiano il Capodanno in piena estate

Andrej Sorokin
Molti abitanti dell’enorme repubblica della Jacuzia conservano ancora la loro fede pagana e si riuniscono ogni anno per la celebrazione dello Ysyakh. È uno spettacolo indimenticabile: tra il rituale dell’incontro con il sole, i brindisi a base di kumis (latte di cavalla fermentato) e giganteschi girotondi di migliaia di persone…

Uruj-ajkhal! Uruj-tuskul!”, urla con gioia una folla di molte migliaia di persone vestite con i costumi nazionali jakuti, dando poi vita a una gigantesca danza circolare chiamata “osuokhai”. In jakuto, quelle grida significano “auguri di prosperità e abbondanza per l’anno prossimo”. E l’obuokhai è una danza-preghiera al sole, che simboleggia il movimento della vita. All’inizio lenta, poi sempre più veloce, sembra che i piedi levitino sul suolo e l’anima stia per librarsi verso l’alto. 

La riunione di tutti quelli che “sono sopravvissuti all’inverno”

Sebbene la città di Jakutsk sia molto  lontana da Mosca (il volo dura più di 6 ore), è molto moderna e prospera. Non si può assolutamente definire provinciale. Ha le più grandi aziende minerarie di diamanti (quasi ogni ragazza qui ha almeno due o tre paia di bellissimi orecchini di diamanti), il primo parco informatico dell’Estremo Oriente (ci sono molti sviluppatori di giochi e app qui), un centro di innovazione artica dove gli scienziati sono impegnati nella ricerca sul permafrost. I giovani sono appassionati di cultura pop coreana, guidano auto giapponesi con il volante a destra, ascoltano rap jakuto, bevono il tè blu con ghiaccio tanto di tendenza e mangiano ramen in accoglienti caffè.

Ma con l’arrivo del Capodanno jakuto, tutto cambia in modo irriconoscibile. Quasi tutti gli jakuti si ricordano di essere pagani praticanti, si tolgono i jeans per indossare i costumi nazionali e si precipitano a festeggiare.

Per secoli, in questo giorno, gli jakuti si sono riuniti in un determinato luogo per vedere i loro parenti dopo il lungo e rigido inverno. La Jakuzia è la regione più fredda della Russia, con inverni rigidi con temperature che scendono anche sotto i -50 ºC. Solo con l’estate si può riposare e godersi la vita per un po’. 

La parola “ysyakh” (“ысыах”; a volte anche “ysekh”, “ысэх”); può essere tradotta come “abbondanza”. Questo festival si tiene ogni anno in ogni distretto (ulus) della Jacuzia (detta anche Sachá) nel giorno del solstizio d’estate. La tradizione non si è mai interrotta, neanche durante gli anni dell’Unione Sovietica, quando però i festeggiamenti erano molto più modesti e nascosti. Alcuni jakuti riescono a far festa in più distretti, perché fortunatamente le celebrazioni si tengono a distanza di un paio di giorni l’una dall’altra.

La festa della capitale Jakutsk è la più popolare e affollata. Di solito si tiene il primo fine settimana dopo il 21 giugno (nel 2022 è stata il 25-26 giugno). Più di 200 mila persone si riuniscono in città! E, data la scarsa densità di popolazione, questo significa  un abitante della Repubblica su cinque. I festeggiamenti si svolgono nel complesso etnografico “Us Khatyn” (“Tre betulle”), circa 25 km a nord di Jakutsk. Secondo la leggenda, qui vivevano gli antenati del popolo Sakha, parola con cui si autodefiniscono gli jakuti. L’intero villaggio etnografico, che assomiglia più a una città e ospita oltre 250.000 persone, è stato costruito esclusivamente per questa celebrazione annuale di due giorni. Rimane chiuso per il resto dell’anno. 

Purificazione, benedizione e sport popolari jakuti

“Abbiamo aspettato tre anni per questa celebrazione, visto che si è tenuta online durante la pandemia di Covid-19”, dicono allegramente due amiche e propongono di bere del kumis, una bevanda a base di latte fermentato di cavalla. “Bere insieme il kumis fresco da noi è simbolo della fine dell’inverno: siamo felici di avere il latte, il cibo, di essere sopravvissuti all’inverno e di star riprendendo le forze per il prossimo anno”, spiegano. 

Fuori ci sono più di 30 gradi, ma loro sono venute non solo con abiti lunghi e chiusi e copricapi, ma anche con pesanti gioielli sul petto, sulla schiena e sulle braccia (pantaloncini e altri abiti leggeri sono severamente vietati). “Tradizionalmente, i gioielli devono essere d’argento, ma i nostri sono in melchior [una lega di rame, principalmente con nichel; ndr], altrimenti con questo caldo non resisteremmo a lungo”, dicono.

Per accedere al festival, bisogna prima sottoporsi a un rito di purificazione: vengono accesi dei “dymakúr” (speciali falò che fanno tanto fumo e poca fiamma) vicino all’ingresso principale, e le donne sventolano con una makhálka (ventaglio) di crine di cavallo il fumo addosso a chi arriva, augurandogli buona fortuna. Questa makhalka fa generalmente parte del costume nazionale degli jakuti. “Ha anche un senso pratico”, dicono i visitatori, “è il modo in cui teniamo lontane le zanzare” (che in questo periodo sono molto attive!).

In seguito, si devono chiedere benedizione e benessere al “Grande Albero Gigante”, o, come si chiama nella lingua locale, l’“Aal luuk masa”. L’albero è un simbolo dell’unità dei tre mondi e può essere visto in qualsiasi celebrazione dell’Ysyakh.

Si cammina lungo una strada, su entrambi i lati della quale ci sono 99 pali di legno di quelli usati per legare i cavalli. I cavalli sono animali sacri per gli jakuti e i per questo la simbologia a loro legata si incontra di continuo. Alla fine del percorso c’è un enorme anello per cavalli, l’“Altan sirge”, su una collina. Quando ci si avvicina ad esso, bisogna inchinarsi e appoggiarvi su i palmi delle mani ed esprimere un desiderio. “Si può chiedere qualsiasi cosa per chiunque, e noi crediamo che i desideri espressi qui si avverino”, dice la ragazza, aspettando il suo turno. C’è un’energia particolare in questo luogo, una sensazione di speranza che le cose migliorino.  

Gli ospiti vengono poi portati direttamente nella parte principale del complesso, che è una ricostruzione di antiche case jakute in corteccia di betulla, simili a un’enorme tenda. Da una parte si proietta un film, da un’altra si vendono souvenir, da un’altra ancora si organizzano concorsi. Anche altri popoli della Jacuzia, come i Ciukci, gli Eveni e gli Jukaghiri, hanno loro spazi dedicati. La Repubblica di Jacuzia è multietnica!

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Ma molte persone partecipano allo Ysyakh solo per gli eventi sportivi. In Jacuzia gli sport tradizionali sono popolari come in nessun altro luogo. Il più famoso è il tiro del bastone, il “mas tardyhyye” (noto anche all’estero con il nome di “Mas-wrestling”). In questi giorni si svolgono le finali delle competizioni internazionali, con la partecipazione di atleti provenienti da Russia, Ungheria, Slovacchia, Serbia, Argentina, Paesi africani e della Csi. Su un altro palco, migliaia di persone assistono ininterrottamente ai “Giochi Dygyn”. Le discipline sono molto insolite. Ad esempio, l’Inseguimento di una ragazza. “In passato”, spiega uno degli spettatori, “chi raggiungeva la ragazza, la sposava. Ma oggi è solo una questione sportiva. Vince chi realizza il miglior tempo”. Oggi è praticamente impossibile raggiungere la ragazza, visto che per il ruolo hanno scelto la campionessa di corsa della repubblica. 

Un altro sport interessante è il trascinamento di una pietra di 115 chilogrammi su una certa distanza. È irreale sollevarla: è pesante, ha bordi taglienti, scivola per il sudore… Il pubblico fa un tifo infuocato per i suoi beniamini! Con questo supporto, gli atleti sono pronti a raggiungere il traguardo. 

Verso le 2 del mattino si sente una voce dagli altoparlanti del campo, che chiede di spegnere la musica e di recarsi alla cerimonia principale.

Incontro con il nuovo sole

Il momento culminante dei festeggiamenti è il saluto all’alba che celebra l’inizio dell’estate e del nuovo anno.

 

Immaginate: l’ora prima dell’alba, la nebbia copre il campo e migliaia di persone che formano un cerchio. L’“algytschyt” (colui che richiama gli spiriti positivi; da non confondere con uno sciamano!) e il suo seguito in abiti bianchi con ventagli e campane in mano si agitano sempre di più. L’algyshyt si inginocchia alle quattro direzioni della luce e prepara il fuoco offrendo alle divinità kumis, salamat (una salsa a base di smetana, farina e latte, servita calda e non salata) e olady (frittelline). 

Persone di bianco vestite fumigano la radura, passando in cerchio con ciotole fumanti, poi piantano giovani alberi e accolgono l’alba augurando benessere e abbondanza. 

E finalmente all’orizzonte appare, come una luce al neon, la striscia rossa del sole… 

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