Milioni di persone in Russia si definiscono “russe”, e in effetti lo sono, anche se non si considerano russe per nazionalità. Il concetto di “russo” denota infatti la cittadinanza, ma l'auto-identificazione etnica può rivelarsi una faccenda ben più complessa.
Secondo il censimento del 2010, in Russia ci sono 193 gruppi etnici. Vi sembra un numero molto alto? Tutt’altro! La Russia non rientra nemmeno tra i primi 50 paesi con un’elevata diversità etnica ed è considerato un paese piuttosto omogeneo in termini di etnie (i primi 20 paesi più eterogenei al mondo sono africani). Dei suoi 146 milioni di abitanti, l'80,1% è russo, mentre il resto è costituito dal 19,9%.
Il Festival della cultura caucasica e dello sport a Groznyj
Vladimir Smirnov/TASSCiononostante, quasi duecento nazionalità considerano la Russia la loro casa. Ecco i 10 gruppi etnici più popolosi del paese.
Molti di questi gruppi etnici hanno una certa autonomia, perché agli albori dell'Unione Sovietica si è cercato di formare le repubbliche e le regioni su base etnica. Grazie a ciò, vari gruppi etnici non hanno avuto problemi a conservare la propria cultura, la lingua e le tradizioni; i loro territori sono ancora oggi sorprendentemente diversi da altre regioni del paese, proprio per questo spiccato carattere nazionale che è stato conservato.
Ad esempio, queste cinque città della Russia sono ben diverse dagli altri centri urbani del paese: ci sono posti dove l’alcol è completamente vietato, posti con antichi templi buddisti, e città e regioni dove si parlano altre lingue.
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Così come spiega Valerij Tishkov, accademico ed etnologo dell'Accademia Russa delle Scienze, in passato questo fenomeno è stato sostenuto dalla politica nazionale dei bolscevichi, che puntavano sulla conservazione dei gruppi etnici.
“Il concetto di nazionalità è stato introdotto per la prima volta nel 1926 durante il primo censimento sovietico - dice Tishkov -. Le prime due dichiarazioni del governo sovietico furono la Dichiarazione dei diritti dei lavoratori e la Dichiarazione dei diritti dei popoli sotto lo slogan “Uguaglianza delle nazioni, delle nazionalità e dei gruppi etnici”. Al contempo furono introdotti concetti come “nazioni oppresse” e “nazione dominante” (quest’ultima in riferimento a quella russa). Fu proprio questa proclamazione di uguaglianza che, secondo Tishkov, assicurò in una certa misura il sostegno ai bolscevichi, soprattutto nella “periferia etnica”.
Un paio di decenni dopo, però, i sovietici iniziarono a intravedere una minaccia nell’autonomia etnica. Qui vi abbiamo raccontato perché Stalin deportò con la forza intere etnie all’interno dell’Urss.
Al momento, 47 gruppi etnici sono ufficialmente riconosciuti come piccoli popoli indigeni della Russia. Tra loro ci sono i Ket (una piccola popolazione tribale che vive lungo il corso del fiume Enisej, in Siberia), gli Aleuti (stanziati in alcuni kraj della Kamchatka), gli Itelmeni (gruppo etnico originario della Kamchatka), i Nenet (popolazione indigena di origine samoieda) e altri. Questi sono gli unici gruppi etnici che sono protetti dalla legge, perché soddisfano i seguenti criteri: sono meno di 50mila, vivono nei loro territori storici, mantengono uno stile di vita tradizionale e si considerano un’etnia separata.
Il Festival del Primo Pesce celebrato dai popoli indigeni della Kamchatka
Aleksandr Arkhipov/TASSE mentre alcuni sono ancora in attesa di essere inclusi (leggete, ad esempio, l’articolo Chi sono gli Ainu, e perché l’esistenza di questa popolazione è ancora oggi negata in Russia?), altri sono stati rimossi dalla lista a causa della loro popolazione in aumento. È il caso di Jacuti, Buriati, Komi e Khakassi: hanno tutti autonomia regionale, ma non possono pretendere benefici speciali e protezione dallo Stato.
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