Gli expat si raccontano: “Così ci siamo trasferiti in Russia nonostante la pandemia”

Russia Beyond (Foto: Archivio personale, VladSt/Getty Images)
Da quando il coronavirus ha stravolto le nostre vite, viaggiare è diventato sempre più difficile. Fra lockdown, visti bloccati e frontiere chiuse, molti stranieri hanno dovuto rinunciare al sogno di andare in Russia. Ma non loro, che sono riusciti, nonostante tutto, a trasferirsi nella Terra dei Cremlini. Abbiamo raccolto le loro storie

Nonostante le frontiere chiuse e le restrizioni imposte dalla pandemia, un gran numero di specialisti stranieri continua ad arrivare in Russia. E la loro presenza è addirittura aumentata.

Secondo l'agenzia di relocation Intermark, che aiuta gli expat in Russia, nella prima metà del 2021 sono stati rilasciati circa 21.000 permessi di lavoro per specialisti altamente qualificati, rispetto ai 7.000 dello stesso periodo del 2020. Nella prima metà del “pre-pandemia” 2019, sono stati rilasciati 16.000 permessi, quindi il numero è addirittura aumentato. Secondo Intermark, questo numero si spiega con i permessi “congelati” nel 2020 e rilasciati solo ora. 

I paesi di origine degli specialisti stranieri si confermano gli stessi, con l’Italia in vetta alla classica, seconda solo alla Francia; al terzo posto, dopo il Belpaese, si classifica la Germania, seguita da Giappone, Norvegia, Stati Uniti e Regno Unito. È interessante notare che ora gli expat non si trasferiscono più solo nelle grande città come Mosca, San Pietroburgo ed Ekaterinburg, ma si spingono fin nei centri abitati più piccoli e nelle regioni, dove si trovano gli stabilimenti e le filiali delle loro imprese.

Il più delle volte, gli espatriati ricevono l’invito a lavorare in Russia da aziende internazionali del settore FMCG (sigla di “Fast-moving consumer goods”, ovvero “beni di largo consumo”) e IT. Abbiamo parlato con alcuni di loro, per capire aspettative e difficoltà di questa loro nuova vita in Russia, iniziata tra l’altro nel difficile periodo della pandemia. E con grande sorpresa, abbiamo scoperto che nessuno di loro si è pentito di questa decisione. 

Georg Wiessmeier dalla Germania

“È stata un'esperienza davvero speciale: a causa della pandemia sono stato assunto online e ho lavorato da remoto per diversi mesi, fino al mio trasferimento in Russia, avvenuto a marzo di quest'anno”, racconta Georg. A metà settembre 2020, è entrato a far parte dell'azienda petrolchimica SIBUR come responsabile di R&S e innovazione. Ingegnere chimico di formazione, nei suoi 25 anni di carriera industriale ha lavorato presso grandi multinazionali in Germania, Belgio e persino in Giappone;  ma ammette che il sogno di trasferirsi in Russia lo accompagna fin da quando era studente. 

“Il mio interesse per la Russia è nato più di 30 anni fa, quando esisteva ancora l'Unione Sovietica. Nonostante vivessi nella Germania occidentale, ho imparato il russo a scuola come terza lingua e ricordo che leggevamo testi piuttosto difficili e discutevamo di letteratura, cultura e geografia russa. Avevo addirittura organizzato un programma di scambio con un istituto di ricerca di Kiev, ex URSS, durante il mio periodo da studente al Karlsruher Institute of Technology. Ma il paese (oggi Ucraina) si è staccato, e i miei piani non si sono concretizzati”, dice.  

Ora sta cercando di colmare alcune lacune nella sua conoscenza della lingua: “Quando mi occupo di affari, sono sempre accompagnato da un interprete, ma la maggior parte della documentazione è in russo e devo studiarla per lavoro”, spiega. Il tempo per seguire delle lezioni ovviamente non c’è: fra le varie cose, oggi Georg è molto impegnato nell'introduzione di nuove tecnologie per ridurre l’impatto ambientale e sostiene delle start-up “verdi” realizzate da alcuni studenti. “Dobbiamo capire come affrontare il riciclo nel settore chimico e come ridurre le emissioni di CO2: è questo uno dei punti all’ordine del giorno nel mio programma di R&S e innovazione alla SIBUR - dice -. Il problema internazionale è che i materiali di riciclaggio sono per lo più più costosi e i consumatori non sono ancora pronti a pagare un extra. Ecco perché dovremmo ripensare l'intera catena del valore: dal design di un prodotto facile da riciclare a un uso più intelligente e più duraturo dei materiali, stabilendo poi la separazione e la raccolta dei rifiuti ed educando i consumatori ad agire responsabilmente”. 

E siccome il suo team e i partner sono dislocati in diverse regioni del paese, Georg è spesso in viaggio: Tobolsk, Tomsk, Voronezh, Nizhnekamsk, Perm, Krasnojarsk, Novosibirsk... 

Ora, grazie al supporto dell’azienda, è riuscito a ottenere un visto per sua moglie e i suoi quattro figli che frequentano l’università in Europa. “Pensavo che avrei viaggiato tra la Russia e la Germania per vedere la mia famiglia almeno una volta ogni due settimane, ma ora è difficile, perché la Germania non riconosce i vaccini russi e la Russia non accetta quelli dell'UE”. Tornare a casa quindi non è facile: pur avendo completato il ciclo vaccinale con lo Sputnik, al di là della frontiera lo aspetta la quarantena. “Dobbiamo seguire le regole, perché la pandemia è una cosa globale”, dice, aggiungendo che è comunque contento di poter frequentare i ristoranti e i luoghi pubblici di Mosca senza tampone o codice QR, pur facendo sempre molta attenzione. 

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Luke Cornforth dal Regno Unito 

Il ritratto dell’expat medio in Russia è cambiato negli ultimi tempi: il numero di specialisti tra i 25 e i 35 anni è aumentato e le aziende non invitano più solo top manager, ma anche impiegati di medio livello e stagisti. Luke, 23 anni, lavora all'agenzia EM PR: ha iniziato alla fine del 2020 come stagista e ora è diventato PR manager.

All'università ha studiato russo e arabo e ha trascorso sei mesi a San Pietroburgo come parte del suo percorso di studi. “Mi è piaciuto molto e quando sono tornato nel Regno Unito, ho iniziato a cercare nuove opportunità per visitare la Russia”, racconta. All'inizio ha lavorato come insegnante di inglese e poi ha ricevuto un invito a fare uno stage con EM e si è trasferito a Mosca.

Un paio di mesi fa, Luke è tornato in patria ed è stato costretto a una lunga quarantena, sia nel Regno Unito, sia in Russia. Ora ha intenzione di fermarsi nella Terra dei Cremlini almeno tre anni o più.

“La maggior parte dei miei colleghi sono russi, ma ci sono anche persone da tutto il mondo: New York, Londra, Pechino, Vienna... Anche i clienti sono sia russi che internazionali”.

Luke ha già visitato Vyborg, Kazan, Volgograd, Astrakhan e il Daghestan. E, così come ha detto lui stesso, si è innamorato delle fantastiche montagne di quel territorio. 

Dice di essere sempre felice di parlare con i russi, anche se non è facile capirli, soprattutto quando parlano velocemente.

Secondo Luke, gli stranieri non dovrebbero essere scoraggiati dal venire in Russia, anche se non conoscono la lingua. “Consiglio vivamente di andare a Mosca o a Pietroburgo: entrambe le città sono molto amichevoli, alcune persone parlano inglese e anche se non si conosce il russo, si può fare amicizia con la gente del posto”.

Ryan Malone dal Regno Unito

“Ho trascorso l'intero lockdown a Mosca da solo e ho lavorato da remoto - dice Ryan -. Sono tornato in ufficio solo all'inizio di aprile 2021”. Lo specialista 29enne del Regno Unito ha studiato lingua e letteratura russa a Cambridge; nel 2014 ha trascorso 9 mesi a Mosca e ha sempre voluto tornare. Nonostante la sua formazione filologica, ha sempre nutrito un certo interesse per il settore bancario, e per un anno e mezzo ha lavorato nella filiale di Londra di VTB Capital, una società finanziaria russa. All'inizio del 2020 si è trasferito nel loro ufficio di Mosca. È l'unico straniero nell'ufficio russo e spesso aiuta i colleghi a controllare i documenti in inglese. 

Ryan parla correntemente il russo, anche se ammette che alcuni documenti ufficiali possono essere difficili da capire. “A gennaio sono andato a trovare i miei genitori in Sudafrica e sono rimasto bloccato a Città del Capo per quattro mesi a causa delle nuove restrizioni. Per fortuna ho incontrato dei russi lì, che mi hanno spiegato cosa fare per tornare a Mosca”, racconta.

Durante il suo periodo in Russia, Ryan ha visitato le città dell'Anello d'Oro, la costa del Mar Nero e San Pietroburgo, e in futuro gli piacerebbe vivere a Mosca. “Mosca è una delle migliori città del mondo, me ne sono innamorato - dice -. Credo che per vivere in Russia sia necessario capire almeno il russo parlato. Solo così si può comunicare più facilmente e non ci si chiude agli altri. Ai russi piace molto quando uno straniero cerca di parlare la loro lingua”.

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