Nell’anno della pandemia di Covid-19, è uscito un film intitolato “Sputnik” (ma niente a che vedere con l’omonimo vaccino russo). Nella trama di questa pellicola (titolo originale: “Спутник”), diretta dal regista al debutto Egor Abramenko (1987-), un’astronave sovietica torna trionfalmente sulla Terra nel 1983. Ma la popolazione viene tenuta all’oscuro di un misterioso incidente che è costato la vita a un membro dell’equipaggio. Un cosmonauta sopravvissuto è sospettato dell’incidente e viene messo in una struttura sicura sotto l’occhio vigile dei servizi segreti. Ben presto diventa chiaro che ha portato con sé una forma di vita sconosciuta…
Il film di Andrej Konchalovskij (1937-) si basa su un evento storico reale: il Massacro di Novocherkassk del 1962, quando l’esercito e il Kgb repressero una rivolta operaia contro l’aumento dei prezzi sparando sui partecipanti durante una manifestazione, causando 24 vittime. In seguito cercarono di coprire l’accaduto introducendo una censura totale e blocchi stradali. Il film (titolo originale: “Дорогие товарищи!; “Dorogíe tovarishchi!”) parla di uno degli eventi più terribili della storia sovietica, dei suoi diretti protagonisti e della loro valutazione (piuttosto scioccante) dell’accaduto. Il film ha vinto il Premio Speciale della Giuria del 77º Festival del Cinema di Venezia.
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Vij è il nome di una creatura delle antiche leggende slave che arriva in questo mondo dagli inferi. Ha le palpebre enormi che pendono verso il suolo e ha bisogno di aiuto per aprire gli occhi. Ma chi guarda in quegli occhi… beh, indovinate da soli cosa gli succede…
Basata sul racconto dell’orrore “Vij” di Nikolaj Gogol, la trilogia del regista Egor Baranov (1988-) composta da “Гоголь. Начало” (“Gógol. Nachálo”; ossia “Gogol. “L’inizio”; 2017); “Гоголь. Вий” (“Gógol. Vij”; 2018) e “Гоголь. Страшная месть” (“Gógol. Stràshnaja mest”; ossia “Gogol. Terribile vendetta”; 2018), è una libera trasposizione di uno dei libri più inquietanti della cultura russa.
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La liceale Blaire sta chattando con i compagni di classe su Skype, mentre dà un’occhiata a Facebook. Poi riceve un messaggio dalla sua amica Laura, ma c’è un problema: Laura è morta da un anno. Pensando che il suo account sia stato hakherato per uno scherzo di cattivo gusto, toglie l’amicizia a Laura. Ma lei (o chi finge di essere lei) non se ne va, apparendo di tanto in tanto su Facebook e anche su Skype in una videochiamata condivisa. È impossibile disconnetterla e liberarsene.
Questo film, prodotto negli Stati Uniti da Timur Bekmambetov per la regia di Levan Gabriadze (1969-) sulla vendetta virtuale, potrebbe competere con i migliori esempi del genere mockumentary del livello della saga di “Paranormal Activity” quanto a suspense. Solo senza fantasmi e altre cose che spuntano inaspettatamente. Ma questo rende il tutto ancora più inquietante: niente effetti speciali, solo persone che fissano una webcam e un totale mistero su ciò che accadrà in seguito…
È uno dei primi film russi del genere “found footage” (’filmato ritrovato”). Il realismo di questo film (titolo originale: “Шопинг-тур”) a basso budget (è costato solo 70.000 dollari) dello studioso di cinema Mikhail Brashinskij (1965-) è fuori scala: sembra di guardare la storia di un amico sui social network, ma con contenuti molto cupi. La trama si basa su una presunta antica tradizione finlandese secondo cui una volta all’anno, nel solstizio d’estate, ogni finlandese deve mangiare uno straniero. E quel giorno è arrivato…
Questo film su tre persone che affrontano la morte dei propri cari è uno spettacolo durissimo dal punto di vista emotivo sulla cosa peggiore della vita. Tutti i personaggi devono trovare il coraggio di sopportare il trauma della perdita, e devono attraversare un viaggio straziante di esperienze mostruose.
Il regista Vasilij Sígarev (1977-) è stato accusato di aver abusato di necro-realismo, e in effetti non ha certo lesinato sui trucchi del mestiere e non ha avuto paura di trattare il tema, socialmente tabù in Russia, della morte. Il che rende questo film tanto coraggioso quanto doloroso e spaventoso.
“Cargo 200” (titolo originale: “Груз 200”; “Gruz dvesti”) è la sigla utilizzata per indicare le bare metalliche usate per trasportare le salme dei caduti durante le operazioni militari. È il 1984, l’Unione Sovietica è nella sua fase finale e i soldati sovietici combattono in Afghanistan, e tornano a casa in bare di zinco. Aleksej Balabanov (1959-2013) ambienta in questo periodo il suo film più cupo, tratteggiando un’immagine-parodia metaforica del “Paese del socialismo realizzato”. Una storia di sconfinata stagnazione, caos poliziesco, crimini terribili, violenza e totale mancanza di speranza. “Non ho mentito su nulla nel film. Tutto quello che volevo dire su quel periodo, tutto quello che mi faceva male, l’ho detto”, ha affermato Balabanov a proposito del film. La storia è risultata così potente e spaventosa che l’attore scelto, in fase di preparazione, si è rifiutato di interpretare un ruolo. Il film ha vinto il premio della Gilda dei critici cinematografici russi ed è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, ma escluso sia dal Festival di Cannes che dal Festival di Berlino, proprio per il suo contenuto eccessivamente macabro.
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Cosa succede dopo una guerra nucleare? Probabilmente non rimarrà nulla. Ma un premio Nobel di nome Larsen sfugge al bombardamento nucleare nei sotterranei di un museo di storia insieme al personale del museo. Non sanno se la guerra sia ancora in corso e ognuno vive la tragedia dell’umanità a modo suo. La domanda principale che assilla Larsen è: come ha potuto l’umanità distruggersi con le proprie mani? Costruisce persino una formula matematica in cerca di una risposta e giunge a una conclusione paradossale.
L’uscita del film (titolo originale: “Письма мёртвого человека”; “Pisma mjortvogo cheloveka”) di Konstantin Lopushanskij (1947-) è praticamente coincisa con l’incidente di Chernobyl. Lo scrittore di fantascienza Arkadij Strugatskij lo ha definito “un dramma intelligente e crudele su persone contemporanee in una situazione che l’umanità deve usare tutti i suoi poteri per eliminare dalla storia”.
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