L’arte buriata di Zorikto affascina il mondo, tra folklore mistico e note buddiste

Cultura
ALEKSANDRA GUZEVA
Fiabe orientali e leggende nazionali della Buriazia prendono vita sulle tele e nelle sculture di questo artista, le cui opere sono state esposte anche a Venezia

Le autentiche tradizioni del popolo nomade della Buriazia e il loro folklore mistico, mescolato a note buddiste, hanno dato una potente spinta creativa a più di una generazione di artisti. Tra questi, ci sono Dashi Namdakov, originario di un villaggio buriato, nel Territorio della Transbajkalia, di cui vi abbiamo parlato qui; e Zorikto Dorzhiev (in arte ZORIKTO), le cui opere sono state esposte su entrambe le sponde dell'Oceano Atlantico. 

Accademismo e libertà

Zorikto Dorzhiev è nato nel 1976 a Ulan-Ude, la capitale della repubblica di Buriazia. L'Ivolginskij datsan, il principale centro buddista della Russia, si trova a 36 km da lì, mentre in città anche la cattedrale ortodossa assomiglia a uno stupa buddista. Non lontano c'è il lago Bajkal e, dall'altra parte, la Mongolia. Questa è la terra degli sciamani e delle credenze popolari orientali, dove la steppa e il ricordo degli antenati nomadi sono in ogni dove.

Nella sua città natale e, più tardi, a Krasnojarsk, Zorikto ha ricevuto un'educazione artistica accademica; e così il background etnico presente nel suo lavoro si mescola con le idee classiche di composizione, forma e colore. La sua arte rende omaggio al patrimonio dei nomadi buriati e alle leggende locali. 

Nel 2004, Zorikto ha partecipato a una mostra al Museo di Storia della Buriazia, e le sue opere sono state notate dal famoso artista Dashi Namdakov e dal suo produttore Konstantin Khankhalaev. Zorikto espone tuttora nella galleria d'arte “Khankhalaev”.

Steppe e nomadi

Il personaggio principale delle opere di Zorikt è un nomade contemplativo della steppa. “È un artista, un poeta, un filosofo. Di regola, è solo”, dice l'autore.  

Il campo creativo di Zorikto abbraccia una varietà di generi e tecniche, dalla pittura all'arte digitale, e ha addirittura realizzato dei costumi per un film. Zorikto ha infatti lavorato ai costumi per “Mongol” di Sergej Bodrov (2007), ispirato alla vita del mongolo Temüjin, futuro Gengis Khan, nominato all'Oscar nella categoria Miglior Film Straniero e vincitore del premio nazionale russo Nika per i costumi. 

Gli altri lavori cinematografici di Zorikto includono “The House of the Sun” (2010) di Garik Sukachev, un bel racconto sugli hippy sovietici, e “Celestial Wives of the Meadow Mari” (2012) di Aleksej Fedorchenko. Per quest'ultimo, Zorikto ha ricevuto il premio russo dei critici cinematografici.

Esposizioni in tutto il mondo

La critica non ha mancato di notare l'influenza di Andy Warhol e della pop art sulle opere di Zorikto, così come il cosmopolitismo europeo. L’artista ha espresso rispetto verso i vecchi maestri europei con rifacimenti audaci e originali delle opere di Leonardo da Vinci, Jan Vermeer, Jan van Eyck e altri artisti.

Nel 2013, la serie “Steppe Nirvana” di Zorikto è stata esposta alla Tibet House di New York, diretta dal padre di Uma Thurman, Robert Thurman. In un'asta congiunta con Christie's, una delle opere dell'artista è stata presentata dall’attrice in persona. 

Nel 2015, la Galleria Tretjakov di Mosca ha ospitato la mostra personale di Zorikto, “Imaginary Reality”, con le sue immagini ormai familiari di nomadi, principesse orientali e creature fiabesche.  

Nel 2019, la mostra di Zorikto “New Steppe” è stata esposta alla Biennale di Venezia. Le sue opere, soprannominate “steppe pop art” dalla critica, hanno decorato la chiesa anglicana di San Giorgio, e tra i canali della laguna sono apparse anche delle sculture di nomadi realizzate da lui.

Nella sua nativa Ulan-Ude, Zorikto è una star assoluta, e non solo sulla scena artistica: nel 2019 è stato invitato a realizzare un murales in città. L’opera è stata dedicata alla poesia “Morning Namaz” del poeta locale Namzhil Nimbuyev.

La pandemia e l'autoisolamento hanno portato a una nuova mostra chiamata “Patchwork Man”, dove Zorikto ha riflettuto sui confini del mondo esterno e interno e su come la vita reale sia sostituita da un caos fatto di frammenti. 

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