1 / I grandi collezionisti
Nel 1908, Henri Matisse (1869-1954) andò nella bottega di Picasso (1881-1973) portando con sé un acquirente russo, che scelse due dipinti, tra cui quello raffigurante la regina Isabella II di Spagna, e pagò molto generosamente. Per Picasso, che viveva allora in grande ristrettezza, l’apparizione di Sergej Shchukin (era lui il russo entrato in bottega) fu una salvezza. Nei sei anni successivi, il filantropo russo acquistò più di 50 opere del Picasso cubista, così come dei suoi periodi “rosa” e “blu”, tra cui “Donna con ventaglio” e “Il bevitore di assenzio”. In effetti, quella di Sergej Schhukin (1854-1936) era allora la più grande collezione di dipinti dell’artista al mondo. Anche un altro famoso collezionista russo, Ivan Morózov (1871-1921), era interessato ai suoi lavori. Acquisì delle tele eccezionali, tra cui “Acrobata e giovane equilibrista” e “I due saltimbanchi (Arlecchino e la sua compagna)”. Dopo la Rivoluzione, le collezioni di Shchukin e Morozov furono nazionalizzate e sulla loro base fu creato il “Museo Statale della Nuova arte occidentale”. Rimase attivo dal 1923 al 1948, dopodiché la collezione fu divisa tra il Museo Pushkin di Mosca e l’Ermitage di San Pietroburgo.
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2 / La prima monografia
La prima monografia al mondo sull’artista fu pubblicata in Russia nel 1917. Si tratta di “Picasso e dintorni” (in russo: “Пикассо и окрестности”; “Pikasso i okrestnosti”; in Italia lo trovate pubblicato da Stilo editrice) del poeta e critico Ivan Aksjónov (1884-1935). Membro dell’associazione futurista “Centrifuga”, nella sua opera, Aksjónov ha voluto, spiegava lui stesso, mettere in guardia da ciò che non si deve cercare nell’opera dello spagnolo, e spiegare come guardare i suoi quadri. Probabilmente, alla vigilia della Prima guerra mondiale, Aksjónov visitò Parigi e incontrò Picasso o apprese di lui dall’artista d’avanguardia Aleksandra Ekster (1882-1949), che, a proposito, disegnò la copertina del libro. Lei viveva a Parigi e conosceva bene le sfumature della critica d’arte locale.
3 / Un fan che si considerava suo allievo
Gli artisti d’avanguardia russi ammiravano il lavoro di Picasso, sebbene potessero adorarlo solo da lontano: lo spagnolo era una figura praticamente inaccessibile. Ma niente è impossibile quando si parla di arte. L’artista Vladimir Tatlin (1885-1953) andò a Berlino nel 1914. In una mostra di arte russa suonava in un complesso di musicisti di bandura, ma non era certo quello l’obiettivo del suo viaggio in Europa. Tatlin sognava Parigi e di incontrare il suo idolo. Ci riuscì davvero. Secondo una versione, grazie all’intercessione di Marc Chagall (1887-1985); secondo un’altra, grazie a un’impresa audace: Tatlin, vestito in abiti sgargianti, si sarebbe sistemato in strada con la sua bandura a suonare non lontano dal laboratorio di Picasso. Questi avrebbe notato il personaggio insolito, invitandolo a posare per lui. Non appena lo spagnolo lasciava la stanza durante il lavoro, però, Tatlin si precipitava subito a fare bozzetti di tutto ciò che vedeva intorno a sé. Ma il padrone di casa sarebbe rientrato all’improvviso e, accorgendosi di quanto stava accadendo, avrebbe cacciato immediatamente il falso modello. Giravano anche altre versioni dell’accaduto. Ad esempio che Tatlin ammirasse così tanto Picasso che quando lo incontrò, si sarebbe offerto immediatamente di lavorare per lui come servitore, pur di potergli stare vicino e assorbire il segreto del suo genio. Comunque sia andata, Tatlin considerava Picasso il suo maestro, e dopo il viaggio a Parigi si concentrò sui rilievi astratti polimaterici (i cosiddetti “Controrilievi”), inaugurando in tal modo il costruttivismo.
4 / Il balletto di Djagilev
Nella primavera del 1917, i Balletti russi di Sergej Djagilev (1872-1929) debuttarono al Théâtre du Châtelet di Parigi. Il celebre impresario decise di combinare pittura, balletto e poesia. Per “Parade”, un balletto di un atto con musica di Erik Satie su soggetto di Jean Cocteau, la coreografia fu di Léonide Massine (che poi era il russo Leonid Mjasin), mentre scenografia, costumi, e sipario con motivi circensi erano opera di Pablo Picasso.
Il risultato superò tutte le aspettative: al posto dei consueti tutù del balletto, gli artisti indossavano costumi voluminosi fatti di cartapesta, legno e metallo, così scomodi che i movimenti si rivelarono meccanici e goffi. Sullo sfondo di quinte in stile cubista, i ballerini si trasformarono in frammenti in movimento di un collage. Così per la prima volta il cubismo entrò in scena a teatro, e “Parade” divenne una delle prime apparizioni del surrealismo.
5 / Il compositore Stravinskij
Per preparare le scene e i costumi per “Parade”, Picasso andò a Roma e lì incontrò Igor Stravinskij (1882-1971). Tra di loro nacque un’amicizia, che proseguì anche in campo artistico: Picasso disegnò le scene per il balletto con canto “Pulcinella” e realizzò diversi ritratti del grande compositore. Stravinskij ne portò uno in Svizzera. Alla frontiera gli chiesero ripetutamente cosa fosse e non volevano credere che si trattasse di un disegno a matita di un famoso artista. Sembrava più un qualche schema segreto. Il compositore cercò di convincere le guardie di frontiera che il lavoro di Picasso non rappresentava altro che il suo viso. Ma non ci riuscì. Il ritratto fu temporaneamente sequestrato e gli fu poi inviato solo tramite l’ambasciata britannica per posta diplomatica.
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6 / La Moglie e il figlio
A Roma, Pablo Picasso conobbe anche Olga Khokhlova (1891-1955), una ballerina della troupe di Djagilev.
Nell’estate del 1918, Picasso e la Khokhlova si sposarono: Gertrude Stein e Sergej Djagilev erano tra i presenti alla cerimonia nella cattedrale ortodossa di Parigi. Nel 1921 ebbero un figlio, Paulo, e nel 1935 l’artista e la ballerina si separarono, anche se il divorzio non fu mai ufficializzato.
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7 / Lo Scrittore Ehrenburg
Il pittore fu amico dello scrittore e giornalista Ilja Erenburg (1891-1967) fin dal 1914. Erenburg ammirava il “potere distruttivo” della creatività di Picasso, e quasi scherzosamente chiamava lo spagnolo “buon diavolo”. Una volta l’artista decise di realizzare un ritratto del suo amico, ma Erenburg non ebbe neanche il tempo di sedersi che Picasso annunciò che era finito. Erenburg fu sorpreso dalla velocità, e Pablo rise di gusto: dopotutto conosceva il suo amico da più di quarant’anni, e in tutti questi anni aveva imparato a dipingere ritratti in cinque minuti.
8 / La prima mostra dell’avanguardia occidentale in Urss
Fu Erenburg a far scoprire l’artista Picasso al pubblico sovietico, aiutando a organizzare le sue mostre al Museo Pushkin e all’Hermitage nel 1956. Fu una sorta di primo evento del Disgelo con l’Occidente. L’eccitazione era tale che coloro che desideravano entrare nel museo il primo giorno formarono enormi code fin dalla notte. Toccò a Erenburg andare a calmare i bollenti spiriti: “Avete aspettato questa mostra 25 anni, ora non potete aspettare altri 25 minuti?”
9 / Il ritratto di Stalin
In Urss, l’artista veniva chiamato “Compagno Pablo”, perché nel 1944 era entrato nel Partito Comunista Francese. Così Picasso intendeva protestare contro la guerra e gli orrori perpetrati nella sua Spagna dal regime franchista. Quando Stalin morì, nel 1953, Picasso dipinse un suo ritratto, e per l’indignazione dei comunisti ortodossi, ritrasse il segretario generale del Pcus, scomparso all’età di 74 anni, come era da giovane. Ci fu persino uno scandalo: i compagni francesi erano indignati per l’immagine non canonica. E Louis Aragon, poeta e redattore capo di “Les Lettres françaises”, giornale su cui fu pubblicato il ritratto, rimproverò al suo amico: “Stalin non può essere inventato”.
10 / Il Premio Lenin
Nel 1949 si tenne a Parigi il Congresso mondiale della pace. Picasso ne disegnò il simbolo: la Colomba della pace, che ben presto fece il giro del mondo, diventando molto riconoscibile. Nel 1962 Picasso venne anche insignito del Premio Lenin per la pace. Fu Ilja Erenburg a portarglielo direttamente a Mougins, il Paese del Sud della Francia dove Picasso visse gli ultimi 15 anni della sua vita.
Così i fratelli Morozov portarono Picasso e Gauguin in Russia