Aleksandr Ivanov, che visse a lungo a Roma, ha lavorato a questo quadro per vent’anni. Le sue dimensioni (5,4 × 7,5 m) non permettevano di esporre la tela in nessuna sala della Galleria Tretjakov, cosicché fu necessario costruire una piccola estensione dell’edificio.
Un forte scandalo è associato a questo quadro. Brjullov lo dipinse su commissione di un conte, che lo portò con sé in Germania. Dopo la morte del proprietario, l’opera fu trasferita in una delle chiese ortodosse in Europa. Non vi era alcuna firma, e nessuno sapeva che si trattava di un capolavoro. Nel 2002, la comunità ecclesiastica lo vendette a dei collezionisti che lo portarono a esaminare al Museo Russo di San Pietroburgo. Là gli esperti ne riconobbero la paternità di Brjullov e l’Fsb confiscò la preziosa opera d’arte. Ma la Corte Suprema ha poi deciso che il quadro dovesse essere restituito ai proprietari-collezionisti.
Nikolaj Ge ha dipinto molti quadri di argomento religioso, e in particolare è celebre il suo “Ciclo della Passione”, che racconta gli ultimi giorni della vita di Cristo, con la crocifissione e la resurrezione. Qui l’artista si allontana dai canoni dell’immagine dell’ultima cena di Cristo con i suoi discepoli. I critici rimproverarono Ge, ritenendo l’opera poco convincente, ma il dipinto fu acquistato dall’imperatore Alessandro II e ora è conservato al Museo russo di San Pietroburgo.
Una delle immagini più famose di Cristo nella pittura russa e uno dei primi tentativi di mostrarlo come uomo. Non è un santo, tentato da tutte le parti da forze malvagie, ma una normale persona, piena di dubbi. I critici d’arte notano in particolare la potenza del centro dell’immagine: le mani di Cristo nervosamente incrociate.
Polenov considerava questo quadro il capolavoro della sua vita. Per rappresentare fedelmente sia Cristo che i paesaggi della Giudea, l’artista viaggiò in Medio Oriente per diversi anni e fece decine di schizzi e abbozzi. Il compito principale era mostrare Cristo come una persona in carne e ossa; un uomo come tanti.
Più tardi realizzò una serie di dipinti “Dalla vita di Cristo”, tracciando il suo percorso da ragazzo che acquisiva la saggezza dagli anziani fino al Discorso della Montagna, quando lui stesso iniziò a insegnare. Il titolo di quest’opera è ripreso dal Vangelo di Luca: “Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui”.
Siamo abituati a pensare ad Aivazovskij come a un pittore di marine, con un sacco di onde, scogli, tempeste e navi. Ma ha affrontato anche temi religiosi.
Ge ha realizzato un altro impudente allontanamento dalle tradizioni della pittura religiosa nel quadro della conversazione di Cristo con Ponzio Pilato, dopo l’arresto. Ge pone il figlio di Dio nelle tenebre (mentre di solito brilla in piena luce), e lo ritrae a maltrattato, inespressivo e persino miserabile. Mentre Pilato sembra un vincitore.
Kuindzhi è noto soprattutto come pittore di paesaggi, e i suoi dipinti si distinguono per il magistrale lavoro con la luce. In questa composizione biblica, illumina Cristo al chiaro di luna, contrastando l’oscurità che lo circonda.
Questo è il lavoro per l’esame finale di Repin all’Accademia di Belle Arti. L’artista riuscì a trasmettere il momento di tensione un secondo prima del miracolo biblico della resurrezione. Per il quadro, tra l’altro, ricevette una medaglia d’oro. Più tardi, l’immagine di Cristo si evolve in Repin, diventando più realistica e persino post-impressionista.
Conosciuto per la rappresentazione di demoni oscuri, il modernista Vrubel dipinse anche santi, profeti e persino affrescò l’interno di alcune chiese. Nella Galleria Tretjakov di Mosca, è conservato questo suo disegno a carboncino.
Anche Mikhail Nesterov dipinse molti interni di chiese e lasciò numerosi schizzi su soggetti biblici. Arcangeli, Madonne, santi, monaci e, naturalmente, varie versioni di Gesù Cristo uscirono dal suo pennello. Nel suo “Santa Russia”, il Salvatore benedice i russi bisognosi e afflitti.
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