Dove amavano andare in vacanza gli scrittori russi?

Legion Media
In Crimea, ovviamente, e nelle località termali del Caucaso, ma anche in luoghi per loro più esotici come la Germania e l’Italia, dove sono stati composti molti capolavori della letteratura russa

Crimea 

Il clima secco della Crimea, l’abbondanza di conifere e, naturalmente, l’aria di mare, erano spesso d’aiuto per molti. Anche prima che i bolscevichi trasformassero la Crimea in una località di cura per i lavoratori di tutta l’Unione Sovietica, molti scrittori vennero qui per migliorare la loro salute e per riposarsi, in cerca di ispirazione. Pertanto, in ogni città potete trovare le loro tracce.

Bakhchisaraj fu resa celebre da Aleksandr Pushkin (1799-1837), che viaggiò e si curò in Crimea durante il suo esilio nel Sud.

Nella sua “dacia bianca” di Jalta, Anton Chekhov (1860-1904), malato di tubercolosi, visse i suoi ultimi anni di vita, visto che il clima di Mosca non faceva assolutamente per lui.

Anche Lev Tolstoj (1828-1910) adorava la Crimea. La conobbe quando partecipò alla Guerra di Crimea (scrisse i famosi “Racconti di Sebastopoli”), e in seguito venne qui in viaggio. Nel 1901-1902, trascorse nove mesi qui con la sua famiglia. E a proposito, incontrò sia Chekhov che Maksim Gorkij (1960-1936).

A Koktebel c’è la casa del famoso poeta russo Maksimilian Voloshin (1877-1932), in cui soggiornarono molti poeti dell’Epoca d’argento della poesia russa: Osip Mandelshtam (1891-1938), Nikolaj Gumiljov (1886-1921), Marina Tsvetaeva (1892-1941).

Mikhail Bulgakov (1891-1940) ha condiviso le sue impressioni di viaggio nel saggio “Viaggio in Crimea”. A lui, però, non piacque Jalta, città troppo turistica, dove bisogna continuamente “contrattare”. 

Caucaso 

Altri luoghi di attrazione per molti scrittori e poeti erano le sorgenti termali sulle montagne del Caucaso. A Pjatigorsk, Mikhail Lermontov (1814-1841) si curò con le acque minerali locali e rifletté sulla vita dei nobili che là riposavano nel romanzo “Un eroe del nostro tempo”. Il Caucaso fu fatale per il poeta, che morì qui in un duello

Per due mesi, prima di andare in Crimea, anche Pushkin si curò nel Caucaso, nelle calde sorgenti sulfuree di Kislovodsk ed Essentuki, e in seguito scrisse il poema “Il prigioniero del Caucaso”. Più tardi, Pushkin viaggiò in Georgia e in Armenia e scrisse “Viaggio ad Arzrum”.

Anche Lev Tolstoj, che aveva combattuto nel Caucaso da giovane, scrisse il suo “Il prigioniero del Caucaso”, in prosa. I motivi della montagna lo interessarono e, dopo, viaggiò a Tiflis (la moderna Tbilisi) e lavorò a lungo al romanzo breve “Khadzhi-Murat”. 

Viaggiò in Georgia e in Azerbaijan anche il poeta Sergej Esenin (1895-1925): e motivi orientali e persiani si rifletterono nelle sue poesie. Vladimir Majakovskij (1893-1930) definì la Georgia un paradiso e amava molto Tiflis, come Boris Pasternak (1890-1960), che era amico di diversi poeti georgiani e li tradusse molto.

Italia 

Fu Nikolaj Gogol (1809-1952) a stabilire la tradizione di scrivere le migliori opere sul popolo russo e sulla Russia mentre si trovava all’estero. Se ne andò per viaggiare, e riposare dal lavoro e dalla scrittura, ma alla fine scrisse proprio in Italia il suo libro principale, “Le anime morte”. Considerava l’amata Roma la sua seconda casa. 

Dopo il secondo matrimonio, Fjodor Dostoevskij (1821-1881) viaggiò nuovamente per l’Europa (non in viaggio di nozze, ma per nascondersi dai creditori). Inizialmente visse in Svizzera, e poi si trasferì in Italia. Fu qui che scrisse la maggior parte del romanzo “L’idiota”, e si crede che a Firenze abbia coniato la frase, divenuta aforisma, “La bellezza salverà il mondo”.

Gorkij andò in Italia per curare la tubercolosi, ma finì per rimanerci per ben 15 anni, con pause. Per lungo tempo, la sua casa fu una villa a Capri, dove molti famosi russi, incluso Lenin, il capo della Rivoluzione, andarono a fargli visita. Più tardi, lo scrittore tornò in Russia ma poi se ne andò di nuovo, e trascorse molto tempo nelle ville e nei sanatori di Sorrento. 

Joseph Brodsky (come preferiva essere chiamato, con grafia all’inglese; 1940-1996) amava passare del tempo a Venezia, e dopo essere emigrato negli Stati Uniti, andava in Laguna ogni anno in inverno. A quanto pare, il clima freddo e nebbioso gli ricordava la sua natia Pietroburgo; amava l’acqua dei canali e vagava da solo in città quando non c’erano folle di turisti. Sulla città, ha scritto il famoso saggio “Fondamenta degli incurabili”. 

Germania 

Dostoevskij si recò in varie località di villeggiature tedesche per migliorare la sua salute diversi anni dopo il suo rilascio dalla prigionia. Fu lì che lo scrittore divenne dipendente dalla roulette e dal gioco d’azzardo. A Baden-Baden, Wiesbaden e Bad Homburg subì perdite considerevoli: in seguito, su queste vicende avrebbe scritto il romanzo “Il giocatore”. 

Baden-Baden era una località turistica praticamente “russa”. Anche a Ivan Turgenev (1818-1883) piaceva venire qui e ci ha scritto diverse grandi opere: la gran parte dei racconti della raccolta “Memorie di un cacciatore” (1852), il racconto “Asja” (1858) e i romanzi “Fumo” (1867) e “Terra vergine” (1877) 

In gioventù, anche il grande moralizzatore Lev Tolstoj giocò qui alla roulette. Poi si sarebbe duramente rimproverato per questo.

Stati Uniti d’America 

In questo caso è difficile parlare di vacanza, ma nel XX secolo gli scrittori russi iniziarono a viaggiare spesso negli Stati Uniti. Esenin ci andò in tournée con sua moglie, una ballerina, e si annoiò molto e fu molto invidioso del suo successo, perché qui lui non era noto a nessuno.

Tenendo spettacoli di lettura delle sue poesie, Majakovskij viaggiò in diversi Stati degli Usa, e iniziò anche una tumultuosa relazione con un’americana, Ellie Jones, che in seguito ebbe una figlia dal poeta. 

Gorkij venne su invito dei socialisti locali e cadde immediatamente in imbarazzo: i puritani americani scoprirono che la compagna dello scrittore, Maria Andreeva, non era affatto una moglie legittima, e con disonore fu espulso dall’albergo dove pernottava e non fu accettato in nessun altro. A Gorkij New York non piacque per nulla, e la paragonò al “diavolo giallo”, un mostro di ferro che ingoia le persone. Condannò anche la locale ossessione per il denaro.

Una delle più famose testimonianze letterarie sui viaggi negli Stati Uniti è stata lasciata dalla coppia di scrittori Ilf e Petròv. Nella loro “Odnoetazhnaja Amerika” (“America a un piano”, ma nell’edizione italiana il titolo fu cambiato in “Il Paese di Dio”) descrivono il loro coast to coast in auto.

 

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