Nel 1936, il commissario del popolo per l’Industria alimentare dell’Urss Anastas Mikojan andò in visita negli Stati Uniti per farsi un’esperienza nel campo della produzione di massa di generi alimentari. Come scrisse poi nelle sue memorie, il giovane Stato dei Soviet aveva ereditato dalla Russia zarista un Paese del tutto privo di industria alimentare. Negli Usa, invece, il settore era già molto sviluppato e lavorava seguendo dei rigorosi standard di qualità.
Oltreoceano il commissario del popolo (l’equivalente di un ministro) trascorse due mesi interi, portando poi in Unione Sovietica principalmente macchinari per le fabbriche: sistemi di refrigerazione, gli elementi tecnici necessari per la meccanizzazione del processo di panificazione, macchine per mungere automaticamente le vacche e altre cose interessanti. Inoltre, Mikojan importò nuovi prodotti alimentari e nuove tradizioni gastronomiche, molte delle quali furono inserite nel principale ricettario dell’Unione Sovietica, “Kniga o vkusnoj i zdorovoj pishche” (“Libro sul cibo saporito e salutare”), che uscì nel 1939, curato proprio da Mikojan.
I panini con dentro la carne piacquero molto al commissario del popolo. Dicono che proprio in Urss pensarono per primi di mangiarli accompagnandoli con una bibita gassata dolce. Mikojan acquistò 25 macchine per fare i medaglioni di carne e sulle strade di Mosca, Leningrado, Kiev e Kharkiv apparvero chioschi che vendevano il tipico hamburger da fast food americano per 50 copeche. Anche la tecnologia per preparare il pane adatto fu importata dagli Stati Uniti.
Per comprare il concentrato per la produzione della Coca-Cola i soldi non erano bastati, e quindi in Unione Sovietica con gli hamburger si bevevano bibite a base di frutta. Negli Stati Uniti avrebbero iniziato a farlo solo nel 1940, quando aprì il primo McDonald’s! Ma presto sarebbe scoppiata la Seconda guerra mondiale. Non era certo più tempo di street food, e la storia degli hamburger sovietici finì ben presto. Sarebbero tornati solo con l’apertura del primo McDonald’s di Mosca, nel gennaio 1990, quasi al crollo dell’Urss. Proseguì invece la produzione e la vendita dei medaglioni di carne.
In America, Mikojan notò anche la tradizione di bere per colazione succo di arancia. In Unione Sovietica però gli aranci non ci crescevano, e così si decise di usare i pomodori. All’inizio il succo di pomodoro non piacque granché ai cittadini sovietici, ma poi una grande campagna pubblicitaria ottenne il risultato voluto. Il succo di pomodoro divenne onnipresente: negli asili, nelle scuole, nelle mense delle fabbriche, nei caffè e nei ristoranti. Solo verso gli anni Sessanta l’offerta di succhi aumentò: apparvero quelli di pera, mela e susina. I succhi erano venduti in barattoli di vetro e non certo nei cartoni. E tutti gli ingredienti erano naturali. Ecco la storia di questa e altre “bibite di strada” sovietiche.
Questa salsa apparve in Unione Sovietica verso la fine degli anni Trenta. Se ne raccomandava l’uso non solo con la carne, ma anche nella preparazione delle zuppe. A proposito, nell’edizione postbellica del “Libro sul cibo saporito e salutare” il ketchup venne sostituito da pasta o passata di pomodoro. E così nei negozi. Solo negli anni Ottanta il ketchup tornò sugli scaffali, importato da Bulgaria, Ungheria e Jugoslavia.
La tecnologia più fondamentale che Mikojan importò furono i frigoriferi industriali e i macchinari per la produzione di conserve, tra cui la tushjonka (carne in scatola) e la sgushjonka (latte condensato). () Carne e pesce conservato erano consigliati come base per pranzi e cene, mentre le conserve di frutta e di verdura (tra cui il mitico “caviale” di zucchini o melanzane, spesso oggetto di ironia) erano un ottimo sostituto dei prodotti freschi durante la stagione fredda. Nel ricettario sovietico si proponeva per esempio di cucinare le polpette surgelate con un contorno di piselli in scatola e di servirci insieme un’insalata di granchi conservati, con la maionese. E al posto del brodo, che ha bisogno di molte ore per la preparazione, si iniziò a usare un concentrato in polvere da sciogliere con l’acqua bollente.
Le tecnologie per produrre industrialmente il salame, Mikojan le vide in opera a Chicago. Già in quello stesso 1936 a Mosca aprì i battenti la prima fabbrica del Paese per la produzione di salame cotto con bassa percentuale di grasso e alto contenuto di proteine. Nella ricetta c’erano solo ingredienti naturali (come in molti prodotti di quei tempi) e i medici prescrivevano questo affettato ai malati, soprattutto a chi aveva patito a causa della carestia. Per questo prese il nome di “doktorskaja” (“del dottore”). Qui la sua storia.
Nella prima edizione del ricettario sovietico venivano chiamati “kornfleks”, nome preso pari pari dall’inglese “corn flakes”. Questo prodotto americano ebbe grande successo tra i consumatori sovietici e anno dopo anno la produzione di colazioni secche aumentava.
Dopo il suo viaggio negli Stati Uniti negli anni Cinquanta, Nikita Khrushchev cercò di fare del granturco la coltivazione principale dell’Urss. E sul mercato furono introdotti pane di mais, patatine di mais e così via. Ma il clima russo non era adatto per il granturco. A metà degli anni Sessanta il raccolto andò alcune volte di seguito quasi interamente perduto e la produzione di mais e dei suoi derivati diminuì sensibilmente.
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