Il Monastero della Trinità di San Sergio, a 70 chilometri da Mosca, fu fondato da Sergio di Radonezh, uno dei santi più venerati in Russia. Sergio creò un tipo di monachesimo fondamentalmente nuovo e il suo monastero divenne il centro spirituale dell’antica Russia e uno dei principali santuari russi: l’icona della “Trinità” di Andrej Rubljov fu realizzata appositamente per questo monastero.
Oggi questa lavra (con “lavra”, a volte reso “laura” in italiano, si indicano i più grandi e i più importanti monasteri della Chiesa ortodossa russa) è il principale monastero russo, e non è stato chiuso nemmeno in epoca sovietica: le autorità lo avevano lasciato come una sorta di “vetrina” dell’Ortodossia russa per gli stranieri. Nel 1993, l’insieme architettonico del Monastero della Trinità di San Sergio è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
Inoltre, il Monastero della Trinità di San Sergio è uno dei luoghi più visitati della Russia (dopo la Piazza Rossa, Peterhof e il Cremlino di Kazan). Ogni anno vengono qui circa 2 milioni di persone!
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Alla fine del XVIII secolo, nel villaggio di Diveevo (oggi nella Regione di Nizhnij Novgorod) la Vergine Maria apparve alla suora Aleksandra e le ordinò di fondare qui un monastero. Nacque così la comunità monastica femminile di Diveevo, il cui patrono divenne Serafino di Sarov, che in futuro sarebbe diventato uno dei santi russi più venerati. Dopo la sua morte, il monastero divenne noto come Serafimo-Diveevskij.
Durante l’epoca sovietica il monastero fu chiuso, ma le monache continuarono a condurre uno stile di vita monastico e a svolgere in segreto funzioni religiose. Nel 1988 il monastero iniziò a rinascere e le reliquie di Serafino di Sarov, che per molti anni erano state conservate nel Museo dell’Ateismo, furono trasferite qui.
Per visitare il monastero e venerare le reliquie di Serafino di Sarov arrivano ora ogni anno circa 400 mila persone.
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La piccola isola di Kizhi, nel lago Onega, è famosa in tutto il mondo grazie al complesso di edifici in legno dei secoli XVIII-XIX. L’edificio più famoso dell’isola di Kizhi è la Chiesa della Trasfigurazione del Signore, costruita tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo. Il suo tetto a gradoni è coronato da 22 cupole. Secondo la leggenda, il falegname Nestor costruì la chiesa senza utilizzare neppure un solo chiodo e, una volta terminata, gettò la sua ascia nel lago affinché nessuno potesse ripetere una simile creazione (oggi, tuttavia, nella chiesa si trovano chiodi provenienti da restauri successivi). All’interno della chiesa è stata recentemente restaurata l’iconostasi scolpita su quattro ordini.
Esistono leggende sui miracoli che nel XVI secolo furono compiuti qui dal futuro abate del monastero di Solovetskij e metropolita Filipp ancora prima della sua tonsura. Egli era un bracciante assunto da un contadino locale e pescava persino gli storioni (pesci che qui non ci sono) nel lago Onega.
Ci sono molte altre leggende su come i futuri santi si recassero alle Solovki e sulla strada si fermassero a Kizhi. Anche le autorità sovietiche non toccarono Kizhi e, comprendendo immediatamente l’importanza culturale e storica del pogost, nel 1920 lo misero sotto la protezione dello Stato come monumento architettonico. Nel 1990 il Pogost di Kizhi è stato inserito nella lista del Patrimonio mondiale dell’Unesco. Kizhi è anche incluso nell’elenco statale degli oggetti di particolare valore del patrimonio culturale dei popoli della Federazione Russa.
Nel 2022 l’isola è stata visitata da più di 360 mila persone, e ogni anno il numero di turisti e pellegrini sull’isola non fa che aumentare, nonostante le difficoltà di accesso (in estate è necessario andare in traghetto, in inverno in hovercraft).
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Alla fine del XIV secolo, un discepolo di Sergio di Radonezh, il monaco Kirill Belozerskij (Cirillo di Beloozero), raggiunse a piedi queste terre settentrionali e fondò un monastero sulle rive del lago Siverskoe, poi ribattezzato in suo onore. Secondo la leggenda, il luogo di fondazione del monastero fu indicato a Cirillo dalla Madre di Dio in persona, e le forze superiori lo salvarono più volte dalla morte. Per il suo ascetismo e le sue imprese monastiche fu annoverato tra i santi. Le sue reliquie sono tra le più importanti del monastero.
Il monastero di di San Cirillo di Beloozero, con le sue possenti mura, è uno dei più grandi della Russia e dell’intera Europa. Qui si sono conservate le chiese della fine del XV-XVI secolo ed è una delle attrazioni più importanti della Regione di Vologda.
Dal 1997 il complesso del Museo di San Cirillo di Beloozero è stato inserito nell’elenco statale degli oggetti di particolare valore del patrimonio culturale dei popoli della Federazione Russa. E dal 2000 un ramo del museo – il Monastero di Ferapontov, dove si sono conservati affreschi unici di Dionisio dell’inizio del XVI secolo – è diventato patrimonio mondiale dell’Unesco. Ogni anno 330 mila persone visitano il museo e il monastero.
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La storia del monastero inizia nel 1473. Il primo monaco si stabilì nelle grotte locali e vi costruì una chiesa in onore della festa della Dormizione della Madre di Dio. Con il tempo, il monastero formò un’intera rete di grotte dove i monaci venivano sepolti e le loro reliquie rimanevano incorruttibili.
È stato uno dei pochi monasteri che non ha chiuso durante l’era sovietica, quindi è lì che andava chi voleva farsi monaco. Tra queste persone c’erano anche molti veterani della Seconda guerra mondiale. Ioann (Krestjankin), un anziano molto venerato, visse lì per circa quarant’anni. Un altro famoso abitante del monastero, l’attuale Metropolita Tikhon (Shevkunov) di Pskov, ha raccontato la vita quotidiana e i miracoli del monastero nel suo bestseller del 2011 “Nesvjatye svjatye” (pubblicato in italiano da Rubbettino con il titolo “Santi di tutti i giorni”).
Nel 2022 il monastero al confine con l’Estonia è stato visitato da circa 230 mila turisti e pellegrini.
La data esatta di fondazione del monastero sull’isola di Valaam, nel lago Ladoga, è sconosciuta, ma molto probabilmente i monaci vivevano qui già nel X secolo. Secondo la leggenda, addirittura l’apostolo Andrea visitò il monastero.
La storia del monastero risale al XIV secolo, ma a causa dell’attacco svedese fu abbandonato e fu restaurato solo per ordine di Pietro il Grande, quando l’imperatore iniziò a costruire San Pietroburgo e a sviluppare le terre conquistate.
Il complesso fu danneggiato durante la Guerra d’inverno (tra Urss e Finlandia, nel 1939-40), quando tutti i monaci furono evacuati, mentre durante la Seconda Guerra Mondiale gli edifici del monastero furono utilizzati come scuola per ragazzi e poi come casa per disabili. Le funzioni religiose sono riprese qui solo nel 1989.
Valaam è sempre stata una destinazione popolare per il pellegrinaggio e il turismo. Nel 1996 l’arcipelago di Valaam è stato inserito nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco. Anche se è possibile giungere qui solo in barca o con la nave veloce “Meteor”, ogni anno arrivano fino a 160 mila turisti e pellegrini.
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L’arcipelago delle Isole Solovetskie, nel Mar Bianco, divenne famoso nel XX secolo per l’apertura di uno dei primi Gulag. I prigionieri vivevano proprio nei templi del monastero, su cuccette, fissate a più livelli. E qui le guardie del campo organizzavano anche le fucilazioni.
Dopo la chiusura del carcere vennero aperti qui una scuola per mozzi della Marina e un museo, mentre nel 1988 è stata ricostituita la parrocchia e sono riprese le funzioni. Da allora il monastero è stato accuratamente restaurato.
Questo luogo ha una lunga storia di grandi imprese spirituali e monastiche. Iniziò con alcuni eremiti che vagavano per isole remote. Zosima e Savvatij delle Solovetskie, che fondarono il monastero nel XV secolo, furono poi annoverati tra i santi. Le loro reliquie sono una delle principali attrattive di questo luogo. Nel XVII secolo il monastero fu l’ultima roccaforte dei Vecchi Credenti, che qui resistettero per quasi vent’anni alla riforma della Chiesa e si difesero dietro le possenti mura.
Nel 1992, Solovki è stata inserita nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco e negli archivi statali dei siti culturali di particolare valore in Russia. E se prima della pandemia il remoto arcipelago era visitato da circa 20 mila turisti e pellegrini all’anno, nel 2022 questa cifra ha raggiunto le 60 mila unità. A causa della lontananza delle isole, l’accesso ai turisti è permesso solo nella stagione calda.
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