Vi racconto i miei viaggi sui treni russi, dove il tempo si ferma e la vita diventa un’avventura

Russia Beyond (Archivio personale, Legion Media)
Più che un viaggio è un’esperienza. Più che passeggeri, ci si scopre umani, pronti a condividere e ad ascoltare racconti di vita con gli sconosciuti del vagone. Ecco cosa vuol dire attraversare il paese più grande del mondo in un treno di terza classe

Quarantacinque giorni di viaggio in treno attraverso la Siberia, su e giù dai vagoni di terza classe, dentro e fuori da vecchie stazioni ferroviarie di provincia. È l’avventura epica che ho avuto il piacere di vivere in Russia nel 2003, insieme alla mia amica Olga. E oggi, quasi due decenni e una pandemia dopo, la rivivo ancora con l’emozione di allora, ripensando a quei momenti come fosse ieri. 

Partimmo in traghetto dall’isola di Sakhalin verso il continente russo, e lì iniziò la nostra traversata in treno nel cuore della Russia centrale. Scendemmo giù, fino a Voronezh, e poi di nuovo a nord, per ammirare il monastero di Valaam, in Carelia. All’epoca i viaggi in treno offrivano ai passeggeri diversi livelli di comfort e l’opzione più modesta - ma anche più autentica - era quella del “platskart”, il vagone dormitorio, che noi condividemmo con una cinquantina di altri passeggeri nel tragitto da Irkutsk a Novosibirsk. 

A distanza di anni la nostra voglia di viaggiare non è diminuita e così poche settimane fa ci siamo rimessi in cammino, o meglio , “sulle rotaie”, e in treno abbiamo attraversato la Russia meridionale, andando da Astrakhan a Volgograd (sei ore di treno) e poi da Volgograd a Sochi (22 ore). 

LEGGI ANCHE: Com’è la vita su un treno della Transiberiana? Con queste foto lo capirete 

Vaste e vuote distese di terra

È difficile non notare la puntualità dei treni russi: siamo partiti da Astrakhan esattamente quando le lancette hanno segnato le 16:40. Come di consueto, sulle pareti c’era la mappa del tragitto con gli orari di arrivo e di partenza di ogni fermata.  

Dato che il viaggio verso Volgograd è stato davvero breve per gli standard russi (sei ore e nove minuti), non abbiamo avuto molte occasioni di interazione con i nostri compagni di viaggio. Ma sono rimasto colpito dall’immensità dei fiumi che scorrevano fuori dal finestrino, dalle vaste distese di campagna, dall’imponente ponte sul fiume Akhtuba.

Dopo essere partiti da Astrakhan, non abbiamo incrociato più segno di vita umana se non vicino alle piccole stazioni di provincia. Mentre osservavo il sole morire all’orizzonte, ho infilato le cuffiette nelle orecchie per ascoltare il poema sinfonico di Aleksandr Borodin “Nelle steppe dell'Asia centrale”, lasciandomi andare ai miei pensieri e immaginando come fosse la vita qualche secolo fa tra queste distese sconfinate.  

Al culmine del crepuscolo, Olga ed io abbiamo brindato alla vastità della Russia, facendo tintinnare i nostri bicchieri di vetro infilati dentro il “podstakannik”, il tradizionale portabicchieri da sempre distribuito sui treni russi. 

LEGGI ANCHE: Come fanno i treni in Russia a circolare regolarmente con tutta quella neve? 

Nuove amicizie 

Lo stereotipo russo secondo il quale le persone non parlano con gli sconosciuti non vale affatto sui treni: qui, dondolando al cigolio delle rotaie, con il paesaggio che scorre veloce dai finestrini, la chiacchiera viene facile. Provate voi, infatti, a trascorrere giorni interi dentro a un vagone (come abbiamo detto, i viaggi in Russia possono durare a lungo) senza scambiare due parole con nessuno. 

Questa tratta del nostro viaggio è iniziata a Volgograd, dove siamo saliti a bordo del treno Krasnoyarsk-Adler Express, diretti a Sochi, lungo una linea che collega una città situata nel cuore della Siberia a un’altra città turistica affacciata sul Mar Nero. 

Quando abbiamo acquistato i biglietti, Olga era terrorizzata all’idea di ritrovarsi a condividere il vagone coupé (una cuccetta privata con quattro posti letto) con una coppia di uomini ubriaconi, che avrebbero bevuto vodka e mangiato pollo fritto per tutto il tragitto. Con grande sollievo della mia amica, alla partenza abbiamo scoperto che nel coupé insieme a noi c’era invece una giovane donna, sofisticata e amichevole, che si stava trasferendo con la figlia di sette anni da un villaggio della regione di Orenburg, vicino al confine con il Kazakistan, a Gorjachij Kljuch (letteralmente “sorgente calda” in russo), una città turistica nota per le sue terme.  

La signora ci ha raccontato con orrore che il suo piccolo villaggio era stato colpito pesantemente dalla pandemia; lei, insieme alla figlia, era stata una delle prime a vaccinarsi, ma comunque non si sentiva tranquilla a stare lì.  

Con il passare delle ore, ci siamo resi conto che le preoccupazioni di Olga sui compagni di viaggio ubriaconi non erano del tutto infondate: in un coupé vicino al nostro i passeggeri hanno improvvisato una festa durata tutto il giorno; e uno dei molesti partecipanti, un signore sulla cinquantina, ha insistito fino all’ultimo affinché io mi unissi a loro. Ma non gliel’ho data vinta: ero molto più attratto dai racconti di vita siberiana condivisi dalle mie compagne di viaggio, che dalla bottiglia di vodka.

Le nostre avventure in treno

Il treno non era esattamente dei più confortevoli, specialmente se paragonato ad alcuni dei treni più moderni che attraversano le rotte più popolari della Russia centrale; ma era pulito e ragionevolmente spazioso. Anche i bagni erano immacolati e puliti regolarmente. Questo è ovviamente un fattore importante quando si considera un viaggio di diversi giorni. 

Abbiamo voluto provare il cibo servito a bordo, ma per arrivare al vagone ristorante abbiamo dovuto uscire dalle nostre cuccette e attraversare un lungo vagone “platskart”… e questa si è rivelata un’esperienza a sé! Il “dormitorio su ruote” era intriso da un mélange di odori, dall'alcool, al pesce secco, al pollo fritto… attraversando quel vagone, tra piedi penzolanti e persone in canottiera, ci siamo resi conto quanto fossimo stati fortunati ad esserci accaparrati gli ultimi due biglietti coupé rimasti! 

Il vagone ristorante era vuoto e aveva un'eleganza d'altri tempi. È stato meraviglioso concedersi un pasto caldo e saporito osservando dal finestrino il paesaggio mutevole della sconfinata Russia. Abbiamo ordinato un menu speciale che comprendeva borsch, un'insalata, pasta e una bevanda analcolica. La pasta non era un granché, ma nel complesso il pranzo si è rivelato più che soddisfacente. E anche se non eravamo all’interno di un treno di lusso, il servizio è stato ben al di sopra delle nostre aspettative. 

LEGGI ANCHE: Cosa si vede dal finestrino del treno durante il percorso della Transiberiana? 

Una fermata inattesa 

Il nostro treno ha corso quasi parallelamente al canale Volga-Don per un po’, così siamo riusciti ad ammirare da vicino questo canale artificiale che collega i due fiumi. Ma mano che proseguivamo in direzione sud-ovest, il paesaggio simile alla steppa lasciava posto a terreni agricoli coltivati. 

Lungo il tragitto era prevista una fermata di 96 minuti in una piccola stazione chiamata Kavkazskaya; il capotreno ci ha detto che fuori dalla stazione c’erano dei bei caffè, e così abbiamo deciso di approfittare della pausa per scendere e sgranchire le gambe. Siamo stati accolti da un elegante edificio in mattoni rossi, e girato l’angolo, ci siamo infilati in un ristorantino dove abbiamo fatto due piacevoli chiacchiere con il cameriere, il quale ci ha spiegato che la città, in realtà, si chiamava Kropotkin, in omaggio al geografo, zoologo, militante e teorico dell'anarchia russo Piotr Kropotkin, e che solo la stazione ferroviaria si chiamava Kavkazskaya. Per quanto fossimo tentati di spingerci in centro per ammirare la città, abbiamo contenuto il nostro desiderio e siamo tornati in carrozza subito dopo cena, per evitare di perdere il treno. 

Qualche ora dopo, abbiamo salutato le nostre piacevoli compagne di viaggio, la signora sofisticata con la sua bambina, e abbiamo proseguito il nostro cammino, cullati dallo sferragliare delle ruote sui binari. 

Verso le 6 del mattino, quando eravamo entrambi sprofondati in un sonno profondo, l’addetto al vagone ha bussato alla nostra porta per avvisarci che stavamo entrando nella stazione di Sochi: se non ci avesse svegliato, avremmo perso la fermata e saremmo arrivati fino al capolinea!

LEGGI ANCHE: “Professione: provodnitsa”, le foto di 15 ragazze che lavorano sui treni russi   

Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie