Qual è stato il destino degli uomini che parteciparono all’esecuzione della famiglia Romanov?

Mary Evans Picture Library/Global Look Press
Alcuni di loro occuparono posizioni di rilievo nell’amministrazione statale, nella polizia e nei servizi segreti e vissero fino alla pensione. Altri morirono durante il “Grande Terrore” staliniano della fine degli anni Trenta; uno fu ucciso dai Bianchi pochi giorni dopo il massacro

La notte del 17 luglio 1918, nei sotterranei della Casa Ipatjev di Ekaterinburg, l’ultimo imperatore russo, Nicola II, fu fucilato insieme alla moglie, alle figlie e al figlio, oltre a numerosi collaboratori e servitori. 

La decisione di giustiziare il monarca fu presa dal Presidium del Consiglio Regionale degli Urali dei Deputati degli Operai, dei Contadini e dell’Armata Rossa, l’organo del potere sovietico negli Urali, che oltre ai bolscevichi comprendeva anarchici e membri del Partito Socialista Rivoluzionario di Sinistra. 

Il motivo era la possibile presa della città da parte dei Bianchi (che effettivamente avvenne il 25 luglio) e il pericolo che l’ex zar cadesse nelle mani delle forze controrivoluzionarie. Per “non lasciare alcun vessillo” ai sostenitori della restaurazione della monarchia, furono fucilati tutti i membri della famiglia.

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L’esecuzione dei collaboratori e dei servitori dei Romanov non era inizialmente prevista, ma poi si decise che se avessero voluto rimanere con la famiglia reale, avrebbero dovuto condividerne il destino.

È ancora discusso il ruolo svolto da Lenin e dalla leadership bolscevica a Mosca in questo evento. Non si sa con certezza se diedero un ordine tacito per l’esecuzione o se furono messi davanti al fatto compiuto.

Chi partecipò all’uccisione dei Romanov e quale fu il destino delle persone che avevano trucidato la famiglia imperiale?

1 / Jakov Jurovskij

Il comandante della casa Ipatjev, il membro della Cheká (dalla pronuncia delle due lettere russe ЧК, abbreviazione di Chrezvychajnaja komissija, “Commissione straordinaria”; la prima polizia segreta sovietica, attiva dal dicembre 1917 al 1922) Jakov Jurovskij supervisionò direttamente l’esecuzione dell’imperatore. Dopo aver lavorato nella Cheka, passò al Commissariato del Popolo per gli Affari Esteri, e ricoprì anche incarichi di responsabilità presso lo stabilimento “Krasnyj Bogatyr” (che produceva scarpe di gomma) e presso il Museo Politecnico.

Il 2 agosto 1938 Jurovskij morì a Mosca per un’ulcera duodenale.

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2 / Mikhail Medvedev (Kudrin)

Il chekista Medvedev, membro delle guardie di sicurezza della Casa Ipatjev, fu il primo ad aprire il fuoco non appena Jurovskij declamò la condanna a morte.

Medvedev divenne tenente colonnello dell’Nkvd (Commissariato del popolo per gli affari interni) e morì a Mosca nel 1964. Scrisse delle memorie sulla sua partecipazione all’esecuzione dei Romanov, che non furono mai pubblicate e sono ora conservate presso l’Archivio di Stato russo di storia sociale e politica.

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3 / Aleksandr Beloborodov

Beloborodov, presidente del comitato esecutivo del Soviet regionale degli Urali, firmò la condanna a morte emessa dal Soviet contro Nicola II. Negli anni successivi occupò alte posizioni nelle autorità sovietiche e nel 1919 rivendicò persino l’alta carica di presidente del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia. Alla fine fu superato da Mikhail Kalinin.

Nella lotta interna al Partito, Beloborodov sostenne Lev Trotskij, per cui nel 1927 fu espulso dal Partito ed esiliato ad Arkhangelsk. Tre anni dopo ricevette la grazia quando dichiarò di aver rotto con il trotskismo.

Beloborodov morì durante il “Grande Terrore”. Nel 1938 fu fucilato insieme alla moglie.

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4 / Filipp Goloshchekin

Membro del Sovet regionale degli Urali, Goloschekin partecipò direttamente alla decisione della condanna a morte di Nicola II. Dal 1925 al 1933 ricoprì una delle posizioni più importanti nella Repubblica Socialista Sovietica Autonoma Kazaka, dove attuò in modo rigorosissimo la politica della Collettivizzazione. La carestia che ne derivò fu soprannominata “carestia Goloshchekin”.

Nel 1939, Filipp Goloshchekin fu arrestato con l’accusa di simpatizzare per il trotskismo, di aver esagerato con la collettivizzazione, di preparare un atto terroristico e altro. Il 28 ottobre 1941 fu fucilato nei pressi di Kujbyshev (oggi, Samara).

5 / Georgij Safarov

Come membro del Presidium del Comitato Regionale degli Urali, Georgij Safarov decise il destino della famiglia reale. In seguito, durante la lotta per il potere all’interno del Partito, sostenne Grigorij Zinovjev e Lev Trotskij.

Nel 1937 Safarov fu arrestato e trascorse cinque anni in un gulag. Il 27 luglio 1942 fu fucilato “per attività terroristica trotskista antisovietica”.

6 / Grigorij Nikulin

Nikulin era l’assistente di Jurovskij nella Casa Ipatjev e fu direttamente coinvolto nell’esecuzione. Nei primi anni dopo la fine della Guerra civile, si dedicò alla lotta contro il crimine e per un certo periodo fu persino a capo del Dipartimento di Investigazione Criminale di Mosca.

Dal 1924, Nikulin fu impiegato nella sfera dell’economia nazionale. Fino alla sua morte, avvenuta nel 1965, lavorò nel Dipartimento per l’approvvigionamento idrico e le fognature del Comitato esecutivo della città di Mosca.

7 / Pjotr Ermakov

Ermakov, comandante dell’Armata Rossa, uccise i sopravvissuti tra i Romanov a colpi di baionetta. Negli anni successivi, ricoprì incarichi di alto livello nelle forze di polizia di Omsk ed Ekaterinburg e lavorò anche come ispettore dei centri di detenzione negli Urali.

Durante la Seconda guerra mondiale, Ermakov comandò la milizia popolare nel distretto Molotovskij di Ekaterinburg. Morì di cancro il 25 maggio 1952.

8 / Viktor Netrebin

Il diciassettenne Netrebin fu il più giovane partecipante alla fucilazione. In seguito lavorò come corrispondente del giornale “Uralskij Rabochij” e scrisse anche un libro di memorie dal titolo “Ricordi del partecipante alla fucilazione dei Romanov Netrebin Viktor Nikiforovich”.

Nel 1935 si perdono le sue tracce.

9 / Isaj Rodzinskij

Dopo l’esecuzione della famiglia reale, l’ufficiale della Cheka Isaj Rodzinskij combatté per qualche tempo sui vari fronti della Guerra civile e prestò servizio negli organi giudiziari straordinari: i Tribunali militari rivoluzionari.

Alla fine degli anni Trenta cambiò completamente la sua sfera di attività, ritrovandosi nell’economia nazionale e nell’amministrazione statale. Durante il “Grande Terrore” trascorse tre anni in prigione, ma sopravvisse.

Rodzinskij visse fino al 1987. Nel 1964 registrò un’ampia intervista sull’uccisione della famiglia reale, in cui raccontò come lo Tsesarevich Aleksej “si era beccato undici pallottole”.

10 / Stepan Vaganov

“Vaganov finì le figlie dello zar: giacevano in un mucchio sul pavimento e gemevano, moribonde… Vaganov continuò a sparare a Olga e Tatjana… Credo che nessuno di noi abbia colpito la cameriera. Si è accasciata a terra, nascondendosi tra i cuscini. Una delle guardie, Vaganov, le ha poi trapassato la gola con la baionetta…”, così Pjotr Ermakov ha ricordato la partecipazione all’esecuzione dei Romanov del marinaio Stepan Vaganov. 

Vaganov era il principale assistente di Ermakov nella Casa Ipatjev. Non riuscì a lasciare Ekaterinburg prima dell’arrivo dei Bianchi e si nascose nella cantina di una delle case. Alla fine fu trovato, trascinato fuori e ucciso immediatamente.


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