Trotskij, da eroe a “traditore” della Rivoluzione: il triste destino del fondatore dell’Armata Rossa

Legion Media
Ebbe un ruolo chiave nella presa del potere da parte dei bolscevichi, ma poi finì in disgrazia. Stalin lo fece uccidere a colpi di piccozza, condannandolo all’oblio sui libri di storia e facendo diventare l’epiteto di “trotzkista” un’accusa che poteva portare davanti al plotone d’esecuzione

Lev Trotskij (1879-1940) è stato uno dei più accaniti fautori della Rivoluzione russa. Ha sopportato di tutto: esili e arresti, feroci lotte intestine al partito e ricoperto alte cariche. Infine ha patito l’esilio, l’uccisione e la damnatio memoriae.

Un ottimo giovane bolscevico

Trotskij iniziò il suo lavoro rivoluzionario da molto giovane. Già all’età di 17 anni (nel 1896) divenne membro di un circolo rivoluzionario e condusse opera di propaganda tra gli operai. Seguirono due anni di prigione, l’esilio in Siberia e la fuga all’estero.  Nel 1902, Trotskij incontrò Lenin e altri importanti rivoluzionari a Londra. In seguito, Lunacharskij, compagno di partito di Trotskij, lo ricordò così: “Trotskij impressionava il pubblico straniero con la sua eloquenza, l’istruzione, notevole per la giovane età, e il suo aplomb… I giovani non lo prendevano molto sul serio, ma tutti riconoscevano il suo eccezionale talento oratorio e, naturalmente, sentivano che non era un pollo, ma un’aquila”.

Lev Trotskij da giovane

In seguito Trotskij utilizzò il suo eccezionale talento oratorio a beneficio della Rivoluzione: pubblicò attivamente sui giornali rivoluzionari “Iskra” (ossia: “La Scintilla”) e “Pravda” (ossia: “La Verità”) e si impegnò nel lavoro di agitazione politica. I suoi discorsi infuocati venivano citati e registrati. Più tardi, durante la Rivoluzione, fu Trotskij a convincere le ultime unità militari vacillanti a schierarsi con i bolscevichi.

L’influenza e l’autorità di Lenin impedirono a Trotskij di crescere in popolarità. Era chiamato il “randello” (in russo: “dubínka”) di Lenin, insinuando che stesse solo eseguendo, e con durezza, i suoi ordini. Col tempo, tuttavia, Trotskij si guadagnò il rispetto dei suoi compagni di partito, acquistando credibilità e iniziando talvolta a criticare persino Lenin.

Capo della rivolta armata

Grazie al lavoro di mitopoiesi del regime sovietico, l’uomo comune dello spazio post sovietico, al solo nominare la Rivoluzione d’Ottobre si vede davanti l’immagine di Lenin sull’autoblindo. Tuttavia, al momento della Rivoluzione di Febbraio, Lenin non era in Russia. Si trovava all’estero e da lì partecipava al processo decisionale relativo alla rivolta armata, ma non era il suo comandante diretto. E anche in quella di Ottobre a comandare le operazioni era Trotskij. Fu lui che, il 9 ottobre 1917 (secondo il vecchio calendario), diede il via alla creazione del Comitato militare rivoluzionario, che divenne la forza trainante della rivolta, mentre Lenin in incognito rientrava da Helsinki (allora la Finlandia era parte dell’Impero Russo), dove si era nascosto alcuni mesi prima.

Lo scopo del comitato era quello di unire le forze rivoluzionarie per un’insurrezione armata, fornire a tutte le unità di combattimento le armi e gestire l’operazione di conquista della capitale, Pietrogrado (oggi San Pietroburgo). Per il successo dell’insurrezione, il Comitato militare rivoluzionario doveva attirare dalla sua parte la guarnigione di Pietrogrado, la principale unità militare di stanza nella capitale. Grazie al talento propagandistico di Trotskij, la guarnigione si unì ai rivoluzionari. Sotto la guida diretta di Trotskij, aveva il compito di occupare l’ufficio postale centrale, le stazioni ferroviarie, la Banca di Stato, le centrali telefoniche e altre strutture strategiche, tra cui il Palazzo d’Inverno, dove aveva sede il governo provvisorio. Il 25 ottobre del vecchio calendario (7 novembre) questo piano venne attuato con successo.

Le forze armate si dirigono verso il Palazzo d'Inverno. Ottobre 1917

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“Se non fossi stato a Pietrogrado nel 1917, la Rivoluzione d’Ottobre avrebbe avuto luogo lo stesso, con la presenza e la guida di Lenin. Ma se né io né Lenin fossimo stati a Pietrogrado, non ci sarebbe stata la Rivoluzione d’Ottobre”, ricordò in seguito Trotskij.

Lenin arrivò al quartier generale bolscevico di Palazzo Smolnyj quando tutto era già stato deciso. La sera del 25 ottobre, subito dopo la presa del Palazzo d’Inverno e il rovesciamento del governo provvisorio, si aprì il Congresso dei Soviet, un’assemblea che decideva le questioni più importanti del nuovo Stato. Lenin chiese a Trotskij di guidare il nuovo organo di potere, il Consiglio dei Commissari del Popolo, ma egli rifiutò, dando il primato a Lenin, e divenne Commissario del popolo (ministro) per gli Affari Esteri.

Il primo Consiglio dei Commissari del Popolo

La caduta e l’uccisione

Come primo ministro degli Esteri della nuova Russia (incarico che mantenne per pochi mesi, prima di lasciare il posto al bolscevico di origini nobili Georgij Chicherin), (https://it.rbth.com/storia/87001-da-lenin-a-dzerzhinskij-ecco) Trotskij riuscì a far pubblicare i trattati segreti del governo zarista (i funzionari del vecchio ministero avevano sabotato il processo). 

Tuttavia, Trotskij (e i suoi seguaci) non riuscirono a far accettare alle potenze capitaliste termini onorevoli della pace nella Prima Guerra Mondiale e il riconoscimento della Russia sovietica. Trotskij non era d’accordo con i termini del Trattato di Brest-Litovsk che, per ordine di Lenin, fu concluso il 3 marzo 1918 con la Germania e permise al Paese di ritirarsi dalla guerra. Dopo la breve carica di Commissario per gli Affari esteri, Trotskij venne nominato Commissario per gli Affari militari e marittimi. Sotto la sua guida, la disorganizzata Armata Rossa divenne una oliata macchina da guerra e raggiunse un punto di svolta nella Guerra civile. I metodi di Trotskij erano piuttosto spietati: se uno dei reggimenti abbandonava la posizione, non solo il comandante ma anche un combattente ogni dieci veniva giustiziato.

Lev Trotskij tiene un discorso davanti ai soldati dell'Armata Rossa

“Non si può costruire un esercito senza repressione. Non si possono condurre a morte le masse di persone senza avere la pena di morte tra le leve del comando”, scrisse in seguito lo stesso Trotskij. I suoi compagni d’arme erano disposti ad ammettere che in condizioni di guerra e di forte instabilità i metodi di Trotskij alla guida dell’esercito erano giustificati, ma nelle questioni di Stato il suo radicalismo cominciò a spaventare anche i suoi ex alleati. La situazione per Trotskij era aggravata dalla malattia di Lenin, la cui opinione non poteva essere messa in discussione e che lo stimava molto. Ma era ormai chiaro a tutti che il capo del partito stava per morire. All’interno del movimento scoppiò una feroce lotta per il potere tra Stalin e Trotskij.

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Stalin, in qualità di segretario generale del partito (dal 3 aprile 1922), riuscì a mettere le persone di cui aveva bisogno nelle posizioni chiave. Ben presto si formò intorno a lui un’enorme “coalizione”, pronta a sostenere qualsiasi sua decisione, e tutti i sostenitori di Trotskij furono progressivamente rimossi dalle loro cariche. Trotskij perse questo confronto e gli vennero presto rinfacciati tutti gli errori del passato. Fu screditato pubblicamente e accusato di aver deviato dalla politica del partito. Nel 1927, questo stretto collaboratore di Lenin e leader della Rivoluzione d’ottobre fu espulso dal partito e nel 1929 fu condannato all’esilio.

Riproduzione di un ritratto di Troskij mentre tiene un discorso nel suo studio, a Città del Messico, Messico

Grazie all’impegno di Stalin, non solo tutti i meriti rivoluzionari di Trotskij furono dimenticati, ma egli divenne un “nemico del popolo” e la parola “trotskista” assunse un significato infamante. Con l’accusa di trotskismo potevano metterti in prigione o fucilarti in Unione Sovietica.

Nel 1940, Trotskij, che allora viveva in Messico, fu braccato su ordine di Stalin e ucciso con un colpo di piccone alla testa da un agente dei servizi segreti sovietici di origini spagnole, Ramón Mercader (1913-1978).

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