Il nobile più famoso che percorse la strada della lotta rivoluzionaria e alla fine si ritrovò a guidare il primo “Stato socialista degli operai e dei contadini” del mondo fu Vladimir Lenin (nato Vladimir Uljanov). Suo padre, Ilja Uljanov, nel 1877 fu insignito del rango di Consigliere di Stato, che garantiva la nobiltà ereditaria a lui, a sua moglie e ai suoi figli.
Ma Lenin godeva di sangue nobile anche da parte materna: negli anni ‘40 dell’Ottocento, suo nonno, Aleksandr Blank, salì al rango di Consigliere di Corte e, avendo ricevuto il diritto alla nobiltà ereditaria, acquistò la tenuta di Kokushkino, nella provincia di Kazan.
“Anch’io ho vissuto nella casa padronale che apparteneva a mio nonno”, confessò Vladimir Ilyich al suo collega Mikhail Olminskij: “In un certo senso, anch’io sono figlio di un proprietario terriero. Sono passati molti anni da allora, ma non ho ancora dimenticato gli aspetti piacevoli della vita nella tenuta, i suoi tigli e i suoi fiori. Giustiziatemi. Ricordo con piacere come mi sdraiavo sul fieno falciato che non avevo tagliato, mangiavo fragole e lamponi che non avevo piantato, bevevo il latte fresco delle mucche che non avevo munto”.
Ben pochi bolscevichi potevano vantare un albero genealogico come Georgij Chicherin. Questo importante diplomatico sovietico discendeva dall’antica famiglia nobile russa dei Chicherin da parte di padre, e dalla famiglia baronale Meyendorff di Ostsee (Baltico) da parte di madre. Ciononostante, Georgij scelse la lotta socialista.
Per 12 anni, il diplomatico ereditario Chicherin diresse il dipartimento degli Affari Esteri del Paese, ricoprendo la carica di Commissario del Popolo (ministro) degli Affari Esteri, prima della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (RSFSR), poi, dal 1923, dell'URSS. Con il suo coinvolgimento diretto, il 3 marzo 1918 fu firmato il trattato di Brest-Litovsk con la Germania, e la Russia si ritirò dalla Prima guerra mondiale. Inoltre, giocò un ruolo chiave nel far uscire il Paese dall'isolamento internazionale in cui si trovava dopo la salita al potere dei bolscevichi.
“Chicherin è un lavoratore meraviglioso, coscienzioso, intelligente, competente”, disse Lenin di lui. “Tali persone dovrebbero essere apprezzate. La sua debolezza, cioè la mancanza di ‘leadership’, non è un problema. Mostratemi qualcuno che non abbia un lato debole!”.
Membro del governo sovietico, nonché tra i principali consiglieri economici di Stalin, Valerian Kujbyshev nacque a Omsk nella nobile famiglia del tenente colonnello Vladimir Kujbyshev e di sua moglie, la maestra Julia Gladysheva. Nonostante le nobili origini, la famiglia riusciva a malapena a sbarcare il lunario.
“Non solo la famiglia non era ricca, ma viveva al di sotto del reddito medio - disse Elena, sorella di Valerian -. I guadagni di nostro padre e di nostra madre erano sufficienti solo per vivere e crescere gli otto figli della famiglia. I vestiti e le scarpe venivano sempre tramandati dai figli più grandi a quelli più piccoli. Tutto veniva accuratamente ricucito e rammendato più volte”.
Kujbyshev supervisionò lo sviluppo dell'economia sovietica e guidò la spinta verso l'elettrificazione e l'industrializzazione. Tuttavia, non visse per vedere tutti i frutti del suo lavoro: morì nel 1936 per una trombosi coronarica a soli 46 anni.
Il suo nome è indissolubilmente legato alla nascita e all’ascesa dello stato di polizia sovietico. Figlio di un nobile polacco, proprietario della fattoria Dzerzhinovo (vicino a Minsk, nell’odierna Bielorussia), Feliks Dzerzhinskij divenne uno dei fondatori - nonché il primo capo - della Commissione straordinaria russa per la lotta alla controrivoluzione e al sabotaggio (Cheka), che precedette il KGB sovietico e l’FSB russo.
“Dzerzhinskij era il critico più duro delle sue creazioni…”, disse più tardi Vjacheslav Menzhinskij, socio e poi successore di Dzerzhinskij. “Smantellò e ricostruì costantemente la Cheka, riorganizzò di volta in volta il suo personale, la sua struttura e i suoi metodi. Per lui una cosa in particolare era importante: che la nuova forma organizzativa della Cheka, i suoi nuovi metodi e gli approcci, continuassero a perseguire l’obiettivo principale di combattere e sconfiggere la controrivoluzione…”, scrisse Menzhinskij.
Il “Feliks di ferro” fu uno degli ideologi e leader delle purghe di massa, conosciute come il Terrore Rosso, che lui stesso definì come “l'intimidazione, l'arresto e la distruzione dei nemici della Rivoluzione sulla base della loro affiliazione di classe o del loro ruolo nei passati periodi pre-rivoluzionari”.
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Il 5 marzo 1953, dopo la morte di Joseph Stalin, Georgij Malenkov subentrò come presidente del Consiglio dei Ministri dell’URSS e leader de facto dello Stato sovietico. Nobile di nascita, proveniva da una nota famiglia di ecclesiastici della città di Ohrid, nell’attuale Macedonia del Nord, alcuni dei quali erano emigrati in Russia.
Malenkov non rimase a lungo alla guida dello Stato: perse contro i suoi rivali politici meno di due anni dopo. “Ufficialmente è stato incolpato di vari errori politici”, commentò lo statista sovietico Mikhail Smirtjukov. “In realtà, i suoi compagni nella leadership semplicemente non gli perdonarono di aver cercato di prendere decisioni importanti senza consultarli. Come fece Stalin”.
All'inizio del 1955, Malenkov fu rimosso dal suo incarico da Nikita Khrushchev, ma servì per qualche tempo come ministro dell'Energia. Dopo un tentativo infruttuoso di ripagare Khrushchev in natura nel 1957, Malenkov fu espulso dal potere comunista ed “esiliato internamente” in Kazakistan. Morì il 14 gennaio 1988, non molto prima del crollo dell’Unione Sovietica.
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