Il Terrore Rosso fu una campagna di arresti di massa, deportazioni ed esecuzioni indirizzata ai controrivoluzionari durante la Guerra civile russa. Dichiarata ufficialmente il 5 settembre 1918 in una risoluzione speciale adottata dalla leadership dei bolscevichi, questa campagna affermava che “tutti coloro che avessero a che fare con organizzazioni Bianche, cospirazioni e rivolte sarebbero stati uccisi”.
La campagna venne ufficialmente abolita nell’arco di due mesi, ma il termine Terrore Rosso viene utilizzato per indicare tutte le repressioni politiche del governo sovietico nel corso della guerra civile in Russia: dall’ottobre del 1917, quando i bolscevichi rovesciarono il governo provvisorio, fino al 1922, quando l’intera opposizione venne eliminata.
Subito dopo essere saliti al potere, i bolscevichi non rivelarono una particolare crudeltà. I loro avversari venivano spesso rilasciati, salvo poi essere inseriti in cima alla lista dei loro peggiori nemici. Quando la lotta si fece più intensa, però, questo scenario cambiò radicalmente.
Il Terrore Rosso venne annunciato dai Bolscevichi subito dopo un attentato al proprio leader, Vladimir Lenin, il 30 agosto. Al termine di un discorso davanti agli operai di una fabbrica di Mosca, Lenin venne raggiunto da tre volpi di pistola.
Questo episodio fu seguito da una serie di omicidi e tentativi di colpire gli alti funzionari. Nel complesso, solamente nel luglio del 1918, mentre la Guerra Civile stava prendendo piede, furono assassinati nel paese 4.110 funzionari sovietici. I bolscevichi consideravano il Terrore Rosso la risposta legittima agli attacchi dei loro nemici.
Subito dopo il tentato omicidio di Lenin e l’uccisione del dirigente della Cheka Uritskij, 512 rappresentati della borghesia e delle classi alte fino a quel momento tenuti in ostaggio dai bolscevichi (una pratica ampiamente utilizzata all’epoca) furono uccisi a Pietrogrado. Nella seconda metà di settembre altre 300 persone vennero eliminate.
Il 5 settembre a Mosca quasi 80 persone vennero giustiziate pubblicamente. Fra coloro che finirono fucilati, c’erano anche due ministri degli Interni e l’ultimo presidente della camera alta del parlamento imperiale, Ivan Shcheglovitov.
Secondo gli storici, quell’autunno in tutto il paese vennero uccise tra le 1.600 e le 8.000 persone.
Non tutta la leadership bolscevica era allineata con la politica del terrore. Già in ottobre, molti funzionari del partito, fra cui un ministro degli Interni, chiedevano di fermare la repressione. Il 6 novembre questa campagna venne ufficialmente conclusa.
Ma più si avvicinava lo scoppio della guerra civile, più l’ondata di violenza sembrava rafforzarsi. E molti leader bolscevichi ricominciarono a sostenere la pratica del Terrore Rosso. “Bisogna sterminare le classi inutili. Non serve cercare le prove che una persona abbia agito contro i sovietici per mezzo di un atto o delle parole. La prima domanda da porsi è: a quale classe appartiene? Quali sono le sue origini? Quale la sua educazione, l’istruzione, la sua professione? Queste domande potranno definire il destino dell’imputato. È questo il senso del Terrore Rosso”, disse uno dei più influenti funzionari della Cheka, Martin Latsis.
Lenin rispose alle parole di Latsis definendole “delle assurdità”. E aggiunse che il compito non era quello di sterminare fisicamente tutta la borghesia, ma di eliminare le condizioni sociali che portarono alla formazione di questa classe sociale.
Le cifre variano molto. Secondo lo storico Sergej Volkov, tra il 1917 e il 1922 i bolscevichi fecero fuori almeno due milioni di persone. Dall’altro lato, gli storici che fanno riferimento ai materiali d’archivio degli organi responsabili delle politiche repressive, affermano che le vittime furono circa 50.000. Alcuni tendono a moltiplicare questa cifra per due, includendo le vittime delle rivolte contro il regime sovietico avvenute nelle campagne.
100.000 morti è un numero impressionante. Ma si tratta di una cifra incompleta, che non tiene conto di tutte le vittime della guerra civile, che si stima siano pari a 10 o 12 milioni di persone.
Ufficialmente, tra i motivi principali che causarono l’inizio della repressione bolscevica ci fu l’esistenza del Terrore Bianco. Quando la lotta ai bolscevichi si fece più intensa, nella metà del 1918, giunse anche la risposta dei comunisti.
Il numero di vittime della repressione dei bianchi non ha cifre precise. Risulta molto più difficile avanzare delle ipotesi, giacchè, a differenza dei rossi, i bianchi non avevano una struttura statale organizzata, ma erano solo delle forze in lotta contro i bolscevichi.
Non venne proclamata nessuna campagna ufficiale di terrore e per questo i crimini commessi dai Bianchi attirarono meno l’attenzione. Secondo molti storici, la repressione fu però pari a quella dei loro nemici comunisti.
Così come afferma l’autore di un recente studio, per mano dei Bianchi vennero uccise almeno 500.000 persone, anche se le stime degli storici indicano cifre minori.
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