Nel 1949 il ministro degli Esteri sovietico Andrej Vyshinskij (il secondo alla sinistra di Stalin) propose a Londra di parlare della possibilità che Mosca entrasse nella Nato
Evgenij Khaldej/SputnikAlla fine degli anni Quaranta, Iosif Stalin sondò il terreno allo scopo di aderire al Patto Atlantico, che era stato firmato il 4 aprile 1949. In seguito, circa un anno dopo la morte di Stalin, il 31 marzo 1954, l’Urss inviò ai governi di Usa, Gran Bretagna e Francia una nota ufficiale in cui chiedeva l’adesione alla Nato in nome del “consolidamento della pace universale”.
L’iniziativa sovietica fu categoricamente respinta dall’Occidente. Si credeva che l’intenzione dei sovietici fosse quella di minare l’alleanza dall’interno per espellere gli americani dall’Europa occidentale.
Veduta generale, scattata il 4 aprile 1949 a Washington, della cerimonia ufficiale per la firma del Trattato dell'Atlantico del Nord, che dette vita alla Nato
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Ciononostante, alla parte sovietica fu comunicato che, in via di principio, l’accordo era possibile. Per questo Mosca doveva però ritirare immediatamente le sue truppe dalla Germania e dall’Austria, chiudere le sue basi militari nell’Estremo Oriente del Paese e firmare un trattato sul disarmo. Condizioni che, ovviamente, erano inaccettabili.
I politici sovietici Nikita Khrushchev, Nikolaj Bulganin e Georgij Malenkov
APDopo il fallimento delle trattative, il governo sovietico espresse il suo rammarico per il fatto che gli alleati occidentali stessero favorendo la distensione soltanto a parole, ma non nei fatti. La reazione non si fece attendere: un anno dopo l’Urss creò una propria alleanza politico-militare, il Patto di Varsavia.
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