A sinistra: Vasilij Zajtsev (1915-1991), il più grande cecchino di Stalingrado. A destra l‘attore britannico Jude Law nei panni di Zajtsev nel film “Il nemico alle porte” del 2001
Mil.ru (CC BY 4.0); Jean-Jacques Annaud/Mandalay Pictures; Repérage Films, 2001“Osservare il comportamento del nemico è la mia passione. Per esempio, vedo un ufficiale nazista che esce da sotto la trincea fortificata; si dà le arie, con i gesti di chi è abituato a comandare manda a destra e sinistra i soldati che esaudiscono ogni sua sua volontà, i suoi desideri, il suo capriccio. Egli non sa però che gli restano pochi secondi di vita…”, scrisse il celebre tiratore scelto nel suo libro di ricordi “Non c’è terra per noi dietro il Volga!”
Vasilij Zajtsev uccise 242 soldati e ufficiali nemici. Non è il cecchino più letale della Seconda guerra mondiale, ma sicuramente è il tiratore scelto più famoso della battaglia di Stalingrado.
Già da ragazzo, Vasilij Zajtsev (1915-1991) era un ottimo tiratore. Suo nonno era un cacciatore esperto e spesso portava con sé il nipote nella foresta degli Urali. A 12 anni, Vasilij ebbe dal nonno, come regalo, il suo primo fucile da caccia.
Vasilij Zaitsev durante il suo periodo nella Marina Militare sovietica, nella Flotta del Pacifico
Foto d'archivioTuttavia, quando scoppiò la guerra, Zajtsev non era tiratore scelto, ma prestava servizio nel dipartimento Economia e finanze della flotta del Pacifico (aveva un diploma di ragioniere).
Molti marinai volevano andare al fronte per combattere il nemico e Zajtsev non fu un’eccezione: ben cinque volte il futuro eroe di Stalingrado chiese di essere mandato in prima linea. Alla fine, nell’estate del 1942, la sua richiesta fu esaudita.
“Per lunghi cinque anni avevo indossato con orgoglio la telnjashka [la maglietta a strisce bianche e blu dei marinai russi; ndr], preparandomi alla guerra sulle distese dell’oceano… Invece, ho dovuto combattere sulla terra”, scriveva Zajtsev.
Nel settembre del 1942 arrivò a Stalingrado nel quadro della 284ª divisione di fanteria, comandata dal tenente generale Vasilij Chujkov. All’inizio, prese parte ai combattimenti nelle strade della città come soldato semplice.
Vasilij Zajtsev fu trasferito dalla Marina in prima linea nell’Armata Rossa. Il 22 settembre 1942 fu assegnato al 2º Battaglione, 1047º Reggimento Fucilieri della 284ª Divisione Fucilieri, all’epoca parte della 62ª Armata Sovietica di stanza a Stalingrado dal 17 settembre. Presto divenne cecchino
Mil.ru (CC BY 4.0)LEGGI ANCHE: Vasilij Chujkov, il generale sovietico che fu il protagonista della vittoria a Stalingrado (FOTO)
Ben presto, però, il suo talento di tiratore fu notato. Un giorno, quando un gruppo di soldati sovietici stava controllando gli spostamenti dell’avversario, due tedeschi comparvero di fronte a loro. “Ho alzato il fucile e, quasi senza mirare, ho sparato. Il tedesco è caduto. Alcuni secondi dopo, ne è comparso un altro. Ho ucciso anche l’altro”, ricordava Zajtsev.
Il comandante, che ne fu testimone, ordinò subito di dare a Zajtsev un fucile da cecchino con mirino ottico.
Zajtsev aveva vista e udito eccellenti; fisicamente era molto resistente, aveva una pazienza incredibile e una straordinaria capacità di autocontrollo. Ci mise poco a diventare uno dei migliori cecchini di Stalingrado.
Perfezionava costantemente le sue capacità, studiava la tattica dell’avversario, formulava per sé delle regole e non aveva paura di improvvisare: “Vai in prima linea, ti apposti, stai lì fermo come un sasso e osservi, studi il tuo settore, prendi una scheda e segni su di essa i segni particolari”.
Cecchini sovietici a Stalingrado. I tiratori scelti giocarono un ruolo importante nella lunga battaglia che si combatté dal 17 luglio 1942 al 2 febbraio 1943
Georgij Zelma/SputnikAl tramonto, Zajtsev cercava di non lavorare, perché il sole che stava tramontando poteva riflettersi nelle lenti del suo mirino ottico e quindi tradirlo. Il sole del mattino, invece, lo aiutava a individuare gli ufficiali tedeschi con il loro binocolo, i correttori di tiro e i cecchini del nemico con i loro fucili.
“Se all’alba vedi lampeggiare una fiamma di accendino, vuol dire che il cecchino si è acceso una sigaretta. Memorizza questo punto e aspetta: deve comparire una ragnatela di fumo. Passerà ancora un po’ di tempo, o forse una giornata intera, e poi, per una frazione di secondo, diventerà visibile un elmetto. Allora devi agire in fretta!”.
LEGGI ANCHE: La battaglia di Stalingrado: tutto quello che volevate sapere lo trovate qui
Il tiratore di grande talento addestrava altri cecchini che furono soprannominati “leprotti”, perché il cognome Zajtsev deriva dalla parola “zajats” (заяц), cioè, “lepre” in russo. In totale, addestrò una trentina di persone.
Vasilij Zajtsev (a sinistra) spiega a due nuovi arrivati al fronte le tattiche di combattimento. Addestrò una sua squadra di tiratori scelti
Georgij Zelma/SputnikInsegnava agli aspiranti cecchini a cambiare posizione dopo due-tre colpi, a mimetizzarsi con cura, a usare dei bersagli falsi (ad esempio, un manichino vestito da soldato) per trarre in inganno il nemico, ma soprattutto insegnava a pensare in maniera non standard e a improvvisare.
Zajtsev elaborò una tattica di caccia di gruppo, soprannominata “a sestetti”, che usava con successo con i suoi allievi. La tattica consisteva nell’uso di tre coppie di cecchini (ciascuna coppia era composta da tiratore e osservatore) che occupavano posizioni che garantivano il fuoco incrociato.
Il generale Chujkov (diventato in seguito maresciallo dell’Urss) ebbe incontri personali con molti cecchini, arruolati nelle truppe da lui comandate. Ricordava così l’incontro con Vasilij Zajtsev e il suo allievo, ilcecchino Viktor Medvedev: “Quando ho incontrato Zajtsev e Medvedev per la prima volta, sono rimasto colpito dalla loro modestia, compostezza, eccezionale calma e dal loro sguardo molto attento; erano in grado di fissare a lungo lo stesso punto senza battere le palpebre. Avevano la mano molto ferma: salutando, ti stringevano la mano come se avessero una tenaglia”.
Nel corso dei combattimenti per Stalingrado, Vasilij Zajtsev eliminò 11 cecchini tedeschi. “Avevo già imparato a riconoscere rapidamente lo ‘stile’ dei cecchini nazisti in base alla maniera in cui sparavano e si mimetizzavano, pertanto non facevo fatica a distinguere i tiratori più esperti dai principianti, i vigliacchi dai testardi e risoluti”, ricordava.
Il maresciallo dell’Unione Sovietica Vasilij Chujkov esamina l’arma del cecchino Vasilij Zajtsev
Georgij Zelma/SputnikParticolarmente noto è il suo duello con il maggiore Erwin König, appositamente mandato a Stalingrado per eliminare i “leprotti” e, naturalmente, la “lepre” più importante. A questo episodio è dedicato il film del 2001 “Il nemico alle porte”, diretto da Jean-Jacques Annaud.
LEGGI ANCHE: Sei grandi film da non perdere sulla Battaglia di Stalingrado
La vera identità di König resta sconosciuta. Secondo una delle versioni, in realtà potrebbe essere Heinz Thorwald, comandante della scuola di cecchini di Zossen.
König-Thorwald riuscì a uccidere alcuni cecchini sovietici, ma poi dovette affrontare Vasilij Zajtsev. La trappola, tesagli dall’osservatore Nikolaj Kulikov, per il tedesco risultò fatale.
“Molto lentamente, come soltanto il cecchino più esperto può fare, Kulikov ha cominciato a sollevare l’elmetto”, ricordò Zajtsev. “Il nazista ha sparato. Kulikov si è sollevato per un attimo con il corpo, ha emesso un grido ed è caduto per terra… ‘Finalmente il tiratore sovietico, la lepre N.1, al quale ho dato la caccia per quattro giorni, è stato ucciso!’ avrà pensato il tedesco e ha sporto a metà la sua testa da sotto la lamiera. Ho premuto il grilletto. La testa del nazista si abbassò, mentre il mirino ottico del suo fucile continuava a riflettere il sole”.
Jude Law nei panni del cecchino Vasilij Zajtsev nel film del 2001 “Il nemico alle porte” (“Enemy at the Gates”), una produzione occidentale con alla regia Jean-Jacques Annaud.
Jean-Jacques Annaud/Mandalay Pictures; Repérage Films, 2001Quando si fece buio, i sovietici lanciarono un’operazione notturna. Nel corso del combattimento, Zajtsev e il suo partner tirarono il corpo del cecchino tedesco la sotto la lamiera di ferro, recuperando i suoi documenti che furono portati al comandante della divisione.
Nel gennaio del 1943, Vasilij Zajtsev fu gravemente ferito, perdendo temporaneamente la vista. Fu mandato d’urgenza a Mosca, dove fu operato. La vista gli fu salvata.
Il 22 febbraio dello stesso anno, per il suo eroismo e valor militare, al tenente Vasilij Zajtsev fu conferito il titolo di Eroe dell’Unione Sovietica.
Dimesso dall’ospedale, tornò nell’esercito. Partecipò a nuovi combattimenti e addestrò dei nuovi “leprotti”. Scrisse anche due manuali per cecchini. Il giorno della Vittoria si trovava in un ospedale di Kiev.
Vasilij Zajtsev con le decorazioni al merito. Fu Eroe dell’Unione Sovietica e si appuntò al petto un Ordine di Lenin, due Ordini della Bandiera Rossa, l’Ordine della Guerra Patriottica di 1ª Classe, la Medaglia per la difesa di Stalingrado e la Medaglia Per la Vittoria sulla Germania
Dominio pubblicoZajtsev decise di restare nella capitale dell’Ucraina sovietica e per molti anni lavorò come direttore di una fabbrica tessile. Morì il 15 dicembre 1991, alcuni giorni prima della dissoluzione dell’Urss.
Il famoso tiratore voleva essere sepolto a Volgograd (il nome di Stalingrado fu cambiato nel 1961), ma per anni rimase sepolto a Kiev. Soltanto nel 2006 i suoi resti furono solennemente traslati al Mamaev Kurgan, la collina sulla quale infuriarono i combattimenti, nel cui complesso memoriale oggi riposano 35 mila difensori della città.
LEGGI ANCHE: I cinque cecchini sovietici più letali della Seconda guerra mondiale
Cari lettori,
a causa delle attuali circostanze, c’è il rischio che il nostro sito internet e i nostri account sui social network vengano limitati o bloccati. Perciò, se volete continuare a seguirci, vi invitiamo a:
Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale
Iscriviti
alla nostra newsletter!
Ricevi il meglio delle nostre storie ogni settimana direttamente sulla tua email