Sei grandi film da non perdere sulla Battaglia di Stalingrado

Global Look Press
Il primo, mai uscito in Italia, fu girato a guerra ancora in corso. Gli altri si sono susseguiti nei decenni, tra lodi e polemiche, cercando di raccontare lo scontro decisivo del Secondo conflitto mondiale. Li avete visti? Se no, correte subito ai ripari, è il momento di farlo

Dni i nochi (“Giorni e notti”) (1944)

Questa è la prima pellicola sovietica su Stalingrado. Girato nel 1944, a guerra ancora in corso, il film, per la regia di Aleksandr Stolper, è basato su un’opera dello scrittore sovietico Konstantin Simonov e racconta la storia della difesa di Stalingrado da agosto a novembre del 1942; il periodo dei combattimenti più feroci (in questo articolo abbiamo raccolto alcune drammatiche testimonianze di quei giorni). Nel film i “veri eroi che mantennero la loro posizione a Stalingrado, sono ufficiali e soldati dell’Armata Rossa”, mentre i membri del Partito Comunista e i suoi leader hanno un ruolo di secondo piano, come analizzato dalla rivista “Novyj Istoricheskij Vestnik”

Uno dei ruoli principali del film è interpretato da un giovane attore, Jurij Ljubimov, che in seguito è diventato direttore del leggendario Teatro Taganka di Mosca, ed è morto nel 2014 all’età di 97 anni. 

La grande svolta (1945)

“Una rappresentazione critica della guerra, un ritratto straziante delle vite dei soldati lontani da casa, che combattono in condizioni spietate nel gelo del fronte russo, nella più grande incertezza del domani. Le vedute panoramiche dei paesaggi e le cupe e malinconiche sequenze dei dialoghi, che sono la firma del regista Fridrikh Ermler, sono meravigliosamente eseguite e quasi completano le espressioni e le prove recitative degli attori ", ha detto un critico contemporaneo, descrivendo questo film sovietico del 1945 il cui titolo in russo è “Velikij perelom".

Gli autori del film confessarono in seguito che l’idea di realizzarlo apparve immediatamente dopo la vittoria sovietica a Stalingrado, che all’epoca sembrava un miracolo. Il film ha vinto un Grand Prix al primo Festival di Cannes, nel settembre del 1946.

Stalingrado (1959)

Nella versione italiana è semplicemente “Stalingrado”, ma il titolo originale tedesco è “Hunde, wollt ihr ewig leben” (Cani, volete vivere per sempre) e riprende le parole che il re di Prussia Federico II, detto il Grande (1712 – 1786), avrebbe detto ai suoi soldati mentre, in preda al panico, scappavano dal campo di battaglia: “Maledetti mascalzoni, volete vivere per sempre?”. 

Questo è stato il primo film della Germania occidentale sull’argomento, realizzato all’incirca nel periodo in cui l’ultimo prigioniero di guerra tedesco era tornato a casa dall’Unione Sovietica. Il film è incentrato sulla vita dei soldati della Wehrmacht e dei loro alleati romeni dopo la resa a Stalingrado, dove vennero fatti prigionieri. Il regista del film, Frank Wisbar, ha utilizzato anche autentiche immagini d’archivio.

Hanno combattuto per la patria (1976)

Questo film del regista sovietico vincitore dell'Oscar (nel 1969 per “Guerra e pace: Natascia - L’incendio di Mosca”) Sergej Bondarchuk, spicca tra i film dedicati a Stalingrado. Tratto dall'omonimo romanzo di Mikhail Sholokhov, vincitore del Premio Nobel per la letteratura, il film (titolo in russo: “Oni srazhalis za rodinu”) narra la storia di un plotone che resiste all’offensiva tedesca a Stalingrado nell’estate del 1942. Il famoso scrittore e attore sovietico Vasilij Shukshin ha interpretato il suo ultimo ruolo in questo film, e nel film hanno recitato molti dei principali attori sovietici dell’epoca, incluso lo stesso Bondarchuk. La rivista cinematografica, “Sovetskij Ekran” (“Schermo sovietico”), lo nominò miglior film del 1976.

Il nemico alle porte (2001)

Questo è probabilmente il film sulla battaglia di Stalingrado più famoso in Occidente. Realizzato in una coproduzione Usa-Gran Bretagna-Germania-Irlanda-Francia dal regista francese Jean-Jacques Annaud, il conflitto centrale del film è un duello personale tra due cecchini interpretati da Jude Law e Ed Harris. Mentre il film è stato accolto con sentimenti contrastanti in Russia, è stato elogiato per la sua grandiosità e l’eccezionale fotografia. Tuttavia, è stato criticato per molti errori, cliché e inesattezze storiche. Il protagonista russo, per esempio, è mostrato come semi analfabeta, mentre il personaggio reale a cui si ispira, al tempo della guerra era già diplomato e, dopo il conflitto, si sarebbe laureato in ingegneria. ”Il budget di 85 milioni di dollari non porta alla vita personaggi superficiali, né rende toccante la noiosa storia d’amore, né i terribili dialoghi innaturali", ha scritto un critico. Un altro ha definito il film “insopportabilmente kitsch” e ha scritto che “finge di rappresentare la più grande battaglia nella storia della guerra”.

In un’altra recensione l'idea del film (titolo originale: “Enemy at the Gates”) è stata espressa in questo modo: “I soldati sovietici vengono frustati per andare a combattere allo stesso modo in cui i bovini vengono portati al macello, e vengono uccisi dalle loro unità punitive quando si ritirano. Sono sporchi e miserabili a differenza dei tedeschi, ben curati e ben equipaggiati”.

Stalingrad (2013)

Uno degli ultimi tentativi russi di rappresentare la battaglia è stato un progetto ambizioso con un budget elevato per gli standard locali: 30 milioni di dollari. Diretto da Fedor Bondarchuk, figlio del regista di “Hanno combattuto per la patria” (vedi sopra), è stato un successo al botteghino, incassando più di 68 milioni di dollari.

Nonostante il successo economico, il film ha suscitato non poche polemiche e al Ministero della Cultura venne addirittura chiesto di vietarlo perché “faceva del nazismo un aspetto storico eroico e contorto”. Una petizione per proibire il film fu firmata da 34.000 persone.

Il ministero non ha mai risposto pubblicamente. Cosa ha provocato una reazione del genere da parte di alcuni spettatori? Potrebbe essere stato il ritratto dei soldati tedeschi. Una recensione ha osservato che sono stati mostrati come “umani, con capacità di provare sentimenti e di amare”.

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