Sette scrittori e poeti russi dalla rissa facile

Russia Beyond (Foto: Thomas Barwick/Getty Images; Foto d'archivio)
Per loro passare dalla lettura di versi o da uno scambio di idee ai pugni era un attimo. Ai più sfuggiva persino il motivo della scazzottata, anche se spesso le donne e l’alcol erano il detonatore della violenza

Sergej Esenin

Il “birichino sciampagnone moscovita” (una specie di autodefinizione che Esenin si diede in un verso della poesia “Non ti imbroglierò”) non aveva nulla in contrario a menare le mani. Non c’era nemmeno bisogno di un motivo particolare. Una volta, ad esempio, Esenin diede una botta così forte con un boccale di birra al poeta Ivan Poddubnyj che quello fu portato in ospedale. Inoltre il poeta chiariva i rapporti con sua prima moglie Zinaida Raikh alzando parecchio la voce, ed alla fine gli amanti spesso venivano alle mani. 

Ma gli scontri più drammatici si ebbero tra Esenin e Boris Pasternak. Secondo una versione, Esenin riteneva che le poesie del suo concorrente fossero mediocri e che alla storia sarebbe rimasta solo l’utile pastinaca (in russo è “pasternak”), e non il poeta. I loro scontri verbali potevano trasformarsi in una spaventosa rissa in qualsiasi momento. I poeti ne combinarono una nella redazione della rivista “Krasnaja Nov”: ​​una parola tira l’altra, ed ecco che l’ubriaco Esenin sta già mettendo le mani addosso al collega e sta cercando di colpirlo all’orecchio, e Pasternak in risposta sta cercando di dargli un cazzotto allo zigomo. Più tardi quest’ultimo scrisse che allora non aveva potuto agire diversamente, ma, ricordando questa rissa, odiava e schifava colui che ne era il colpevole.

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Osip Mandelshtam

Per una rissa il poeta fu “processato” da una giuria di compagni: secondo le memorie dello scrittore Kornej Chukovskij, il motivo era un debito finanziario. Il poeta non restituiva da tempo 75 rubli presi in prestito dal suo vicino di casa e collega Sergej Borodin. Quando questi venne a chiedere il denaro indietro, si accese un alterco. Secondo un’altra versione, era stato Borodin a prendere in prestito il denaro da Mandelshtam, e non aveva fretta di restituirlo.

Tra di loro ci fu una lite e poi una rissa, in cui ci andò di mezzo anche la moglie del poeta Nadezhda, che per molto tempo non poteva credere che a farle i lividi fosse stato il suo vicino di casa. Tutto si concluse con un “processo” da parte dei compagni: il presidente del “tribunale”, lo scrittore Aleksej Tolstoj, riconobbe colpevoli entrambi i litiganti. Mandelshtam ne fu profondamente offeso e una volta, incontrandolo, gli diede uno schiaffo leggero sulla guancia. E disse che è così che aveva punito il boia che aveva dato l’autorizzazione di massacrare di botte sua moglie.

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Konstantin Balmont  

L’alcol faceva un effetto terribile sul poeta: anche una piccola quantità gli bastava per perdere il controllo di se stesso. Nel 1913 Balmont tornò a San Pietroburgo dopo alcuni anni trascorsi a Parigi. Celebrò tutta la notte l’incontro con la capitale e al mattino era completamente ubriaco. Pertanto, quando gli si avvicinò il pushkinista Morozov per esprimere la sua ammirazione, Balmont dichiarò che non gli piaceva la voce del suo interlocutore e, comunque, "vecchietto, vai a dormire". Iniziò una rissa: un bicchiere di vino volò in faccia al poeta, a picchiare Morozov fu non solo Balmont. La poetessa Anna Akhmatova, che era presente, ebbe una crisi isterica. 

Aleksandr Kuprin

L’autore di “Il braccialetto di granati” era un tipo molto vitale: sapeva bere, fare baldorie e menare le mani. Una volta un banchettino amichevole con la lettura di racconti finì in una rissa con lo scrittore Leonid Andreev. Si stavano appena complimentandosi a vicenda e ammirando il talento l’uno dell’altro, quando all’improvviso Kuprin decise per scherzo di dare alcune botte da pugilato al suo amico e iniziò a strozzarlo. Questo non gli sembrò sufficiente, quindi anche gli altri suoi colleghi ricevettero cazzotti dallo scrittore. Si riuscì a stento a calmare Kuprin.

A volte lui sembrava ritenere letteralmente che il bene deve essere dimostrato con i pugni. Una volta a Chernigov gli fu raccontato di un veterinario locale che occupava il tavolo da biliardo tutto il giorno e non permetteva a nessuno di giocare. Kuprin decise immediatamente di affrontarlo a cazzotti. Si picchiarono a lungo, e la mattina dopo il medico venne dallo scrittore per rappacificarsi: si scoprì che era innamorato di sua sorella e non avrebbe menato le mani se lo avesse saputo. 

Iosif Brodskij

Una volta la scrittrice Ljudmila Shtern vide uno spettacolo terribile: nel cortile di casa sua, il poeta Iosif Brodskij picchiava Anatolij Najman, poeta e traduttore, contro un tavolo da ping pong. Si scoprì che aveva sputato sotto i piedi del suo collega, e Najman, in risposta, decise di rovesciare il tavolo da ping pong su cui era appoggiato Brodskij.

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Vladimir Majakovskij 

Al principale poeta della Rivoluzione non piaceva fare a pugni. Lo spiegava semplicemente: “Se inizio, uccido”. Quindi Zhak Izrailevich, un insistente ammiratore di Lilja Brik, l’amante di Majakovskij, fu fortunato. Dopo aver letto una sua lettera a Lilja, il poeta andò a Pietrogrado, dove picchiò Izrailevich proprio per strada. E le sue botte erano così forti che gli rimasero lividi sui pugni. Gli attaccabrighe furono fermati dalla polizia e  solo un intervento di Maksim Gorkij aiutò a liberare Majakovskij. Il poeta praticava il pugilato e sapeva bene quanto potesse essere forte il suo colpo: già da giovane preferiva sferrare cazzotti per fermare una rissa piuttosto che per iniziarne una. 

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Sergej Dovlatov

Sergej Dovlatov fu protagonista di una rissa epica, e la causa, ovviamente, fu una donna. Essendo brillo, decise di fare la proposta di matrimonio alla scrittrice Ljudmila Shtern. Suo marito non ne fu affatto contento, scoppiò una rissa, a seguito della quale Viktor Shtern afferrò Dovlatov per l’orecchio e solo l’intervento della tata degli Shtern interruppe il tafferuglio. La sera Dovlatov si lamentò con il suo amico Iosif Brodskij che Shtern gli aveva strappato l’orecchio. Ma la mattina dopo, essendo tornato sobrio, si scusò comunque.

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