Tre mestieri che i russi ritenevano legati al maligno

Russia Beyond (Foto: Dominio pubblico; Vladimir Makovskij; Grigorij Myasoedov)
Mugnai, fumisti e maniscalchi erano molto temuti nelle campagne della Russia. Si pensava che avessero dei contatti con il mondo soprannaturale, che facessero sacrifici, e potessero mettervi in casa degli spiritelli. Eppure, le loro erano probabilmente le professioni più importanti per la vita della comunità contadina. Ecco come sono nate queste superstizioni

Nel passato molti russi credevano che coloro che esercitavano determinati mestieri fossero “imparentati” con gli spiriti maligni. Si riteneva ad esempio che il mugnaio fosse assistito dai demoni. E si era convinti che il fumista, che costruiva stufe e camini, se non contento del cliente, potesse lasciare nella casa di quest’ultimo una Kikimora. Agli occhi dei loro compaesani, queste figure professionali erano persone da temere, perché in grado di comunicare con l’aldilà. 

Chi erano le persone temute dai contadini russi? 

Non parleremo qui né di Leshij (lo spiritello delle foreste) né di Kikimora (lo spiritello della casa; parecchio malvagio). Me di persone in carne e ossa che facevano spavento.

Un antico mulino ad acqua, ritratto in un quadro del pittore Vasilij Polenov (1844-1927)

Nelle campagne della vecchia Russia la vita era inimmaginabile senza lavoratori e artigiani che esercitavano mestieri antichi, tradizionali, ma queste persone godevano di cattiva fama. Nell’antichità, i vasi e gli oggetti di ferro, che nelle abili mani dell’artigiano nascevano dall’argilla e da grumi di terra, sembravano dei miracoli. L’artefice era dunque considerato un mago e uno stregone. 

I mugnai si costruivano la casa vicino al fiume o in mezzo ai campi dove si trovava il loro mulino, i fabbri si insediavano in estrema periferia per evitare che l’intero paese bruciasse nel caso di un incidente nella loro officina. Per i contadini ciò era un motivo per temere queste persone che, in realtà, erano forse i personaggi più interessanti delle campagne russe.

Il mugnaio

Sin dai tempi immemorabili i russi credevano che il mugnaio comunicasse con le forze di aldilà, perché assistito dal Leshij, se il mulino era a vento, o dal Vodjanoj (spiritello acquatico), se era un mulino idraulico. I mugnai stessi, quando il vento rompeva le pale del mulino, credevano che fosse “ira del Leshij”. Si credeva inoltre che il mulino fosse abitato da piccoli demoni, ai quali il mugnaio doveva offrire regolarmente dei doni. Infatti, il proprietario del mulino gettava in acqua briciole di pane, tabacco, in occasione delle feste, e ci versava anche della vodka, affinché il livello di acqua non salisse troppo, le pale non si rompessero, il meccanismo non si inceppasse, ecc. 

I russi ritenevano che il Vodjanoj, lo spiritello malvagio dell’acqua chiedesse dei sacrifici umani in cambio del buon funzionamento del mulino

Secondo alcune testimonianze, si facevano anche dei sacrifici. Nel 1980 Mikhail Mazitov, abitante degli Urali raccontava: “I vecchi dicevano che quando il mulino si fermava, il mugnaio prendeva un dono e andava ad offrirlo ai Vodjanoj. Dicono anche che quando il mulino si ferma, bisogna buttare nell’acqua un gallo vivo legato ad un grosso sasso. Allora il mulino si rimette in moto”.

“L’inizio della costruzione di un mulino è accompagnato da un rituale detto ‘sacrificio della costruzione’, dopo il quale il Vodjanoj [lo spiritello acquatico] diventa per tempo indeterminato protettore del mulino, analogamente a come si fa un sacrificio al Domovoj [spiritello domestico], quando una nuova casa viene inaugurata”, scrive Anna Petkevič nel suo articolo “Il Sacrificio all’acqua nella tradizione culturale russa”. 

LEGGI ANCHE: Il Domovoj, lo spiritello della casa della mitologia slava 

Erano considerate un “sacrificio” anche le persone morte per annegamento. Il mulino era un posto piuttosto pericoloso. Il mugnaio, quando andava a riparare il meccanismo, poteva restar mutilato. Anche gli annegamenti erano frequenti. Si credeva che i morti fossero il prezzo che le forze occulte si facevano pagare per il funzionamento del mulino che era una delle principali fonti di benessere e di sostentamento dei contadini. 

“Mio padre diceva che quando un mulino viene costruito, al Vodjanoj vengono promesse delle vite umane”, ricordava nel 1976 l’allora settantenne contadina Kabakova, abitante di Alapaevsk, nella Regione di Sverdlovsk. “Se questa offerta non viene promessa, lo spirito ruberà animali domestici. Mio padre ricordava che quando era stato costruito il nostro mulino, al Vodjanoj erano state offerte 12 vite umane. Infatti, in seguito 12 persone sono annegate”. Naturalmente, nessuno affogava apposta le vittime, tanto è vero che spesso si faceva un sacrificio “sostitutivo”, e venivano sacrificati animali di colore nero: cani, pecore o galli.

Il “pechník”, ossia il fumista (costruttore di stufe) era una figura estremamente importante, visto il clima, nei villaggi russi. Meglio non farlo arrabbiare

Questi rituali fruttarono alla figura del mugnaio la fama di stregone. Le giovani ragazze, le madri di famiglia, ma soprattutto i bambini non dovevano avvicinarsi alla casa del mugnaio o al mulino. Gli stessi mugnai fomentavano questo mito. “C’era un mugnaio che ci mordeva le orecchie, ci spaventava!”, ricordava una donna, abitante della regione di Jaroslavl, citata dalla storiografa Tatjana Schepanskaja. “Ero ancora giovanissima. Chissà se era stufo di noialtre? Comunque, ci ha morsicchiato le orecchie”.

Il fumista

La stufa, in quanto nucleo della casa contadina, ha fatto nascere moltissime credenze e rituali. Si credeva che fosse un rimedio universale contro tutte le malattie. Alla stufa venivano “presentati” i vitelli appena nati. La cenere di legno veniva aggiunta alle pomate e ai decotti. Naturalmente, chi costruiva le stufe era trattato con grande rispetto. Perché allora la gente temeva i fumisti?

Costruire una stufa non è facile. La stufa non deve sprigionare troppo fumo, la canna fumaria non deve “ululare” quando tira il vento, la muratura deve restare calda per molto tempo. I servizi dello specialista costavano parecchio e la sua reputazione era tale che la gente preferiva non discutere per non subire dei dispiaceri in seguito.

Una stufa tradizionale russa in un’isba contadina in un dipinto di Vasilij Maksimov (1844-1911)

LEGGI ANCHE: Che ruolo ha giocato la stufa nella vita russa?  

Il fumista, se credeva di non essere stato trattato in maniera adeguata, poteva creare dei problemi tali che, alla fine, il proprietario della casa rimpiangeva il fatto di non essere stato abbastanza generoso. L’operaio poteva “manomettere” la stufa in maniera che all’inizio era impossibile accorgersi del difetto. Poteva in particolare mettere delle schegge di legna sotto alcuni mattoni nel modo che la muratura non fosse ermetica e facesse entrare dell’aria fredda. Altrimenti poteva mettere di traverso un mattone nella canna fumaria, non facendola tirare a dovere. Infine, la cosa più temuta: poteva “mettere nella stufa un diavolo” o “accasarvi una Kikimora”. 

LEGGI ANCHE: Le creature delle spaventose fiabe slave, che è meglio non raccontare di notte  

Quella del maniscalco era un’altra professione cruciale nelle campagne, ma anche lui era ritenuto avere collegamenti con il mondo soprannaturale

La Kikimora veniva “accasata” inserendo fra i mattoni della canna fumaria una bottiglia vuota con il collo che sporgeva fuori ma non si notava facilmente. Quando il vento diventava abbastanza forte e tirava con una determinata angolazione, questo “dispositivo” diventava una vera sirena. Il “diavolo” era invece una penna di oca, dentro la quale veniva iniettato del mercurio, o una fiala di vetro nella quale, oltre al mercurio, si mettevano anche degli aghi di ferro. Dopo aver nascosto questa “sorpresa” fra i mattoni della canna fumaria, l’operaio accendeva la stufa per dimostrare che funzionava, poi festeggiava l’evento insieme ai proprietari della casa (la cosiddetta “offerta fumaria” era d’obbligo), e infine se n’andava. Di notte, quando il mercurio riscaldato si espandeva e poi si raffreddava, la stufa emetteva un rumore insostenibile, dormire era impossibile! 

Il maniscalco 

Se oggi gli abitanti maschi delle campagne russe trascorrono spesso il loro tempo in garage o in officina, “discutendo fra uomini”, nel passato il luogo di ritrovo era la bottega del maniscalco. Era una persona importantissima, in quanto ferrava i cavalli e riparava tutti gli attrezzi. Nel vedere l’abilità con cui maneggiava il mantice e il martello, parecchie persone credevano che fosse un “mago del metallo”. 

Siccome il maniscalco ferrava i cavalli, da lui dipendeva il raccolto e quindi il benessere delle famiglie. Lui fabbricava anche le fedi nuziali per le coppie che si sposavano, pertanto la sua figura si associava alla solidità dell’unione coniugale. Figurava spesso anche negli incantesimi d’amore. 

La fucina: il laboratorio dei maniscalchi era solitamente all’estrema periferia dei villaggi per scongiurare il pericolo di incendi disastrosi

Un esempio di tali incantesimi lo troviamo nell’articolo di Tatjana Schepanskaja per l’enciclopedia “Uomini e donne: cultura tradizionale russa al maschile e al femminile”: “Come il maniscalco batte il ferro per il buon signore e riscalda il ferro e lo rende incandescente, e il ferro si attacca e si unisce al ferro, così pure questa schiava di Dio si attacchi e si unisca, ora e sempre, nei secoli dei secoli”. Oltre alle fedi nuziali, il maniscalco poteva fabbricare per gli sposi anche un ferro da cavallo, da usare come talismano. Per portare la fortuna il ferro andava attaccato sulla porta con le estremità verso l’alto.

La bottega di maniscalco era un luogo di ritrovo dove si beveva, avvenivano riti di iniziazione, si risolvevano le rivalità. “Dal maniscalco si beveva sempre, e si faceva a pugni”, riferiva un’abitante del villaggio di Zalessje, nella regione di Vologda. “Alle donne ma soprattutto ai bambini, questo posto era vietato, in particolare perché il maniscalco abitava lontano dal villaggio per prevenire gli incendi”.

Al maniscalco, figura quasi sacrale, si attribuivano dei poteri magici. Si credeva per esempio che uno che batteva il ferro fosse in grado di riconoscere le streghe, perché talvolta i demoni mandavano delle streghe camuffate da cavallo. Una abitante di Poshechonje (regione di Jaroslavl), nata nel 1901, ricordava: “Un giorno arriva un uomo per ferrare il cavallo. Alla fine non ha neanche ringraziato, si è messo a ridere e se n’è andato. Anche il maniscalco ha poi detto: ‘Sto ferrando e vedo che non è uno zoccolo, ma un piede di donna. Quando se n’è andato senza ringraziare, ho capito che non era umano’”.


LEGGI ANCHE: Cinque cose da sapere sulle streghe russe 

Cari lettori, 

a causa delle attuali circostanze, c’è il rischio che il nostro sito internet e i nostri account sui social network vengano limitati o bloccati. Perciò, se volete continuare a seguirci, vi invitiamo a: 

  • Iscrivervi al nostro canale Telegram
  • Iscrivervi alla nostra newsletter settimanale inserendo la vostra mail qui
  • Andare sul nostro sito internet e attivare le notifiche push quando il sistema lo richiede
  • Attivare un servizio VPN sul computer e/o telefonino per aver accesso al nostro sito se risultasse bloccato nel vostro Paese

Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie