Come venivano istruiti i bambini in Urss, tra scuola e organizzazioni del partito

Russia Beyond (Sergej Vasin, Vsevolod Tarasevich/MAMM/MDF; Russia in photo)
Il governo sovietico rivoluzionò la pedagogia e fece assumere allo Stato un ruolo centrale nell’educazione delle nuove generazioni

Se nell’epoca zarista i bambini erano in gran parte istruiti e formati all’interno della famiglia, con l’affermarsi del potere sovietico lo Stato prese in mano il controllo della questione. Ciò era particolarmente necessario in un’atmosfera di forte disgregazione della società. All’interno della stessa famiglia si potevano trovare persone con idee rivoluzionarie e altre con idee controrivoluzionarie. Si riteneva importante inculcare alle nuove generazioni la visione del mondo corretta, indipendentemente da quella dei genitori. Inoltre, il livello di istruzione della maggior parte della popolazione era molto basso, con tassi altissimi di analfabetismo, per cui era importante far uscire i bambini dall’orbita della loro vita abituale e dare loro una spinta sociale per il futuro. Dopo tutto, i bambini sarebbero stati un domani i costruttori del comunismo.

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Le scuole nella Russia zarista

Studenti di una scuola rurale, XX secolo

Prima della Rivoluzione del 1917 l’educazione dei bambini era, come detto, principalmente responsabilità della famiglia. Spettava ai genitori decidere se il bambino doveva essere educato a casa o mandato a scuola. Nei villaggi, dove le famiglie abitualmente avevano molti figli, il più grande si prendeva cura dei più piccoli, e tutti erano impegnati nel lavoro dei campi e nella cura del bestiame fin dalla più tenera età.

I genitori poveri potevano “dare a lavorare” i propri figli a qualcuno, ad esempio come apprendisti di un artigiano. Praticamente i piccoli si trovavano in questo modo in condizioni di schiavitù. Molti esempi di questo tipo sono descritti nella narrativa russa. Per esempio in “Fra la gente” (“В людях”; “V ljudjakh”) di Maksim Gorkij o nel racconto “Vanka” (“Ванька”) di Anton Chekhov

L’obbligo scolastico era assente nell’Impero russo, anche se si iniziò a parlare della necessità di introdurlo a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento. Le scuole erano numerose e ne nascevano sempre di nuove, ma la responsabilità dell’organizzazione dell’istruzione (e la maggior parte dei costi di manutenzione) spettava alle singole amministrazioni locali, a livello di gubernija e di uezd (regioni e province). Ognuno gestiva la questione a modo suo e non esisteva un sistema di controllo uniforme a livello centrale. Non esisteva nemmeno un programma scolastico unificato e spettava a ciascun insegnante, a seconda della propria esperienza e formazione, decidere cosa insegnare e come insegnarlo.

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Dalla materna alla scuola: il sistema educativo statale

Per la prima volta nella storia della Russia, il governo sovietico si preoccupò dell’educazione e dell’istruzione universale dei bambini. Come e in quali condizioni un bambino cresceva non era più responsabilità della famiglia, ma dello Stato. Dopo tutto, si stava educando un nuovo membro della società sovietica; un futuro edificatore del comunismo. Dovevano essergli inculcati i giusti valori, doveva essere sano, istruito e saper lavorare in futuro per il bene comune.

Studenti in un momento di pausa. Scuola N. 9, Mosca, 1930

Il regime sovietico regolava la vita di un bambino fin dai primi giorni di vita. Anzi, ancor prima, visto che il congedo di maternità è stato introdotto per la prima volta al mondo proprio in Urss. Il datore di lavoro doveva pagare un’indennità alla donna prima e dopo il parto, tenendola lontana dal lavoro per non danneggiare la salute della madre o del neonato.

Dopo che il bambino aveva compiuto 1 o 2 mesi (questo termine variò nel tempo, e alla fine degli anni Sessanta arrivò a un anno), la donna tornava al lavoro, dove aveva diritto a una pausa per l’allattamento ogni tre ore (nelle fabbriche c’era un asilo nido per i bambini, e le madri che allattavano uscivano brevemente dai reparti per la poppata). Si trattava di condizioni incredibilmente favorevoli per la donna operaia dell’epoca, che negli altri Paesi doveva solitamente lasciare il lavoro a causa della nascita del figlio, anche se ciò significava finire nell’indigenza o quantomeno peggiorare sensibilmente le condizioni economiche familiari.

Un asilo nido allestito in una fabbrica di tessuti, 1956

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La propaganda sovietica cercava di promuovere informazioni su come un bambino doveva essere cresciuto per essere sano e su quali procedure igieniche bisognava seguire. Le autorità combattevano così contro la mortalità infantile e cercavano di prevenire varie malattie (sia per il bambino che per la madre).

Poster che spiegano l'importanza dell'allattamento al seno e del bagnetto del bambino

Dopo la scuola materna, i bambini venivano mandati in un asilo gratuito dall’età di tre anni, e dall’età di sei andavano a scuola. Per la prima volta in Russia, subito dopo la Rivoluzione, nel 1918, fu adottata una legge sull’istruzione scolastica obbligatoria (e gratuita) per tutti. I genitori che non portavano i figli a scuola andavano incontro a sanzioni amministrative (fino all’allontanamento del bambino da parte dei servizi sociali). I sovietici volevano dare a ogni bambino le conoscenze necessarie per diventare un membro a pieno titolo della società. In epoca zarista, solo i figli dei genitori benestanti potevano ricevere una buona istruzione e costruirsi una brillante carriera. Il regime sovietico mise in piedi un’infrastruttura per permettere anche ai figli dei comuni operai e contadini di ricevere una buona istruzione ed eccellere se lo desideravano (dopo Lenin, ad esempio, tutti i governanti sovietici furono di origini popolari).

Un asilo di Arkhangelsk, 1956

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Come si combatté il fenomeno dei bambini di strada

In epoca zarista, l’assistenza ai bambini di strada era solo legata a opere di volontariato e beneficenza. Sì, furono aperti orfanotrofi, a volte con denaro pubblico, a volte con donazioni private, ma in generale la cura degli orfani era un monopolio della Chiesa. Nei villaggi gli orfani venivano invece accuditi dai parenti.

Bambini senza casa, anni '20

Dopo la Prima guerra mondiale, e in particolare dopo la Guerra civile russa, molti bambini rimasero senza i genitori e ufficialmente c’erano circa 7 milioni di bambini di strada (mentre quelli in orfanotrofio erano appena 30 mila). Molti bambini crescevano letteralmente “per strada”, rubando e chiedendo l’elemosina, fino a diventare criminali a tutti gli effetti.

Lo Stato prese la custodia dei bambini di strada sotto il suo pieno controllo. Il potere sovietico doveva individuare e registrare questi bambini e fornire loro alloggio, cibo e vestiti. Venne creata una speciale Commissione per l’infanzia e furono aperti molti rifugi e scuole di formazione. Forze speciali lavoravano nelle stazioni ferroviarie e sui treni, dove “catturavano” i bambini di strada, fornendo loro cure mediche, cibo e li assegnavano ai vari orfanotrofi. Nel 1924 i ricoveri erano già 280 mila in giro per il Paese.

Pionieri e bambini senza tetto partecipano alla festa dei lavoratori, 1927

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Nuovi sistemi di insegnamento

L’epoca sovietica segnò anche la necessità per i nuovi insegnanti di creare un sistema pedagogico da zero. Anton Makarenko (1888-1939), uno dei fondatori della pedagogia sovietica, divenne particolarmente famoso. Sulla base del suo lavoro in un riformatorio per giovani condannati, sviluppò un sistema di rieducazione dei bambini problematici, che propose di introdurre nelle istituzioni educative in generale. Makarenko espose i suoi principi nel suo “Poema pedagogico” (“Педагогическая поэма”; “Pedagogicheskaja poema”), e il suo nome divenne famoso e noto in Russia come quello della Montessori.

Anton Makarenko con gli studenti della sua scuola durante le vacanze estive a Jalta, 1930

Nelle scuole vecchio stile l’insegnante aveva un potere autoritario sui bambini, ma il principio centrale di Makarenko era quello di coinvolgere i bambini nel “lavoro comune” (ad esempio, un lavoro semplice, come la pulizia dell’aula), per interessarli al fatto che ognuno era responsabile per se stesso e per gli altri. In questo modo l’energia del bambino veniva indirizzata verso il bene comune e lui o lei si sentiva importante e necessario. Inoltre, Makarenko professava i principi della “democrazia” nell’ambiente scolastico: tutti i bambini avevano voce in capitolo,  tenevano riunioni, eleggevano un capoclasse e facevano da tutor ai nuovi arrivati o ai più piccoli. Allo stesso tempo, Makarenko faceva rispettare la disciplina e non trascurava di punire gli alunni colpevoli di qualcosa e disordinati.

Una fotogramma del film

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Anche l’educatore sovietico Viktor Soroka-Rosinskij (1882-1960) praticava il principio della democrazia, dell’autonomia e persino dell’autogoverno. Creò la scuola comunale “Fjodor Dostoevskij” per bambini con handicap mentali, resa famosa dai suoi diplomati Grigorij Belykh e L. Panteleev, che scrissero il libro di culto “Respublika ShKID” (“Республика ШКИД”; “Respublika ShKID; 1926), da cui poi fu anche tratto un film omonimo nel 1966.

L’educazione comunista

Il sistema educativo sovietico era già pienamente sviluppato alla fine degli anni Venti. La sua ideologa principale era Nadezhda Krupskaja, moglie di Lenin e viceministro all’istruzione.

“La scuola non deve solo istruire, deve essere il centro dell’educazione comunista”, sosteneva. L’educazione in questo modo doveva “influenzare la generazione nascente per ottenere un certo tipo di uomo”. La Krupskaja non era d’accordo con alcuni metodi di Makarenko e di altri pedagoghi, ma utilizzava anche lei principi come l’autogoverno o l’istituzione del tutoraggio di alcuni alunni rispetto ad altri.

Nadezhda Krupskaja e i pionieri, 1927

Nel 1922, Nadezhda Krupskaja avviò la creazione dell’organizzazione dei Pionieri dell’Urss, un’associazione per bambini nata sulla base del movimento scoutistico russo, fondato sotto Nicola II nel 1908. L’aspetto fondamentale è che il nuovo movimento era scout nella forma, ma comunista nel contenuto. I giovani pionieri venivano educati “allo spirito di devozione alla madrepatria sovietica, all’internazionalismo proletario e socialista, all’atteggiamento consapevole verso il lavoro e la cosa pubblica, alla padronanza della cultura spirituale, all’inconciliabilità con tutto ciò che è estraneo allo stile di vita socialista”.

Una spilla da pioniere con il ritratto di Lenin e il motto

Tutti gli scolari a partire dall’età di 10 anni si univano in massa all’organizzazione dei Pionieri. Essenzialmente, l’organizzazione dei Pionieri inculcava ai bambini norme morali ed etiche (cosa che, prima della Rivoluzione, era compito della Chiesa): studiare bene, essere onesti, industriosi, rispettare gli anziani. Lo spirito di fratellanza e di aiuto reciproco era promosso attivamente, con gli alunni più forti che dovevano aiutare quelli più deboli. I Pionieri si occupavano anche di anziani e persone sole, raccoglievano la carta straccia e partecipavano attivamente alla vita del Paese. L’icona e il simbolo dei Pionieri (a parte il fazzoletto rosso annodato attorno al collo) era Lenin: i Pionieri sfilavano innalzando i suoi ritratti, deponevano fiori presso i suoi monumenti e facevano persino la guardia d’onore al Museo Lenin. Per inciso, prima di entrare nei Pionieri a dieci anni, i bambini erano inquadrati come “Oktjabrjata” dall’età di 7 anni, e ricevevano un distintivo con il ritratto di Lenin da giovane. Il motto dei Pionieri era “Sempre pronto!” (in russo: “Всегда готов!”; “Vsegdá gotóv”). Sempre pronti, ovviamente, a combattere per la causa del Partito Comunista dell’Unione Sovietica! 

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