Il numero di bambini di strada nelle città russe crebbe drammaticamente a causa della Prima guerra mondiale e della Guerra civile, che scoppiò in Russia dopo la Rivoluzione del 1917 e proseguì, nelle ultime sacche, fino al 1923, ed ebbe come conseguenza anche la carestia.
Nei primi anni Venti, il numero di bambini di strada nell’Urss raggiunse i 6-7 milioni, e il problema divenne così acuto che Lenin avocò a sé la responsabilità di risolverlo.
Nel 1928, il governo sovietico decise di affrontare il problema dei bambini di strada e non ebbe paura a usare la mano pesante. La notte del 12 aprile, la polizia e la polizia segreta lanciarono un’operazione su larga scala per fermare tutti i bambini senza casa di tutto il Paese. I bambini vennero chiusi in ricoveri temporanei e, nelle grandi città, addirittura furono messi di guardia i soldati per impedire loro di scappare nei boschi o in campagna.
I bambini più induriti dalla vita di strada resistettero violentemente, spaccando porte e finestre, combattendo con le guardie, e talora riuscirono a fuggire dai ricoveri, da soli o in gruppo. La polizia rispondeva trattando i bambini violenti come criminali.
I bambini più accondiscendenti, vennero messi in ricoveri e orfanotrofi, venne data loro un’educazione, un lavoro e vennero fatti membri del movimento giovanile comunista, i Pionieri. Le famiglie furono incoraggiate ad adottare i bambini senza tetto, per i quali ricevettero diversi incentivi, tra cui un pagamento forfettario. Tali misure dalla dirigenza sovietica ebbero così successo che la completa risoluzione della crisi dei bambini di strada fu dichiarata nel 1935.
Negli anni Venti e Trenta, vennero organizzate comunità speciali per i bambini senza casa, nelle quali avevano l’opportunità di lavorare, studiare e prendere decisioni attraverso l’autogoverno. L’eccellente educatore sovietico Anton Makarenko (1888-1939), che lavorava in una di queste comunità, ed è noto anche per libri come il “Poema pedagogico”, dette un enorme contributo nell’aiutare i bambini di strada a ritrovare il loro posto nella società.
I bambini senza famiglia riapparvero nelle strade russe con l’inizio della Seconda guerra mondiale. Durante i primi caotici anni della guerra, molti bambini persero i loro genitori, oltre che l’attenzione e la cura del governo. Di conseguenza, tanti di loro finirono nel mondo della criminalità per sopravvivere. Dal 1941 al 1944, il numero di reati commessi dai bambini di strada triplicò. La polizia fu incaricata di programmi di riabilitazione e di istruzione. I bambini di strada che erano diventati troppo ribelli dopo anni di criminalità vennero rinchiusi nei centri di detenzione giovanile.
Le condizioni dei bambini di strada migliorarono verso la fine della Seconda guerra mondiale. Il governo sovietico stanziò enormi somme per costruire orfanotrofi, asili e centri artigianali dove i ragazzi potevano lavorare. Diverse istituzioni pubbliche si occuparono della socializzazione di orfani e bambini di strada, effettuando controlli regolari per monitorare come i bambini inseriti nelle famiglie si adattassero alla vita familiare e cercando di prevenire la fuga dalle nuove case.
Per il sistema sovietico il passato senza famiglia era irrilevante se il bambino rimaneva sulla retta via. L’obiettivo del governo era quello di riabilitare e trasformare questi ragazzi in membri attivi della società socialista.
Il grande sforzo dell’Unione Sovietica di ridurre il numero dei bambini di strada ebbe successo, grazie alla creazione di un efficace programma di reinserimento. Purtroppo, con il crollo dell’Unione Sovietica, la crisi economica degli anni Novanta e l’abuso di droga e di alcol, il Paese ha assistito a una ripresa del numero di bambini abbandonati, e sono stati cancellati i progressi compiuti nel corso del secolo precedente, obbligando la Russia contemporanea a ricominciare da capo.
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