Chi era l’uomo che morì assieme a Gagarin?

Legion Media; Sputnik
Vladimir Serjogin era nella cabina di pilotaggio del MiG-15 a fianco del primo uomo a essere andato nello Spazio, quando ci fu il tragico incidente della primavera del 1968

Ore 10.10 del mattino. Aerodromo Chkalovskij, nei pressi di Mosca. Due piloti, tra cui il primo uomo a essere andato nello Spazio, Jurij Gagarin, si trovano nella cabina di pilotaggio di un caccia MiG-15 UTI da addestramento. L’atmosfera è un po’ nervosa: il volo è già in ritardo, tutti aspettano che l’aereo precedente completi l’operazione. 

Alle 10.19 finalmente decollano. Gagarin scambia messaggi radio con i controllori di terra. La sua voce è calma e chiara. In tre minuti riferisce di aver raggiunto la quota e chiede il permesso di salire a 4.200 metri. Due minuti dopo dice di aver superato il limite superiore delle nuvole. Tuttavia, al sesto minuto di volo, Gagarin, con la stessa voce calma, comunica a terra la fine della missione nella zona e chiede il permesso di tornare indietro e atterrare. Questo sorprende i controllori: è trascorsa solo la metà del tempo assegnato per la missione. A questo punto, le comunicazioni con i piloti si interrompono.

Jurij Gagarin (il secondo da sinistra) e il cosmonauta Aleksej Leonov (a sinistra) dopo il loro volo su un MIG-15 nel 1964

L’orologio segnava le 10.29, quando il jet da combattimento si schianta al suolo a 65 km di distanza dall’aerodromo. Questo incidente del 27 marzo 1968 è passato alla storia per la morte di Gagarin. La seconda vittima, il pilota-istruttore Vladímir Serjógin (traslitterato anche Seregin), è ricordata meno spesso. Anche se era stato il capo del Centro di addestramento dei cosmonauti  in persona a insistere personalmente affinché fosse lui a volare accanto a Gagarin.

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Il falco di Stalin

Vladimir Serjogin era nato a Mosca il 7 luglio 1922 in una famiglia di un impiegato delle poste e, dopo aver lasciato la scuola a 18 anni, si era offerto volontario per prestare servizio nell’Armata Rossa. Nell’esercito notarono l’attitudine e la propensione del giovane per l’aviazione e lo mandarono alla scuola per piloti. Si diplomò nel 1943 e andò al fronte come pilota militare.

Vladimir Seregin

Ricevette la sua prima onorificenza, l’Ordine della Stella Rossa, all’inizio del 1944. I documenti di assegnazione menzionano due imprese eroiche. Ai comandi di un Ilyushin Il-2 Shturmovik si levò in missione per un bombardamento contro i carri armati nemici nelle vicinanze del villaggio di Marievka. I cannoni antiaerei tedeschi gli sparavano da terra, ma Serjogin raggiunse con precisione il suo obiettivo e distrusse due carri armati. Il giorno dopo, una situazione simile. Evitando il fuoco, bombardò tre vagoni ferroviari coperti vicino a Stalinodorf.

In una seconda occasione salvò la vita a un pilota sovietico attaccato da un Focke-Wulf Fw 190 tedesco. Serjogin sparò una lunga raffica, dopo la quale il Focke-Wulf Fw 190 iniziò a fumare e volò via bruscamente. Serjogin stesso rimase ferito, ma raggiunse il campo d’aviazione e atterrò senza carrello.

Vladimir Seregin

In totale, durante la guerra, Serjogin effettuò 140 sortite di combattimento e 50 di ricognizione. Gli assi come lui erano chiamati “falchi di Stalin”. Nel 1945 divenne Eroe dell’Unione Sovietica. 

L’istruttore di Gagarin

Dopo la guerra, Serjogin rimase nell’aviazione e si sedette ancora una volta ai banchi dell’accademia aeronautica per integrare la sua vasta pratica con la teoria. Dopo il diploma, testò nuove versioni dei MiG-15 e Mig-17. “Sa eseguire voli di prova di qualsiasi complessità, anche a motori spenti”, si legge nella sua scheda personale. 

A metà degli anni Sessanta, fu nominato comandante di un reggimento di aviazione e incaricato di addestrare al volo i cosmonauti. Il punto è che i primi cosmonauti dell’Urss erano piloti di caccia (furono scelti perché avevano già familiarità con le forti sollecitazioni, l’assenza di gravità ed erano preparati a sopportare rumore, vibrazioni e altissime velocità). Vladimir Serjogin aveva un’enorme esperienza di volo in condizioni estreme. 

I colleghi amavano ricordare la storia di quella volta in cui Serjogin pilotò il suo caccia supersonico in una tempesta di neve e fece atterrare l’aereo quasi alla cieca, in condizioni di visibilità prossime allo zero. E poco più tardi riuscì in qualche modo a far atterrare un aereo con il timone in panne. 

Valentina Tereshkova e Vladimir Seregin

Il 26 marzo 1968, Nikolaj Kamanin, vicecomandante in capo delle forze aeree dell’Urss per lo Spazio, venne informato che Jurij Gagarin stava per sostenere un esame sulle tecniche di pilotaggio del MiG-17. Tuttavia, Kamanin decise che in precedenza il primo cosmonauta avrebbe dovuto sottoporsi a un volo di addestramento su un MiG-15 UTI. Nikolaj Kuznetsov, capo del Centro di addestramento dei cosmonauti, si offrì volontario per volare con Gagarin, ma Kamanin insistette perché fosse Serjogin a farlo.

L’archivio segreto

Il motivo per cui una personalità nota come Gagarin, che era già volato nello Spazio ed era considerato quasi un semidio, dovette ripetere l’esame fu una finestra di tre mesi di “non volo”, legata alla preparazione della sua tesi all’Accademia.

Documenti di Jurij Gagarin e Vladimir Seregin, ritrovati sul luogo della loro morte

“Voli come questo fanno parte del programma di addestramento di tutti gli astronauti. Senza di loro è difficile, come si dice, essere in forma di volo. Non solo perfezionano le competenze professionali, ma mettono anche alla prova la capacità di lavorare in condizioni di sovraccarico e rumore”, ha scritto Kamanin nelle sue memorie. 

Cittadini sovietici leggono l'articolo pubblicato sul giornale Pravda che annuncia la morte di Jurij Gagarin e Vladimir Serjogin

Un volo con un istruttore esperto come Serjogin non suscitava alcun timore. Anche dopo la notizia della perdita delle comunicazioni, tutti speravano in un rapido atterraggio di fortuna o, come ultima risorsa, nell’espulsione dei piloti dal velivolo.

Tuttavia, nessuno di questi scenari si verificò. L’aereo andò in pezzi (che si sparsero nel raggio di un chilometro) e i resti dei piloti furono ritrovati solo il mattino successivo. L’indagine ha prodotto 29 faldoni, classificati come top secret, ma non è stata pubblicata nemmeno la più breve conclusione sulle circostanze della morte di Gagarin e di Serjogin.

Monumento commemorativo sul luogo del decesso

Solo nel 2011, sulla base di documenti desecretati, la probabile causa dell’incidente è stata identificata in una manovra brusca di uno dei piloti (non si sa bene di quale dei due). A causa di ciò l’aereo si sarebbe avvitato per scontrarsi poi con un pallone-sonda. Secondo una versione alternativa, l’aereo di Gagarin e Serjogin avrebbe volato pericolosamente vicino a un altro caccia, rimanendo danneggiato dai vortici della sua scia.

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