Quando i terroristi del gruppo Narodnaja Volja (Volontà Nazionale) pianificarono l'assassinio di Alessandro II, contavano sul fatto che la morte dello zar oppressore avrebbe ispirato uno sconvolgimento nazionale di tali proporzioni che l'intero paese si sarebbe unito alla rivolta. In realtà, ottennero proprio il contrario: persino i liberali piansero lo zar, mentre i componenti di Narodnaja Volja, anziché essere acclamati come liberatori, furono additati come mostri. E non poteva essere diverso: agli occhi della maggior parte del popolo russo, lo zar era il rappresentante di Dio sulla Terra, e per questo non poteva essere accusato di alcun peccato o misfatto.
L'assassinio dello zar Alessandro II a San Pietroburgo, XIX secolo
Getty ImagesOra, sono passati più di 100 anni da quando l'ultimo imperatore russo ha abdicato al trono. Ma la memoria collettiva di un sovrano visto come qualcuno il cui potere trae origine non dalla legge o dalla volontà popolare, ma da Dio stesso, vive ancora oggi. Ecco perché i russi erano abituati a dare la colpa dei loro guai a chiunque non fosse lo zar, dai boiardi ai ministri.
Ma qual era la vera relazione tra lo zar e Dio?
"Lo zar Nicola II di Russia", di Boris Kustodiev, 1915
Museo RussoOgni civiltà, nel corso della storia umana, ha avuto una propria visione della relazione tra Dio o gli dèi e i governanti. Nell'antico Egitto, il faraone era considerato l'incarnazione terrena del dio Horus. Nell'antica Cina, che non aveva una religione monoteista, l'imperatore era proclamato il “figlio del cielo" e la sua autorità era percepita con umiltà, come se fosse volontà del destino. Nell'impero romano, l'imperatore compiva sacrifici a nome del suo popolo, chiedendo agli dèi misericordia, fortuna, un buon raccolto e così via; in questo senso, il sovrano assumeva il ruolo di primo sacerdote del popolo.
Il contesto cristiano era diverso. Nella Bibbia (Romani 13:1) si legge: “Ogni persona stia sottomessa alle autorità superiori; perché non vi è autorità se non da Dio; e le autorità che esistono sono stabilite da Dio”; e poi, nei Proverbi 8:15: “Per mio mezzo regnano i re, e i prìncipi decretano ciò che è giusto”.
Con l'avvento del cristianesimo, quindi, l'ideologia cambia. La teologa Elena Khaupa scrive che per i cristiani timorati di Dio, l'autorità li aiutava a prepararsi alla vita eterna: “L'imperatore era responsabile nei confronti del suo popolo per la loro salvezza agli occhi di Dio”. Questa concezione bizantina dell'autorità di un imperatore fu presa in prestito e implementata nell’antica Rus’.
"L'incoronazione di Alessandro II nella Cattedrale della Dormizione di Mosca", di M. Zichi
Museo RussoIn che modo l'autorità spirituale di un sovrano bizantino - come lo zar russo - era diversa da quella del Papa romano?
La Chiesa cattolica sostiene che il Papa sia il successore dell'apostolo Pietro, il primo apostolo di Cristo. “Abbi cura delle mie pecore”, disse Cristo a Pietro (Giovanni 21:15).
La Chiesa ortodossa russa contesta questo punto di vista, essendo del parere che il Papa non governa la Chiesa di Gesù Cristo su questa Terra, e merita solo una sorta di status speciale lontano dall'autorità assoluta.
Secondo i teologi ortodossi, “l’Unto” (termine utilizzato per secoli dai Giudei, “moshiach”) - o il Messia -, era uno status che poteva essere conferito solo a una persona, e questa era Gesù (il nome stesso discende dalla parola greca che indica “l'Unto”). Il sovrano secolare, tuttavia, porta il ruolo di emissario di Dio: una differenza importante. In questo ruolo, l'imperatore (o lo zar) è pervaso da un potere assoluto, ma anche da una responsabilità assoluta verso Dio. Quindi, qual è il risultato? Lo zar deve obbedire alle leggi di Dio, ma quelle terrene le può semplicemente scrivere lui stesso. Un bell’affare, no?
Parte di questa responsabilità verso Dio significava guidare il paese fuori dalla crisi ogni volta che la sua fede si trovava in pericolo, come presiedere alle questioni religiose e organizzare riunioni, così come agire come giudice in eventuali liti e dispute tra i gerarchi della chiesa. Per questo motivo, Ivan il Terribile, salito al potere nel 1551, si mise subito a organizzare il cosiddetto Concilio dei Cento Capitoli, destinato a porre fine a tutta una serie di discussioni in corso e a calmare le lotte intestine nella Chiesa russa.
Il potere assoluto, tuttavia, era accompagnato anche dalla responsabilità assoluta, e il sovrano sapeva bene che la sua vita doveva essere dedicata a questo dovere. La cerimonia di incoronazione russa era la proclamazione visibile di questa promessa. “Incoronazione” è una parola occidentale, ma in russo il processo si chiama in realtà “crismazione (unzione) dello zar”, che era chiamato da Dio a “sposarsi” al suo regno e al suo popolo: una differenza molto importante che si perde nella traduzione dal russo.
L'unzione dello zar era il simbolo di questo “matrimonio” con lo zar e il suo popolo. Siccome tutti i matrimoni sono fatti in cielo, allo stesso modo lo zar è sposato con il suo tsardom, e non può fuggire da questa unione tra le più sacre. Questo è il motivo per cui, dopo l'abdicazione di Nicola II, molti russi si rifiutarono semplicemente di credere che lo zar potesse aver abdicato: questa mossa fu ritenuta incomprensibile.
Il Santo Sinodo, 1911
Foto d'archivioUn altro aspetto da notare è che, naturalmente, lo zar - che era superiore alla Chiesa - aveva l'ultima parola sulle richieste da parte di quest'ultima di far valere la propria autorità su certe questioni o sul possesso di proprietà. Qualsiasi intromissione da parte dello zar su ciò che faceva la Chiesa non era, quindi, considerata illegale. È così che Pietro il Grande se la cavò successivamente con l'abolizione del Patriarcato e l'istituzione del Santo Sinodo nel 1721. Chi lo avrebbe fermato? Costantinopoli diede la propria benedizione. Lo zar russo era, in termini pratici, il capo della Chiesa ortodossa, e la sua parola batteva quella del Patriarcato. Per il Papa, invece, era diverso: nessun re avrebbe mai potuto scavalcarlo su questioni sacre.
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