La perestrojka, il crollo del Muro di Berlino, la fine della guerra fredda. Il nome di Mikhail Gorbaciov, morto il 30 agosto a 91 anni dopo una lunga malattia, evoca un'epoca di cambiamenti storici, conclusasi nel 1991 con il crollo dell'Unione Sovietica.
Gorbaciov era nato nel 1931, proprio mentre Stalin, con la lotta contro i kulakì, cercava di imporre una volta per tutte la definitiva collettivizzazione delle terre. Nessuno allora avrebbe potuto immaginare che sei decenni dopo, non solo l’imprenditoria privata avrebbe riottenuto la libertà, ma anche una quindicina di popoli sarebbero andati ognuno per la propria strada, grazie al crollo dell’Urss e a questo ragazzo di un villaggio (Privólnoe; allora circa 5.500 abitanti, oggi 3.400) nel Territorio di Stàvropol, nel Caucaso settentrionale.
Gorbaciov crebbe in una famiglia di contadini come tante, e durante l’infanzia e l’adolescenza lavorò nei campi su una mietitrebbia. Quindi sapeva bene cosa fosse la collettivizzazione di Stalin. Ma uno dei suoi nonni era a capo proprio del locale kolkhoz, la fattoria collettiva, e quindi gli orrori della collettivizzazione sotto forma di carestia, arresti ed esilio non colpirono la sua famiglia.
Dopo la Seconda guerra mondiale (il villaggio natale fu occupato per quattro mesi dai nazisti) Gorbaciov si diplomò a scuola (all’istituto agrario) con il massimo dei voti, divenne un attivista del Komsomol, la gioventù comunista, e ricevette persino l’Ordine della Bandiera rossa del lavoro per aver aiutato suo padre, operatore di mietitrebbia, a realizzare un raccolto da record.
Successivamente, questa esperienza lo aiuterà. Ma prima di scalare la gerarchia del Partito, entrerà nella migliore università del Paese, la Statale di Mosca, nella Facoltà di giurisprudenza, laureandosi nel 1955. E poi, a quanto ha raccontato lui stesso, inizierà “un processo, lungo anni, di ripensamento della storia del Paese”.
Nel 1950 conobbe la sua futura moglie, Raisa (1932-1999), che divenne la sua fedele compagna e migliore amica. Il matrimonio ebbe luogo nella mensa di un dormitorio studentesco nel 1953.
La carriera di partito di Gorbaciov si sviluppò rapidamente. Si conquistò la fiducia dei due uomini più influenti del Paese subito dopo il segretario generale del Pcus Leonid Brezhnev, e anche con lui fu sempre in buoni rapporti. Alle spalle, la nomenklatura lo chiamava “il capo di Stavropol”.
Gorbaciov divenne il capo del Paese nel 1985. Era molto diverso dagli ultimi suoi predecessori alla carica di Segretario generale, che non potevano vantare né una buona salute né una mente lucida. Giovane (54 anni; per il Politburo era considerata un’età bassa), sano, di mentalità aperta, istruito, non aveva paura della comunicazione diretta con le persone per strada. Gorbaciov era in sintonia con l’Occidente e il popolo sovietico assetato di cambiamento. Françoise Sagan disse di lui: “È una persona troppo inaspettatamente normale”.
“Accettando la carica statale, di fatto suprema, di Segretario generale del Comitato centrale del Pcus, ho capito che era impossibile vivere come vivevamo ancora a lungo e che non mi sarei permesso di restare a ricoprire quella carica se non fossi stato supportato nell’attuazione di riforme profonde”, ha ricordato Gorbaciov. E i cambiamenti seguirono rapidamente.
Prima di tutto, dichiarò aperta una “battaglia per la sobrietà”, avviando una campagna proibizionista dell’alcol, visto che l’alcolismo rappresentava un grosso problema nel Paese.
Poco dopo aver assunto la guida del Paese, incontrò il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan. I leader delle due superpotenze si strinsero la mano per la prima volta in tanti anni. Questo fu l’inizio della fine della Guerra Fredda e del disarmo nucleare. La nuova realtà ebbe rapidi sviluppi.
Gorbaciov nel marzo del 1990 privò il Pcus dello status costituzionale di partito unico e organizzò una massiccia epurazione nei suoi ranghi. La censura venne eliminata per legge e altre pratiche sovietiche, come il monopolio statale sul commercio estero, vennero cancellate.
Dopo Reagan, Gorbaciov incontrò i leader americani più di una volta. “Guardate, questo ragazzo è la Perestrojka!”, disse di lui in una di quelle occasioni Bush padre.
Il 15 maggio 1988 Gorbaciov iniziò il ritiro delle truppe sovietiche dall’Afghanistan.
Due anni dopo, svolse un ruolo chiave nella caduta del muro di Berlino e nella successiva riunificazione della Germania. Nel marzo 1990, dopo l’istituzione di questa carica, diventò il primo (sarebbe stato anche l’unico) Presidente dell’Urss (fu eletto dal Congresso dei deputati del popolo dell’Unione Sovietica).
“Per il suo ruolo di primo piano nel processo di pace che oggi caratterizza parti importanti della comunità internazionale“, nel 1990 Gorbaciov vinse il Premio Nobel per la Pace.
Tuttavia, la politica di non violenza e democratizzazione all’interno del Paese ebbe le sue conseguenze: l’Unione Sovietica iniziò a essere travolta da una tempesta di conflitti etnici. Il rovinoso crollo dell’Urss è ancora il principale rimprovero mosso a Gorbaciov.
Dopo il dicembre 1991 e le sue dimissioni lasciò la grande politica. Ha poi dato vita alla Fondazione Gorbaciov e alla Green Cross, e si oppose nettamente al primo Presidente della Federazione Russa Boris Eltsin. Nel 2014, davanti agli studenti dell’Università Statale di Mosca, ha ammesso la propria responsabilità per il crollo dell’Unione Sovietica: “Ho cercato di salvarla, ma non ci sono riuscito. […] Di questo porto la responsabilità. Nessuno mi ha mandato via, ho lasciato io il mio posto, perché non riuscivo a spuntarla su chi mi si opponeva”.
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