Tre diffusi miti da sfatare sull’intervento sovietico in Afghanistan

V. Suhodolskij/Sputnik
Il 15 febbraio ricorrono trent’anni dall’abbandono del Paese da parte delle truppe di Mosca. È il momento adatto per fare un po’ di chiarezza storica su quegli eventi

“L’Urss subì una sconfitta militare e dovette ritirarsi”

Uno dei più persistenti e diffusi malintesi sul conflitto degli anni Ottanta in Afghanistan riguarda la tesi che l’Urss abbia subito una sconfitta militare da parte dei mujaheddin e degli Stati Uniti che li appoggiavano. Essendo stati dissanguati dalle continue perdite, i sovietici non avrebbero avuto altra scelta se non ritirare le truppe dal Paese nel 1989. 

Questo sembra essere abbastanza lontano dalla realtà storica, visto che alla metà degli anni Ottanta c’erano serie preoccupazioni in Occidente che i mujaheddin stessero perdendo. Morton Abramowitz, direttore del Bureau of Intelligence and Research del Dipartimento di Stato Usa negli anni Ottanta, disse nel 1997: “Nel 1985 c’era una vera preoccupazione che i [mujaheddin] stessero per cedere; erano diminuiti, e allo sbando. Le perdite erano alte e il loro impatto sui sovietici non era grande”. 

Dicono anche che la fornitura missili Stinger ai mujaheddin da parte degli Stati Uniti abbia fatto pendere la bilancia in favore delle forze antisovietiche. È vero che l’Aeronautica sovietica perse più velivoli e personale a causa di queste armi, ma non può essere considerato un punto di svolta. 

Boris Gromov, comandante della 40ª Armata sovietica che fu inviata in Afghanistan nel 1979, respinge del tutto la dicotomia “vittoria-sconfitta”. Sostiene che si trattasse di operazioni militari contro una guerriglia, e in quanto tali non era prevista una “vittoria” chiara. Come sottolinea, le forze sovietiche controllarono la maggior parte dell’Afghanistan durante tutta la campagna miliare, e non un singolo avamposto militare fu preso dai mujaheddin, nonostante il crescente sostegno finanziario dall’estero. 

“Al culmine del conflitto, la 40ª Armata aveva 108.800 soldati, il che dimostra il fatto che nessuno aspirasse a una vittoria in senso classico in Afghanistan”, ha detto Gromov, suggerendo che quel contingente era sufficiente per controllare efficacemente il Paese. Per fare un paragone, gli Usa in Vietnam avevano truppe cinque volte più numerose su un territorio che era cinque volte più piccolo, e tuttavia furono costretti ad andarsene. 

“I soldati sovietici erano spietati e odiati dalla popolazione locale”

A volte si sottolinea che l’Urss sia stata in grado di tenere in pugno l’Afghanistan grazie alla spietatezza dei suoi metodi. Secondo Gromov, le storie sugli “spietati soldati sovietici” sono state fabbricate a tavolino da coloro che sostenevano i mujaheddin, per cercare di aumentare il loro finanziamento e la loro legittimità politica. 

Il generale sovietico ha affermato che l’Urss ha condotto molteplici programmi economici e politici civili volti a migliorare la vita degli afgani. “Ad esempio, solo nel 1982, la 40ª Armata ha effettuato 127 operazioni civili che includevano la riparazione delle case, la costruzione di strade, la distribuzione di cibo e medicinali tra gli afghani e persino l’organizzazione di alcuni eventi culturali”. 

L’ex diplomatico britannico e autore del libro del 2011 “Afgantsy: The Russians in Afghanistan 1979–89” Rodric Braithwaite, in un’intervista ai tempi della pubblicazione del suo libro ha confessato di essere rimasto più che sorpreso quando si è reso conto di quale tipo di relazione avesse legato i sovietici e la popolazione locale. “I soldati erano in stretti contatti con la popolazione locale: contadini, commercianti, mullah. Sono andato in Afghanistan e ho chiesto alla gente del posto quando vivessero meglio: attualmente o quando erano presenti i russi? È interessante notare che tutti gli afgani consideravano la domanda molto stupida. Ognuno di loro rispondeva: certo che era meglio sotto i russi.” 

Un sacco di esempi di un simile atteggiamento del popolo afgano potete trovarli in questo reportage, il cui autore ha deciso di esaminare la questione in prima persona. 

“Si trattò di una guerra sovietico-afgana” 

Il conflitto negli anni Ottanta viene spesso definito come Guerra sovietico-afgana. In realtà, le truppe sovietiche furono invitate dalle autorità afgane (ben 19 volte, prima di decidersi ad accettare!). Inoltre, gli oppositori del regime afgano appoggiato dai sovietici erano sostenuti dal Pakistan, dall’Arabia Saudita e dall’Occidente, quindi il conflitto era internazionalizzato, ed è difficile ridurre tutta la sua complessità alla lotta tra i sovietici e il popolo afgano, che in parte, senza dubbio e con tutte le forze sosteneva il regime di Kabul. 

Il capo delle forze sovietiche in Afghanistan nega proprio l’applicabilità del termine “guerra” in questo caso. Secondo lui, potrebbe non essere così appropriato a causa della “bassa intensità dell’attività militare”. 

È anche sbagliato affermare che fu l’ingresso delle truppe sovietiche nel Paese a innescare la guerra civile in Afghanistan. Ci sono testimonianze che gli oppositori del regime sostenuto dai sovietici a Kabul presero le armi prima del dicembre 1979. 

E il sostegno occidentale ai mujaheddin precedette l’interferenza armata sovietica nel conflitto. L’allora funzionario della Cia, e in seguito Segretario alla difesa, Robert Gates ha ricordato una riunione del marzo 1979 in cui la Cia si chiedeva se avesse dovuto dare sostegno ai mujaheddin, “per risucchiare i sovietici in un pantano vietnamita”, nel corso della quale fu deciso di finanziarli.

 

PerchélUrss intervenne militarmente in Afghanistan? 

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