L’Unione Sovietica, persino nei suoi ultimi anni, era ben lontana dall’essere un paradiso consumistico. I vestiti e gli arredi spartani e fuori moda che i semplici cittadini potevano acquistare davano la sensazione di monotonia e grigiore. Per le donne questa situazione era particolarmente insopportabile: avrebbero voluto distinguersi dalle altre nell’abbigliamento e avere una casa elegante. Nei film stranieri i sovietici vedevano una vita diversa. Di tanto in tanto, le “meraviglie” di un altro stile di vita – stivali da donna, borsette, camicette o servizi di piatti, importati però, comunque, dai Paesi del campo socialista – comparivano nei negozi sovietici, ma non bastavano per tutti. Di conseguenza, sia coloro che riuscivano a comprare questi prodotti, sia quelli che ne restavano senza, provavano un crescente fastidio per le insufficienze dei beni di consumo e sognavano le comodità della vita in Occidente.
La moda sovietica era piuttosto grigia e standardizzata
Vsevolod Tarasevich/МAMM/MDFPoi all’improvviso, alla fine degli anni Ottanta, per le donne si spalancò una finestra sul mondo dell’abbondanza occidentale. Nell’Urss iniziò a essere venduta la rivista tedesca “Burda”, dedicata alla moda e al bricolage. Grazie a questa rivista, persino donne con un minimo di esperienza di taglio e cucito potevano vestirsi con eleganza, da far concorrenza alle tedesche di Bonn e Berlino. Ma non si trattava soltanto di cucito o lavori a maglia. La rivista era prodiga di consigli per la gestione della casa, proponeva ricette di deliziosi piatti, e altre raccomandazioni utili permettevano di accostarsi alla vita degli europei occidentali.
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Riviste di moda in Urss certamente non mancavano. Già nel dopoguerra furono lanciate le pubblicazioni “Modelli della stagione”, “Rivista di moda”, “Moda dei paesi socialisti” che proponevano modelli per donne, uomini e ragazzi. Sebbene queste riviste non fossero numerose, permettevano comunque di farsi un’idea di quello che era di moda in Europa.
Tuttavia queste riviste contenevano spesso soltanto dei disegni o addirittura dei semplici schizzi. Per creare un vestito il sarto doveva essere molto abile. Qualcuno aveva la fortuna di esserlo, altri no.
Vecchi giornali di moda sovietici, stagione 1955-1956
Foto d'archivioAlcune riviste avevano come inserto anche dei cartamodelli, ma non erano a grandezza naturale e la loro precisione lasciava a desiderare. Molte volte il risultato assomigliava poco all’originale. Di conseguenza poteva vestirsi alla moda e con eleganza soltanto chi si serviva di sartorie di classe o era bravissimo con il cucito.
La modella sovietica Regina Zbarskaja
Foto d'archivioInoltre, queste riviste proponevano una moda un po’ strana, nel senso che non si capiva chi ne era il destinatario: da un lato, non erano modelli per le donne all’estero, dall’altro contrastavano con la realtà sovietica.
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“Burda Moden” invece aveva una lunga esperienza di rapporto diretto con i suoi lettori. La rivista della tedesca Aenne Burda (1909-2005) cominciò a uscire nel 1950 in Germania, Austria e Svizzera. L’edizione non solo proponeva dei modelli di moda, ma conteneva anche istruzioni dettagliate per confezionare gli abiti che si vedevano nelle foto. Il risultato era ottimo grazie ai cartamodelli molto precisi, a grandezza naturale e per tutte le misure.
Nel 1986 il gruppo editoriale “Aenne Burda” e la casa editrice sovietica Vneshtorgizdat firmarono un contratto per la pubblicazione della versione russa della rivista. La traduzione era a cura della parte sovietica, la stampa si faceva in Germania. A Mosca furono portate 100 mila copie della rivista, insieme alle attrezzature e ai capi di abbigliamento per la sfilata in occasione della presentazione della nuova pubblicazione. La presentazione si tenne il 3 marzo 1987 nella storica Casa dei sindacati, ed era un omaggio alle donne sovietiche in vista della festa dell’8 marzo.
La copertina del primo numero di “Burda” in russo, uscito nelle edicole sovietiche nel 1987
SputnikIn men che non si dica la rivista divenne praticamente introvabile; per comprare “Burda” bisognava conoscere un giornalaio, altrimenti non restava che prestare la rivista da amici o andare a sfogliarla in emeroteca.
Le donne in Urss avevano molto in comune con le lettrici in Germania, e amarono subito il linguaggio e lo stile della rivista. Per la donna sovietica la rivista colorata, con numerose foto di modelle che indossavano vestiti pratici ed eleganti, divenne una scappatoia per uscire dal tunnel del deficit di beni di consumo. Sebbene in molti casi si trattasse di modelli fai da te abbastanza facili da realizzare, che non richiedevano particolari esperienze, il risultato era raffinato. “Avevo una gonna a palloncino che mi piaceva tantissimo, di seta pesante color verde scuro. Aveva un rigonfiamento sui fianchi e diventava più stretta sotto. Era molto bella, ma in realtà l’unico segreto erano le due cuciture!”, ricorda Marina, che negli anni Ottanta era un’assidua lettrice della rivista.
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Nonostante il deficit dell’abbigliamento prêt-à-porter, nei negozi sovietici si potevano acquistare dei tessuti di qualità. Talvolta però bisognava sottoporli a un trattamento “speciale”. Per esempio, per raggiungere l’effetto “washed out” il tessuto jeans veniva trattato con una spazzola con setole dure e candeggina. In alcuni casi toccava anche usare degli accessori fai da te, perché i bottoni standard che si potevano acquistare erano in contrasto con lo stile dei modelli “Burda”.
A Mosca il primo numero di “Burda” andò a ruba. Lo si vedeva leggere ovunque
Aleksandr Makarov/SputnikLa rivista apriva alle sue lettrici un mondo che assomigliava poco a quello in cui vivevano. “Burda” divenne popolare anche tra coloro che non sapevano cucire e non si facevano fare abiti su misura. La gente sfogliava la rivista semplicemente per vedere delle immagini del mondo occidentale, che ben presto cominciò a fare il suo ingresso nella vita delle donne sovietiche. “Lavoravo in una sartoria e ricordo bene che le donne venivano da noi con la rivista e ci indicavano semplicemente il modello che volevano, magari con qualche modifica. A un certo punto abbiamo cominciato a usare la rivista come catalogo per le nostre clienti. Ricordo anche che molte donne copiavano le acconciature, particolarmente popolare era il taglio “alla principessa Diana”. La donna andava dal parrucchiere con la rivista e faceva vedere la foto”, - ricorda Aljona, sarta e anche lei affezionata lettrice della rivista.
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