Cosa vendevano i negozi di abbigliamento, di scarpe e di elettrodomestici dell’Urss? (FOTO)

Boris Kavashkin/TASS
Dov’è che le moscovite potevano fare shopping nella capitale dell’Urss, e cosa c’era in vetrina nei centri commerciali di provincia?

Abbiamo già scritto un articolo su cosa si vendeva nei negozi di alimentari dell’Urss. Diamo ora un’occhiata alle vetrine e ai banconi dei grandi magazzini, dove i sovietici potevano acquistare vestiti, scarpe, articoli per la casa e altri beni di prima necessità. 

Tazze in vetrina in un negozio, anni Sessanta

L’economia sovietica era pianificata e la quantità di beni necessari veniva stimata da apposite commissioni statistiche, dopodiché i beni venivano prodotti e distribuiti nelle varie regioni. I migliori approvvigionamenti si trovavano, ovviamente, a Mosca e Leningrado (oggi San Pietroburgo), oltre che nelle grandi città industriali. La gente di tutta l’Unione Sovietica vi si recava in massa in cerca di beni, introvabili nelle città più piccole e nei villaggi.

Le scale principali del

All’inizio degli anni Venti, a Mosca fu istituito il Mostorg, il cui negozio principale era lo “TsUM” (sigla per “Magazzino Universale Centrale”), vicino al Teatro Bolshoj. L’edificio del grande magazzino era stato costruito nel 1885. Vi si potevano trovare anche prodotti provenienti dall’Ungheria, dalla Polonia e dai Paesi Baltici. È stato uno dei primi negozi del Paese con servizio self-service. 

Il negozio

Grandi magazzini della catena Mostorg furono costruiti anche nei sobborghi della città e furono progettati in uno stile costruttivista simile: di norma, l’edificio era composto da quattro piani con enormi vetrate e una decorazione minimalista. Negli anni Cinquanta, ogni grande città del Paese aveva il suo “TsUM”.

Un grande magazzino a Novosibirsk, 1954

Tuttavia, il negozio principale dell’Urss rimaneva il “Gum” (sigla per: Magazzino Universale Statale) sulla Piazza Rossa di Mosca. L’edificio era stato costruito nel 1893, seguendo il modello di una galleria europea, e con un fantastico tetto di vetro, spesso erroneamente attribuito al geniale architetto Vladimir Shukhov. A metà degli anni Cinquanta il palazzo fu ristrutturato e trasformato in un negozio sovietico modello. 

All'interno del

C’era letteralmente di tutto, dai pettini agli abiti più alla moda. Nelle vetrine erano esposti i migliori campioni dell’industria dei beni di consumo sovietica. Al primo piano c’era un negozio di alimentari con una ricchissima selezione gastronomica. Il simbolo del Gum è sempre stato il gelato in una coppa di cialda, che viene venduto ancora oggi.

Una vetrina del

Il Gum era aperto a tutti, ma c’erano sezioni nascoste alla gente comune, dove solo gli artisti famosi e i funzionari statali potevano fare acquisti, e di cui molti cittadini sovietici ignoravano persino l’esistenza. 

Il negozio

Nelle capitali delle repubbliche sovietiche e in altre grandi città, c’erano i negozi di lusso “Berjozka“ (ossia: “Betulla”), dove le merci venivano vendute in cambio di valuta estera, sia ai turisti che ai cittadini sovietici che tornavano da viaggi di lavoro all’estero, cioè diplomatici, lavoratori edili, operatori culturali. In breve, non molte persone potevano entrare in un “Berjozka”. 

All'interno di un negozio di Mosca, 1967

Negli anni Sessanta, le autorità sovietiche giunsero alla conclusione che i grandi magazzini self-service erano il tipo di commercio più promettente. La costruzione di centri commerciali simili si diffuse in tutto il Paese. Anche i prezzi in Urss erano fissati dallo Stato ed erano più o meno gli stessi da Kaliningrad a Vladivostok, anche se, in alcuni luoghi, c’era una maggiorazione dovuta ai costi di trasporto. 

Una donna con la figlia in un negozio di scarpe nella città di Sovetsk, regione di Kaliningrad, 1988

Per i bambini nelle città dell’Urss esisteva una rete di negozi chiamata “Detskij Mir” (“Il mondo dei bambini”) con giocattoli, vestitini, scarpette e articoli per la scuola.

Un negozio di giocattoli a Leningrado, anni Cinquanta

A Mosca e Leningrado cominciarono ad aprire grandi magazzini con prodotti provenienti da altri Paesi socialisti: era possibile acquistare giocattoli provenienti dalla Germania dell’Est, stivali made in Jugoslavia e cosmetici cecoslovacchi. 

La vetrina del negozio

I prezzi erano alti: alla fine degli anni Settanta si potevano pagare più di 50 rubli per delle scarpe di produzione estera e 180 rubli per un cappotto realizzato in un altro Paese socialista, quando lo stipendio mensile era di 150-200 rubli. Le scarpe sovietiche, invece, costavano 10-15 rubli e un cappotto circa 60 rubli. 

Una signora mostra contenta un paio di stivali italiani appena acquistati, Jaroslavl, 1990

Questo non vuol dire che nelle regioni remote non ci fosse nulla, ma le aree rurali erano molto peggio rifornite rispetto alle città industriali, con solo lo stretto necessario. Gli abitanti del luogo dovevano recarsi nei centri regionali per trovare vestiti, scarpe, attrezzi per i lavori nei campi o lampade più o meno accettabili. E raramente si sognavano i prodotti stranieri. 

Il negozio di un kolkhoz nella Regione di Kursk, 1957

In alcune regioni esistevano file “virtuali” di molti mesi per l’acquisto dei beni domestici necessari, il che significava che, anche se si disponeva del denaro necessario, non si poteva semplicemente andare in un negozio e comprare un frigorifero. È interessante notare che a volte il sistema portava delle sorprese e in un piccolo negozio rurale si potevano occasionalmente vedere, ad esempio, alcolici importati o apparecchiature musicali, che erano costose e, quindi, non avevano mercato in quel posto, e prendevano solo polvere sullo scaffale.

Un grande magazzino rurale nella regione di Rostov sul Don, 1954

Alla fine degli anni Ottanta, la carenza di molti beni nel Paese si fece sentire in modo particolare.  Nacque il concetto dei “treni salsiccia”: i residenti delle regioni si recavano nelle grandi città per acquistare i salumi, introvabili in provincia, oltre a vestiti, calzature, prodotti chimici per la casa ed elettronica.

Un grande magazzino a Rostov sul Don, 1989

La caratteristica principale di quel periodo erano le file di ore e ore di fronte ai negozi dove si “metteva fuori” qualcosa, e spesso la gente non sapeva nemmeno per che cosa stesse lì in coda. Ma se c’era la fila, doveva trattarsi sicuramente di qualcosa di utile! Anche se oggi gli scaffali sono pieni di prodotti per tutti i gusti, molte persone che ricordano le difficoltà di quel periodo hanno ancora l’abitudine di fare scorte. 

Gente in fila al


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