Sono bastate 24 ore per mantenere la promessa. Dopo il colloquio telefonico di sabato tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente del consiglio Giuseppe Conte, la Russia ha consegnato all’Italia uomini e mezzi per combattere il coronavirus.
Nove aerei da cargo sono partiti dall’aeroporto militare di Chkalovskij, vicino a Mosca, e sono atterrati a Pratica di Mare, portando con sé 500mila mascherine, 100 ventilatori polmonari, 120 specialisti nel campo della virologia e dell’epidemiologia, oltre a tute protettive, macchinari per le analisi, tamponi e squadre di disinfezione.
Chi sono gli specialisti inviati da Mosca
Tra i vari reparti speciali, l’esercito russo possiede anche le Truppe per la difesa dalle radiazioni e per la protezione chimica e biologica (RKhBZ, “РХБЗ” la sigla in russo), una struttura nata sia per contrastare gli effetti derivanti dal possibile utilizzo di armi di distruzione di massa, sia per il trattamento di virus ed epidemie che potrebbero colpire le truppe russe al fronte.
“In Italia sono stati inviati quegli uomini che qualche anno fa hanno affrontato l’epidemia di Ebola in Africa. Si tratta di personale abituato a lavorare in situazioni di particolare crisi e stress”, ha spiegato a Russia Beyond Dmitrij Safonov, ex analista militare del giornale Izvestiya, precisando che gli specialisti hanno portato con sé le ultime attrezzature mediche presentate alla fiera militare “Armiya 2018” e “Armiya 2019”, che si sono svolte nella periferia di Mosca.
“Oltre alla Russia, solo gli Stati Uniti e il Regno Unito possiedono reparti simili all’RKhBZ - ha spiegato Safonov -. Adesso anche inglesi e statunitensi sono impegnati nella cura dei propri malati, mentre la Russia, dove la situazione non è così critica come in Europa e negli Stati Uniti, può permettersi di aiutare i propri compagni all’estero”.
Decifrare il genoma “europeo” del coronavirus
Oltre ad aiutare i pazienti colpiti dal virus, la Russia spera di ottenere il genoma “europeo” del coronavirus per prepararsi alla diffusione dell'epidemia sul proprio territorio.
“Il genoma ‘cinese’ del coronavirus lo abbiamo già e i medici sono al lavoro per creare un vaccino. Una volta che gli specialisti avranno un quadro completo anche sul fronte ‘occidentale’, allora sarà più facile trovare un antidoto per fermarlo”, ha concluso Safonov.
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