La storia russa attraverso le canzoni: i più grandi successi musicali di ogni epoca

Cultura
GEORGY MANAEV, EKATERINA SINELSHCHIKOVA
Marce pre-rivoluzionarie, storie d’amore struggenti, gangsta rap in stile post-sovietico. Queste hit sono certamente le più significative per descrivere i vari periodi storici del Paese. A insindacabile giudizio di Russia Beyond

Periodo pre-rivoluzionario

“Marcia del Reggimento Preobrazhenskij” 

Il Reggimento Preobrazhenskij fu creato da Pietro il Grande nel 1691 e, quando l’imperatore era ancora in vita, il suo primo reggimento ebbe una propria marcia, suonata in occasione delle celebrazioni della vittoria nella Grande Guerra del Nord, nel 1721. Più tardi, nel XIX secolo, iniziarono a eseguire la marcia accompagnandola con le parole di un canto dei soldati (“Ci conoscono sia i turchi che gli svedesi…”) che glorificava le gesta del primo imperatore e delle sue truppe. Fino alla comparsa dell’inno dell’Impero russo (“Боже, царя храни!”; “Dio, Proteggi lo Zar!”) nel 1833, la Marcia del Reggimento Preobrazhenskij era considerata l’inno non ufficiale della Russia. L’autore della musica è sconosciuto. 

“Korobushka”

Il testo di questa vecchia canzone russa è un arrangiamento dei primi versi della poesia “Korobejniki” di Nikolaj Nekrasov (del 1861), ma la melodia è chiaramente più antica. Nella Russia della seconda metà dell’Ottocento veniva spesso cantata non solo dai venditori ambulanti, che offrivano le loro merci, ma anche semplicemente alle feste dei contadini. È famosa anche per essere stata la musica di sottofondo del Tetris… 

“Kalinka” 

“Kalinka” non è affatto una canzone popolare. È stata composta in stile popolare dal compositore e poeta Ivan Larionov, che ne ha anche scritto il testo, ed è stata eseguita in una rappresentazione amatoriale domestica. Il cantante e appassionato di folklore Dmitrij Agreniev-Slavjanskij l’ha poi resa popolare. Nel 1868 creò il coro “Cappella slava” con cui si esibì in Russia e all’estero, e che includeva “Kalinka” nel suo repertorio. E così la canzone divenne famosa. 

Akh vy seni, moi seni” (1790)

Questa canzone da ballo russa, eseguita per la prima volta nel 1790, ha origini popolari. Il testo racconta la storia di una ragazza che un padre severo non lascia uscire con i giovani. Ma lei ha intenzione di disobbedire e di “rendere allegro un ragazzo”. Con “seni” si intendeva “l’anticamera dell’isba”, una sorta di veranda coperta in legno, da cui la protagonista libera il falco…

Ochi chjornye 

Il testo della più famosa storia d’amore russa è stato scritto dal poeta russo e ucraino Evgenij Grebenka/Yevhen Hrebinka e musicato dal compositore Florian Hermann, un tedesco vissuto nell’Impero russo. “Ochi chjorniye” (“Occhi neri”) fu pubblicata per la prima volta nel 1884 e fu resa celebre da Fjodor Shaljapin, che la interpretò durante i suoi tour mondiali. Shaljapin aggiunse al testo alcuni versi dedicati alla sua futura moglie, l’italiana Iole Tornaghi. 

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Periodo sovietico 

Murka

Le canzoni della malavita sono diventate un elemento importante della cultura russa all’inizio del XX secolo, dopo l’ascesa al potere dei bolscevichi. Perché accadde? Oggi gli storici della musica spiegano che lo slogan bolscevico non ufficiale “Chi non era niente, diventa tutto” e l’odio per la borghesia legavano fortemente i simpatizzanti comunisti a certe posizioni anti-autorità della malavita, fiorente in quegli anni. “Murka” è una delle canzoni di quel genere più conosciute, che parla del romanticismo inteso come mondo dei ladri. Naturalmente, con il proprio ideale di donna: “Parlava una donna, si chiamava Murka, era astuta e coraggiosa / Anche i più duri malavitosi avevano paura di Murka, che conduceva una vita da ladra”. 

Sinij platochek

Il valzer “Fazzolettino azzurro” non affronta temi bellici, eppure divenne una delle canzoni più celebri del periodo della guerra. La musica fu scritta dal compositore polacco d’origine ebraica Jerzy Petersburski nel 1940, e il poeta e drammaturgo Jakov Halicki, presente alla prima esecuzione, ne scrisse poi il testo, che parla di una ragazza che dice addio al suo spasimante. Dopo che la canzone fu cantata dalla grande cantante sovietica Lidija Ruslanova, divenne uno dei maggiori successi sovietici. L’anno successivo la Germania nazista invase l’Urss e la Ruslanova fu inviata al fronte, dove cantò ripetutamente “Fazzolettino azzurro” per i soldati dell’Armata Rossa. “Fin dai primi giorni di guerra era evidente che, accanto ai versi duri di ‘La Santa Guerra’ (vedi oltre) le tranquille e poetiche parole della canzone ’Fazzolettino blu’ scaldavano il cuore dei soldati”, ha ricordato il poeta in prima linea Aleksej Surkov. È sul motivo di questo valzer che il poeta Boris Kovynev compose i versi che divennero famosi in tutta l’Urss: “Il ventidue giugno, esattamente alle quattro, Kiev fu bombardata, ci dissero che la guerra era iniziata”. 

Svjashchénnaja vojná

Questa canzone è stata scritta due giorni dopo l’inizio delle ostilità dal famoso poeta Vasilij Lebedev-Kumach, vincitore del Premio Stalin. Fu cantata per cinque volte di seguito alla stazione ferroviaria Bielorussia di Mosca prima dell’invio delle truppe al fronte, ma poi non fu quasi più cantata fino all’ottobre 1941: si pensava che fosse troppo tragica. I versi della canzone non parlavano di una guerra veloce, ma di una dura battaglia mortale. Tuttavia, dopo il 15 ottobre, quando la Wehrmacht conquistò Kaluga, Rzhev e Kalinin, divenne evidente che la guerra sarebbe stata estenuante, proprio come canta la canzone.

In quel periodo “La Santa Guerra” divenne una sorta di inno non ufficiale: veniva suonata alla radio nazionale ogni mattina dopo i rintocchi dell’orologio del Cremlino. I versi “Noi combattiamo per la luce e per la pace, loro combattono per il regno delle tenebre” suonavano come un promemoria del significato supremo di questa lotta.

Katjusha

Un’altra canzone russa con un motivo “popolare”, “Katjusha” fu scritta poco prima della Grande Guerra Patriottica dal compositore Matvej Blanter su parole di Mikhail Isakovskij ed eseguita per la prima volta nel 1938. Proprio ispirandosi al titolo di questa canzone, i soldati sovietici chiamarono “Katjusha” il famoso lanciarazzi adottato nei primi anni della Grande Guerra Patriottica. In fondo, secondo il testo della canzone, la ragazza Katjusha sta solo aspettando il suo amato, che è “sul lontano fronte” della guerra. 

Khochú peremen!

L’autore della canzone, Viktor Tsoj, non intendeva affatto scrivere un inno politico di protesta, ma è proprio così che venne interpretata ed è entrata nella storia la sua “Khochu peremen!” (“Voglio i cambiamenti!”). Dopo essere stata ascoltata nel finale del film “Assa” di Sergei Solovjov, uscito nel 1987, divenne un grande successo e la colonna sonora della Perestrojka. Apparentemente perché articolava senza mezzi termini la domanda che da tempo era maturata nella società sovietica. “E all’improvviso abbiamo paura di cambiare qualcosa”, dice la canzone, a proposito del motivo principale per cui questo non accade mai. L’intero Paese la pensava allo stesso modo.

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Periodo post-sovietico

Bukhgalter

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, un nuovo personaggio salì alla ribalta dell’immaginario popolare: il “bukhgalter”; il “piccolo ragioniere”; il “contabile”. Nel 1991 la pop-band femminile “Kombinatsija”, che cantava nello stile degli ABBA, incise una canzone atipica per il suo repertorio e con accenni alle tematiche della mala di quei tempi, su un ragazzo comune, che lavora in un ufficio polveroso e non riesce ancora a conciliare debito e credito. Tuttavia, l’eroina della canzone lo preferisce a uno “straniero” e a un “figlio di milionario”. 

La canzone è diventata per anni una hit di tutte le feste aziendali, per il sottile senso di chi ora si sente “padrone della sua vita”, nell’era post-sovietica. Prima era magari un direttore del reparto salumi di un negozio che aveva sempre gli scaffali vuoti e vendeva illegalmente le cose sottobanco agli amici degli amici, rischiando di incorrere in qualche pena, ma nella nuova Russia era senza dubbio, se non un imprenditore, almeno un “contabile”. Una persona che sapeva come nascondere i buchi nel bilancio e non attirare l’attenzione del fisco. 

Naturalmente, non tutti i contabili degli anni Novanta hanno approfittato della loro posizione e hanno partecipato a schemi criminali. Ma un contabile onesto e povero non era da meno un’immagine suggestiva del nuovo Paese: un “piccolo uomo” che contava giorno dopo giorno i soldi degli altri. 

Kombat

Il gruppo “Ljubé” ha registrato questa canzone per il 50° anniversario della Grande Vittoria nella Seconda Guerra Mondiale, nel 1995, ma è stata associata alla guerra che era in pieno svolgimento allora; la Prima guerra cecena. Nell’orecchiabilissimo ritornello si canta della dura vita quotidiana di un comandante di battaglione che rischia ogni giorno di beccarsi “la sua pallottola” ma non si nasconde mai dietro alle spalle dei giovani coscritti. 

“Kombat” è stato l’inizio dell’ascesa al successo dei Ljube, una band che è diventata famosa per le sue canzoni patriottiche e per il protagonista di molti testi, un uomo retto sempre pronto a sacrificare la propria vita per la patria.

Straná Limonja 

“Limon” nella lingua gergale degli anni Novanta significava “Milion”; cioè un milione di rubli, simbolo di ricchezza e successo. Nell’Unione Sovietica non c’erano cifre di questo tipo nei sogni delle persone: le migliaia e i milioni apparvero solo nella Russia post-sovietica, perché il valore del rublo era sceso significativamente con l’inflazione galoppante e, in un contesto di recessione economica, prosperavano la criminalità, il mercato nero e il business illegale. All’alba di quest’epoca, nel 1990, viene pubblicato il singolo del gruppo Djuna “Strana Limonija”; ossia “Il Paese di Limonia”.

“Cantavamo di meraviglie esotiche, di come fare soldi”, ha ricordato il cantautore Aleksej Rybin. “C’è un giardino di limoni al di là del mare, troverò un limone e ne sarò felice, ma non te lo darò, e non osare criticarmi per questo”. in questi versi Rybin esprimeva sinteticamente la morale russa di quegli anni: arricchirsi con ogni mezzo e non condividere la propria nuova ricchezza con nessuno.

“Vladivostok 2000”

Il 1998 viene ricordato dai russi per la terribile crisi economica: il rublo crollò e migliaia di persone rimasero senza lavoro e senza mezzi di sostentamento. Tuttavia, un altro evento fondamentale di quell’anno fu l’arrivo di MTV a Mosca. Prima che il canale iniziasse a trasmettere, in Russia bisognava cercare le canzoni straniere sul mercato dei dischi pirata. Si ritiene che sia stato all’epoca dell’arrivo di MTV che la Russia è entrata veramente a far parte del mondo globale: l’espansione culturale si è scatenata in tutta la sua forza e MTV ha formato intorno a sé un’intera sottocultura che ha dettato la moda per il decennio successivo.

"Vladivostok 2000” del gruppo Mumij Troll è stato il primo videoclip trasmesso da MTV in Russia. La canzone canta uno degli scenari post-apocalittici che si prevedevano nel 2000 e a cui i russi, nel 1998, in mezzo a tutti i disordini, trovavano così facile credere. 

Ja soshlá s umá

Sono arrivati gli anni Duemila. È tempo di cercare altre strade, di formare altri valori. La band tATu, composta dalla quattordicenne Julija Volkova e dalla quindicenne Elena Katina, raggiunse il successo verso la fine del 2000 con il singolo “Ja soshlá s umá” (ossia: “Sono uscita di testa”; “Sono impazzita”), più nota all’estero nella versione ricantata in inglese “All The Things She Said”. Secondo l’idea del produttore Ilja Shapovalov, le ragazzine minorenni avrebbero dovuto rappresentare due studentesse innamorate l’una dell’altra. Il testo era in linea con il modo in cui le tematiche Lgbt venivano trattate nella Russia dell’epoca: “Senza di te io non sono io, senza di te non ci sono / e loro dicono, dicono, ’Questa è una sciocchezza’ <...> / E dicono, ‘Hanno bisogno di una cura urgente’”.   

Pur essendo palesemente provocatorie al limite della legalità (nel Regno Unito, in particolare, il produttore venne criticato per aver promosso la pedofilia e per Queer Baiting), le t.A.T.u. divennero un’icona pop in Russia e una delle band più conosciute al di fuori del Paese; una band con popolarità mondiale. Tre anni dopo, si esibirono all’Eurovision Song Contest con “Ne ver, ne bojsja, ne prosi” (ossia: “Non credere, non aver paura, non chiedere”), classificandosi al terzo posto. A proposito della loro potente influenza sulla comunità Lgbt Katina avrebbe poi detto: “Sapete quante persone Lgbt si suicidano? Quante persone si sono tolte la vita solo perché pensavano di avere qualcosa di sbagliato. Non potete nemmeno immaginare quante lettere ci sono arrivate da persone diverse: ‘Mi avete salvato la vita! Grazie!’".

Biografija 

Sebbene “Biografija”, della band Krovostok non sia uscita negli anni Novanta, si afferma a ragione come la migliore opera in rima sul tema dei “selvaggi anni Novanta”. Questo recitativo eseguito su un bit molto basico narra la biografia di un bandito ed è diventato probabilmente il testo più citato dal pubblico dell’intellighenzia. “Se dipendesse da me, non esiterei un secondo a inserirla nei libri di storia”, ha scritto il critico musicale Boris Barabanov a proposito della canzone nel 2006. 

Dalla metà degli anni Novanta, la band Krovostok compone versi dalla trama criminal-pornografica per un auditorio sottoproletario, ma ha attirato l’attenzione di un pubblico il più lontano possibile da quel mondo (la classe creativa moscovita, per così dire). “[Ogni loro] canzone può descrivere praticamente qualsiasi giorno in Russia”, dicono nei salotti buoni del loro progetto, audace e scioccante. La band ha avuto problemi con la giustizia nel 2015: proprio per i suoi testi troppo arditi le autorità volevano vietarla. In primo grado il tribunale ha stabilito che 13 canzoni dei Krovostok incoraggiavano i minorenni a commettere reati ai sensi di 16 articoli del codice penale. Ma in appello la sentenza è stata annullata. 

“Eksponat”

Il video musicale della canzone "Eksponat” (ossia “Oggetto esposto in un museo”) del gruppo Leningrad è stato visualizzato 187 milioni di volte su YouTube. Vi si vede una ragazza che si prepara prima di un appuntamento e cerca di conformarsi alle richieste più stereotipate della moda (magrezza estrema, trucco pesante, scarpe Louboutin) e la canzone non solo ha divertito molti, ma si è anche radicata nella coscienza di massa. L’ironica storia della moderna Cenerentola sarebbe rimasta un umorismo di breve durata, se non fosse stato per il periodo in cui la canzone è stata pubblicata; l’epoca della “sostituzione delle importazioni” per le prime sanzioni. 

Non potendo avere le ambite Louboutin, la ragazza del video prende delle scarpe normali e ne dipinge le suole con uno smalto rosso. Cosa fanno nel frattempo gli ascoltatori della canzone? Secondo le statistiche di Google Trends, le persone cercano prima “cosa sono le Louboutin?” e poi vanno a cercare dei sostituti: c’è stata un’esplosione di annunci di “scarpe come le Louboutin” online. E le Louboutin sono diventate parte della nuova mitologia russa, in cui solo perché non ci si può permettere qualcosa non significa che non si debba provare a farsela da soli.


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