Anna German – “Nadezhda” (“Speranza”)
Scritta nel 1971 dalla compositrice sovietica Aleksandra Pakhmutova e dal poeta Nikolai Dobronravov, “Nadezhda”, “Speranza”, nell’esecuzione di Anna German, è una delle canzoni più amate in Russia. “Speranza” è diventata un talismano per i cosmonauti sovietici e russi, che tradizionalmente la ascoltano prima del decollo. Secondo la leggenda, un pilota sovietico sopravvisse miracolosamente a un incidente in elicottero in Afghanistan. Le sue possibilità di sopravvivenza erano quasi pari a zero, ma in ospedale, la cantante sovietica Edita Piekha gli fece visita e cantò “Speranza”. Il pilota recuperò.
Mark Bernes – “Tjomnaja Noch” (“Notte oscura”)
Questa è probabilmente la canzone più famosa della Seconda guerra mondiale. Originariamente interpretata da Mark Bernes nel film di guerra del 1943 “Dva bojtsa” (“Due soldati”), dove interpretava un soldato che sta scrivendo una lettera a casa. Questa melodia divenne immediatamente popolare, la gente cantava: “Tu mi aspetti, non dormi, stai vicina al lettino del bimbo, e per questo lo so, che non mi accadrà nulla di male”.
Nina Urgant – “Nam nuzhnà odnà pobeda” (“Ci serve la vittoria”)
Scritta nel 1970 dal bardo sovietico Bulat Okudzhava, questa canzone viene cantata nel film “Belorusskij Vokzal” (“Stazione Bielorussia”) del regista Andrej Smirnov. Il testo parla dei terribili giorni della guerra, quando ogni soldato sa che potrebbe morire, e spera che la sua morte non sia inutile e in qualche modo contribuisca alla vittoria. “Il pianeta brucia e gira, fumo sulla nostra patria, e questo significa che ora abbiamo bisogno solo della vittoria, una per tutti, ad ogni costo”. La canzone è diventata l’inno delle truppe aviotrasportate russe.
Lev Leshchenko – “Den pobedy” (“Il giorno della vittoria”)
La canzone, del 1975, si riferisce al 9 maggio, celebrato in Russia come Giorno della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica (la Seconda guerra mondiale). La guerra coinvolse ogni famiglia sovietica e le parole “È una gioia con le lacrime agli occhi” sono molto importanti per i russi, quando commemorano l’orrore della guerra.
Kino – “Khochù Peremen” (“Voglio cambiamenti”)
“I nostri cuori esigono cambiamenti, i nostri occhi esigono cambiamenti, nel nostro riso e nelle nostre lacrime, nel pulsare delle nostre vene aspettiamo cambiamenti!”, cantava a fine anni Ottanta il leggendario musicista rock del gruppo “Kino” Viktor Tsoj (morto in un tragico incidente stradale nel 1990), e questa canzone divenne la colonna sonora della Perestrojka. Sebbene Tsoj si riferisse solo a cambiamenti filosofici personali, milioni di persone nell’Unione Sovietica interpretarono la melodia con un sottotesto politico.
Akvarium – “Gorod Zolotoj” (“La città dorata”)
La canzone è diventata famosa dopo essere stata interpretata dal cantautore Boris Grebenshchikov ed essere entrata in un disco del suo gruppo, gli Akvarium, nel 1986. Le parole, in realtà, furono scritte nel 1972 dal poeta Anri Volokhonskij (che intitolò il pezzo “Raj”, “Paradiso”) su una musica che all’epoca si riteneva un classico cinquecentesco del liutista italiano Francesco da Milano, e che invece si è poi scoperto essere un apocrifo del musicista sovietico Vladimir Vavilov (1925-1973). È una canzone sognante su una città onirica popolata di creature mitologiche. È stata poi colonna sonora del film “Assa” di Sergej Solovjov del 1987.
Vladimir Vysotskij – “Pesnja o druge” (“Canzone sull’amico”)
Come capire se il tuo amico è un vero amico? “Portalo con te a scalare una montagna”, canta il leggendario bardo sovietico Vladimir Vysotskij. “Fagli usare gli stessi ganci di supporto che hai tu, e poi saprai con chi hai a che fare.” La canzone faceva parte della colonna sonora del film del 1966 “Vertikal” del regista Stanislav Govorukhin, su un gruppo di alpinisti impegnati sulle montagne della Georgia, e parla dell’amicizia maschile, che può essere compresa solo attraverso il pericolo condiviso.
Grazhdanskaja Oborona – “Vsjò idjot po planu” (“Tutto va secondo il piano”)
È il 1988. L’Unione Sovietica crolla sotto gli occhi ed è difficile non notare cosa sta succedendo nel Paese. Ma cosa significa per un tipico ragazzo sovietico che torna a casa dopo una lunga giornata di lavoro ed è stato lasciato dalla moglie? Dovrebbe far finta che tutto vada bene? Accendere la tv e ascoltare come tutto, anche la Perestrojka, vada secondo i piani. Egor Letov (1964-2008), cantante del mitico gruppo rock Grazhdanskaja Oborona, la vedeva così: “La chiave per i nostri confini è stata spezzata in due, e nostro padre Lenin è morto del tutto: si è putrefatto in muffa e miele di tiglio. E la Perestrojka va avanti, e tutto va secondo il piano”.
Dmitrij Khvorostovskij – “Podmoskovnye vecerà”
Una notte d'estate silenziosa, un fiume tranquillo, una donna amata nelle vicinanze, cosa potrebbe esserci di meglio? E una persona conserva questi ricordi per tutta la vita. “Tranquillità nel boschetto, non un fruscio, dolcemente risplende la luna chiara e luminosa. Cara, se tu potessi sapere come faccio tesoro di questa bellissima Notte di Mosca”. La canzone, del 1955, divenne l’inno del Festival Mondiale della Gioventù e degli Studenti di Mosca del 1957. Ora è una delle canzoni russe più rappresentate al mondo. Fu anche ricantata in italiano, con i titoli di “Serate a Mosca”, “Mezzanotte a Mosca” e “Tempo di mughetti”, qui nella delicata versione di Tonina Torrielli.
Leningrad – “WWW”
Questa canzone è dedicata alla città natale della band, San Pietroburgo (Leningrado prima del 1991), di cui il gruppo continua a portare il nome. “Non ricordo quando mi sono trasferito qui - penso di essere stato ubriaco. Il mio indirizzo non è un numero civico né una via. Il mio indirizzo è www.leningrad spb punto ru. La canzone, del 2002, è del popolarissimo gruppo Leningrad, famoso per le canzoni provocatorie e i video sempre innovativi e virali su internet. Riprendeva le parole di una celeberrima canzone del 1972 dei Samotsvety, i Beatles sovietici (eccola) che nel cantavano “Il mio indirizzo non è un numero civico, il mio indirizzo non è una via, il mio indirizzo è l’Unione Sovietica!”
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