Shalyapin, il divo: 4 fatti poco noti sul cantante lirico più famoso di tutto il Novecento

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Le umili origini e poi la fama. La gloria e l’esilio. Solo le sue ceneri fecero ritorno in patria, a oltre mezzo secolo dalla sua morte

1/ Gli esordi e la fama

“Resto a letto e leggo. E ricordo il passato: i teatri, le città, le difficoltà, i successi. Quanti ruoli ho interpretato! Non sembra poi così male... Fu tanto, per un contadino...”. Così scriveva nel 1938 Fyodor Shalyapin in una delle sue lettere.

Di umili origini, il celebre cantante lirico russo, il basso più famoso di tutto il Novecento, ottenne una fama incredibile e la sua voce risuonò nei più importanti teatri di Russia. Lo zar lo definì “il cantante di sua Maestà”. Dopo la Rivoluzione del 1917 divenne direttore artistico del Teatro Mariinsky di Pietrogrado (oggi San Pietroburgo), uno dei più rinomati del paese.
Ma la sua voce non lasciò indifferente nemmeno l’Occidente: il suo debutto alla Scala di Milano, nel 1901, incise il suo nome della storia. Si dice inoltre che le esibizioni di Shalyapin furono una delle principali attrazioni delle Stagioni Russe organizzate da Sergej Dyaghilev a Parigi, quando l’Europa scoprì per la prima volta l’arte russa. Enorme per statura e per talento, Shalyapin era considerato da molti stranieri il più grande simbolo della Russia.
Il suo successo non era dovuto solo alle sue doti canore: Shalyapin infatti era anche un grande attore e interpretò ruoli drammatici come Mefisto, Don Chisciotte e Boris Godunov.

2/ Dalla disperazione alla gloria

Shalyapin iniziò a cantare a nove anni in un coro parrocchiale. E quando per la prima volta, a 12 anni, ascoltò l’opera in un piccolo teatro della provincia russa, ne rimase talmente affascinato da arrivare a dedicarle tutta la vita.

Ma in quel periodo il giovane cantante non se la passava molto bene: le difficoltà economiche lo spinsero addirittura a pensare al suicidio.
Il trampolino di lancio verso il successo arrivò grazie al famoso filantropo russo Savva Mamontov che lo invitò a partecipare all’Opera Privata Russa. E così alla fine degli anni Novanta del XIX secolo, Shalyapin divenne una star.

3/ Travolto dallo scandalo

Shalyapin godeva della reputazione di “buon uomo”. Era vicino alla gente comune e vantava nella sua cerchia di amicizie anche personaggi del calibro di Maksim Gorky, il famoso scrittore che simpatizzava con i radicali di sinistra e con la loro idea di servire le masse in difficoltà. Shalyapin sostenne anche l’idea della rivoluzione, sentimento molto diffuso all’epoca.

Nel 1911, durante uno spettacolo al teatro Mariinsky alla presenza di Nicola II, il pubblico chiese a gran voce l’inno nazionale. Chalyapin si vide costretto a cantarlo e per questo ottenne uno speciale riconoscimento da parte dello zar. Ma lo scandalo che ne seguì fu furioso: molti personaggi dell’epoca, che lo consideravano una figura reazionaria, si dissero indignati. Ci vollero parecchi anni prima che Shalyapin riuscisse a ripristinare la propria reputazione.

4/ L’addio alla patria

Già abituato al lusso, Shalyapin visse con difficoltà gli anni della Rivoluzione e della guerra civile. Spesso veniva pagato con sacchi di patate e nutriva forti preoccupazioni per il sostentamento dei suoi tanti figli: ne ebbe 11!

L’atteggiamento delle nuove autorità socialiste nei suoi confronti era ambivalente: da un lato fecero di lui l’artista più acclamato del paese, ma dall’altro lo consideravano un “elemento borghese”. Le sue proprietà furono confiscate e la sua residenza perquisita. Così iniziò a coltivare l’idea di emigrare, salvo ammettere anni più tardi che non si trattò di una decisione facile: “In quel momento mi sembrava una cosa sbagliata, sbagliata soprattutto nei confronti di me stesso. Eri tu a volere la rivoluzione, mi dicevo, indossavi un nastro rosso, ti nutrivi della kasha della rivolzuione. Ma quando anche la kasha terminò, decisi di andarmene”.
Nel 1921 Shalyapin ottenne il permesso di lasciare il paese e si recò negli Stati Uniti, prima di trasferirsi in Francia. Ma ancora non sapeva che non avrebbe mai più fatto ritorno in patria: nel 1927 il cantante decise di aiutare i figli di alcuni emigrati russi in Francia vicini al movimento dei Bianchi, oppositori politici dei bolscevichi. Fu per questo spogliato del titolo di Artista del popolo e privato della cittadinanza sovietica. Si dice che quando l’ambasciatore sovietico comunicò la decisione al cantante, egli scoppiò in lacrime.

Shalyapin tuttavia continuò ad avere molta popolarità fino al giorno della sua morte. Dal 1921 si esibì per otto stagioni al Metropolitan Opera di New York, riscuotendo un grande successo di pubblico e di critica.
Il titolo di Artista del popolo gli venne restituito nel 1991, 53 anni dopo la sua morte, e nel 1994 le sue ceneri furono finalmente riportate in Russia.

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