Anton Chekhov (1860-1904) ha scritto più di 500 racconti che, quanto a profondità psicologica e qualità artistica, non sono inferiori ai celebri romanzi dei grandi classici della letteratura russa. Fu il primo a prestare attenzione alla vita quotidiana. Il più delle volte, i protagonisti dei suoi racconti si dissolvono nelle circostanze e nella routine. I contemporanei erano felicissimi: questi personaggi erano reali. E Chekhov non li giudicava, non li criticava, ma si limitava a fissarli con lo sguardo di un osservatore distaccato.
Maksim Gorkij (1868-1936) scrisse a Chekhov che nessuno era in grado di scrivere di cose semplici come lui: “Dopo aver letto un Suo racconto, anche il meno importante, tutti quelli degli altri sembrano grossolani, scritti non con la penna, ma con un ciocco.”
Ecco dieci racconti che dovete correre a leggere, se non lo avete ancora fatto.
1 / “Il camaleonte”, 1884
Questo piccolo, significativo, episodio è ambientato nella piazza del mercato della città di N. Un cane ha morso al dito l’ orefice Khrjukin. L’orefice gridando insegue l’animale, e l’ispettore di polizia Ochumelov, richiamato dal trambusto, arriva per risolvere il problema. All’inizio, il rappresentante della legge è indignato e grida che bisogna abbattere il cane in fuga e multare il suo proprietario. Ma non appena viene a sapere che il cane appartiene al generale Zhigalov, la sua opinione cambia repentinamente. Come è mai possibile che un cane così piccolo e dolce abbia morso quell’omone dell’orefice? Deve essersi fatto male da solo e cerca di scaricare la colpa su qualcuno. Ma ecco che nella folla dicono che il generale ha solo dei levrieri, e il poliziotto torna dell’opinione di abbattere l’animale… Finché non si viene a sapere che il cane appartiene al fratello del generale, giunto da poco in città. E ovviamente il poliziotto torna a minacciare l’orefice…
È uno dei primi racconti di Chekhov con cui fanno la conoscenza tutti gli scolari russi, e dimostra come una persona possa cambiare idea a seconda di con chi ha a che fare: con superiori e gradi più alti o con la gente comune,
2 / “Vanka”, 1886
Vanka, nove anni, non ha né padre né madre, ed è ragazzo di bottega presso un calzolaio. La sera prima di Natale, quando tutti sono andati alla messa, Vanka tira fuori un foglio stropicciato e inizia a scrivere una lettera al nonno. Il ragazzo descrive come è maltrattato dal calzolaio, come viene nutrito male, come viene picchiato anche per piccolezze e come gli altri apprendisti lo deridono. Il ragazzo chiede al nonno di riprenderlo con sé, e promette di obbedire e aiutare in tutto. “Vorrei correre a piedi in paese, ma non ho gli stivali, ho paura del gelo”.
Accadrà un miracolo di Natale? Nel realismo, i miracoli sono rari. Invece dell’indirizzo esatto, il ragazzo scrive sulla busta solo: “Per il nonno al villaggio”. È improbabile che venga trovato il destinatario desiderato. Questa espressione ““Per il nonno al villaggio” (in russo: “На деревню дедушке”; “Na derevnju dedushke”) è diventata un modo di dire, che indica in senso figurato un “appello inutile”.
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3 / “Kashtanka”, 1887
Un cagnolino, un incrocio tra un bassotto e un bastardino, si è perduto: il suo proprietario, che lo tratta piuttosto male, si è ubriacato e lo ha perso di vista. Per strada, uno sconosciuto ha avuto pietà dell’animale e lo ha preso con sé, nutrendolo e decidendo di tenerlo, e gli ha dato il nome di Tjotka (“Zietta”). Il nuovo proprietario è un artista circense e fa esibire il cane in un numero. Proprio al debutto, qualcuno chiama l’animale con il suo vecchio nome, “Kashtanka” e si scopre che il suo ex proprietario era venuto al circo.
Chekhov umanizza al massimo il cane e i suoi pensieri, lo dota di sentimenti e tanto più è sorprendente la sua differenza dalle persone. Il cane è affezionato al vecchio proprietario, un falegname, e anche dopo essere stato ben nutrito, e aver trovato un nuovo posto dove dormire al caldo, era triste per lui e ricordava con nostalgia persino i giochi crudeli di suo figlio. Non è disposto a scambiare il proprietario con il comfort, il cibo caldo e persino la gloria da artista circense, quindi quando il falegname la chiama con il vecchio nome, corre immediatamente da lui.
4 / “Lo studente”, 1894
Mentre uno studente dell’accademia teologica sta tornando a casa, all’improvviso arriva il freddo e comincia a soffiare un forte vento. I suoi pensieri si fanno cupi, pensa che lo stesso vento soffiava sia sotto Rjurik che sotto Pietro il Grande; che e soffia da mille anni, e durante tutto questo tempo nulla è cambiato, c’è tutta la stessa povertà e e ignoranza intorno. Lungo la strada, lo studente incontra due contadine vedove del suo villaggio: madre e figlia. Per noia, inizia a raccontare loro una storia biblica, di come Pietro avesse rinnegato Cristo, e dice che quella era una notte terribile e fredda come questa. Alle sue parole, la donna più anziana inizia a piangere. E lo studente si rende conto di come lei si immedesimi davvero nei tormenti di Pietro e come tutto quello che era accaduto le era vicino…
Durante questo breve racconto, lo studente sperimenta un’incredibile trasformazione. Trova sempre noioso leggere il Vangelo e i libri di chiesa, ma questo incontro con persone reali e con le loro esperienze gli ha dato una certa qual comprensione del significato della vita.
5 / “La casa col mezzanino”, 1896
La storia è narrata dal punto di vista di un pittore che conduce uno stile di vita ozioso, e che ha come interessi solo le passeggiate e il bere il tè. Un giorno incontra una vedova con due figlie che abitano vicino a lui in una casa con il mezzanino. La sorella minore è giovane e sognatrice, ammira i dipinti dell’artista, e lui si innamora di lei. L’esatto opposto è la maggiore: è attiva, lavora a scuola, insegna ai bambini contadini, riceve i malati, cerca di organizzare un centro medico per i contadini… Tutta questa sua attività irrita l’artista.
Chekhov mostra due tipi umani in questo racconto. Una è una persona attiva di ampie vedute, che ritiene importante aiutare la gente, anche se con piccoli gesti (lo stesso Chekhov aderiva alla teoria delle piccole azioni e, da medico, riceveva gratuitamente contadini malati nella sua usadba). D’altra parte, da un punto di vista più filosofico riteneva che fossero necessari cambiamenti globali e che fino alla loro realizzazione, non valesse la pena fare più di tanto.
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6 / “Ionych”, 1898
Il giovane dottore Dmitrij Ionovich arriva in una città di provincia con una nobile missione: curare i contadini per pochi soldi. L’unico divertimento che ha è andare in visita dalla famiglia Turkin la sera. Loro mettono in scena degli spettacolini e la figlia Katja suona il piano. Il dottore si innamora della ragazza e le fa la proposta di matrimonio, ma lei lo rifiuta perché ha “obiettivi più alti e brillanti”.
Nel corso degli anni, il dottore è diventato flaccido, robusto e ormai con i piedi per terra. Le esibizioni casalinghe dei Turkin gli interessano poco, a differenza del denaro e del comfort domestico… Non si sposta mai a piedi, ma sempre in sella ai suoi cavalli (per Chekhov, un dettaglio del genere è molto importante). Cosa accadrà quando incontrerà di nuovo la sua Katja?
Chekhov tratteggia qui il suo tema preferito: come i sognatori diventano persone normali, come la vita di tutti i giorni le assorbe.
7 / “L’uomo nell’astuccio”, 1898
Belikov, anche nella stagione calda, indossa un cappotto e porta un ombrello in una custodia. In generale, tutte le sue cose hanno il loro contenitore. E la faccia la nasconde sempre dietro un alto colletto. In ogni cosa ama l’ordine, è molto sospettoso e ansioso. E solo nella bara avrà un’espressione quasi allegra sul viso: “Finalmente lo hanno messo in una custodia da cui non uscirà mai”.
Chekhov ha mostrato un uomo solitario che ha cercato di nascondersi dal mondo intero in un guscio. E la sua vita è stata invisibile, così vuota e priva di significato che nessuno era triste quando è morto…
“L’uomo nell’astuccio” (in russo: “человек в футляре”; “chelovék v futljáre”) è diventata un’espressione popolare con una connotazione negativa: questo è ciò che si dice delle persone che hanno paura di aprirsi al mondo e perdono molte opportunità pur di non uscire dalla loro comfort zone.
8 / “L’uva spina”, 1898
Il protagonista di questo racconto presta servizio in un ufficio, ma sogna di vivere fuori città e di acquistare una tenuta dove non potrà mancare una bella pianta di uva spina. Risparmia su tutto; ogni centesimo. Si sposa anche per soldi, e sua moglie per tutta quell’avarizia appassisce in fretta e muore. Anni dopo, il sogno si è avverato: si è trasformato in un gentiluomo con una tenuta, e mangia avidamente la sua uva spina.
Il racconto è legato a L’uomo nell’astuccio” e in generale al tema dell’essere eccessivamente egocentrici. Inoltre, rappresenta un importante ragionamento di Chekhov sulla felicità umana.
9 / “Dushechka”, 1898
Olenka è così mite che tutti la chiamano “dushechka” (un vezzeggiativo usato per le persone buone). Si dedica agli affari dei suoi mariti con impegno totale: il primo è un impresario teatrale, il secondo un responsabile di un magazzino di legname, quindi un veterinario… Non solo è interessata ed esperta, ma anche un’assistente competente e persino il suo vocabolario cambia a seconda degli interessi del marito.
Questa è una delle opere più importanti sulla natura femminile e sul ruolo della donna. Alla fine del XIX secolo, in Russia le donne cessarono di essere solo madri e mogli: la società richiedeva che fossero istruite, lavorassero e portassero il loro contributo alla società. Chekhov riflette su questo nuovo ruolo, ma non emette alcun verdetto.
10 / “La signora con il cagnolino”, 1899
Due persone sposate infelici del loro matrimonio si incontrano in vacanza in Crimea e iniziano una storia d’amore. Dopo le vacanze, tornano dalle loro famiglie, ma si desiderano ardentemente. Rendendosi conto di aver incontrato il vero amore, iniziano a incontrarsi di nascosto e a sognare un futuro insieme…
Questo racconto è stato portato più di una volta sullo schermo, e lascia spazio all’interpretazione, visto il finale aperto. Chekhov scrive ancora una volta non di eroi che cercano e combattono per la loro felicità, ma di persone che si abbandonano al flusso della vita.
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