Belov, l’artista simbolo della perestrojka che denunciò le purghe di Stalin: a Mosca i suoi quadri

Museo di Storia dei Gulag di Mosca
I suoi dipinti, che negli anni Ottanta fecero scalpore, saranno in mostra al Museo di Storia dei Gulag fino al 18 maggio 2022

Il Grande Lenin, 1985

Quando questi dipinti furono esposti per la prima volta al pubblico di Mosca, nel 1988, gli spettatori rimasero talmente impressionati che si formarono lunghe file di persone desiderose di vedere la mostra.

Sono arrivati i corvi [in riferimento al famoso dipinto omonimo del XIX secolo di Aleksej Savrasov]

All’epoca, Pjotr Belov era un artista sconosciuto. Ma divenne subito il simbolo della perestrojka e della glasnost nell'arte. Prima di allora, parlare delle repressioni di Stalin era praticamente impossibile (figuriamoci dipingere!). E raramente i libri sui Gulag raggiungevano la pubblicazione. 

Attacco di cuore, 1986

Da quel momento i quadri di Belov hanno fatto il giro dell’Unione Sovietica e sono diventati famosi in tutto il mondo. 

Nel 2020, la famiglia dell'artista ha donato i suoi quadri al Museo di Storia dei Gulag di Mosca. L’istituzione museale ha dato loro una seconda vita, permettendo al pubblico di ammirarli e capire cosa avevano vissuto i russi alla fine degli anni Ottanta.

Denti di leone, 1987

“Il ciclo di dipinti che più colpì il pubblico per il coraggio e la profondità delle opere fu chiamato il ‘Ciclo anti-Stalin’”, racconta Roman Romanov, direttore del Museo di Storia del Gulag. 

Tutta la vita, 1987

“Le sue opere esprimevano il dolore e la paura dei suoi contemporanei”, dice Romanov.

Senza titolo. (Ascensione), 1987

Il dipinto qui sotto mostra un pacchetto di sigarette “Belomorkanal” (chiamato in gergo “Belomor”), dal nome del canale del Mar Bianco-Baltico. Il canale è tristemente noto per essere stato costruito dai prigionieri dei Gulag a tempo di record: i lavori di costruzione costarono la vita a migliaia di persone. Perciò la metafora è chiara: molte persone passarono attraverso il Belomorkanal.

Belomorkanal, 1985 

La metafora di Pasternak “murato vivo” è molto vera. Quando il suo romanzo “Il dottor Zivago” fu vietato in URSS, lui riuscì a farlo arrivare segretamente in Occidente, dove fu pubblicato. Pasternak per quest’opera ottenne il Premio Nobel per la letteratura; ma le autorità sovietiche lanciarono un'intera campagna contro di lui, che portò alla sua prematura scomparsa. In fondo al quadro si scorge un numero del giornale Pravda con un ritratto di Nikita Khrushchev, che diede il via alla campagna contro Pasternak.

Pasternak, 1987 

Questo dipinto è un omaggio al regista di teatro Vsevolod Meyerhold, vittima delle repressioni. Belov ne ha ritratto il corpo emaciato e malconcio in prigione, mentre la sua testa è coperta dalla foto di un documento di identificazione ufficiale.

Meyerhold, 1986 

“Stalin nei dipinti di Belov è un'allegoria della morte”, dice Kirill Svetlyakov, il curatore della mostra. “In uno dei quadri, guarda la clessidra dove teschi umani ‘misurano’ il tempo al posto dei granelli di sabbia. In un altro quadro, le figure umane assomigliano alla cenere e cadono dalla sua pipa. In quello successivo, le persone sono fiori di campo sotto gli stivali del dittatore”.

Anno 1941, 1985

La clessidra, 1987

“Osservando attentamente [il quadro qui sotto] si nota una fotografia che spunta dal foro nel ghiaccio con la fronte del papà e la prima pagina del manoscritto de ‘Il Maestro e Margherita’, dice Ekaterina Belova, figlia dell'artista. “Si nota anche un’altra fotografia capovolta. Sicuramente è la mamma, per l’acconciatura e i capelli. E poi c'è un grande campo di neve. Papà diceva che se uno si mettesse a scavare e a sciogliere la neve, potrebbe trovare molti manoscritti nascosti in ogni chiazza scongelata”.

Pezzettino scongelato. M. Bulgakov, 1986

La mostra “In coda per la verità” di Pjotr Belov resterà aperta nel Museo di Storia dei Gulag di Mosca fino al 18 maggio 2022



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