I cineasti occidentali stanno ricreando sempre più fedelmente varie epoche e personaggi della storia russa, e sono sempre più interessati ad attori madrelingua russi, che vengono invitati più spesso a prendere parte a produzioni importanti. Russia Beyond ha scelto cinque bei progetti occidentali, i cui creatori hanno davvero cercato di non diffondere delle “kljukva”, ossia stereotipi a buon mercato sulla Russia. Anche se in qualche cliché sono incappati comunque.
I gialli e i thriller raramente fanno a meno delle spie russe, ma lo scrittore e sceneggiatore, ed ex ufficiale della Cia, Joe Weisberg, ha escogitato una declinazione insolita di questa figura così diffusa. Una coppia di ufficiali del Kgb, negli anni Ottanta si trasforma nella famiglia americana dei Jennings, che vive in un sobborgo di Washington. Combinano l’educazione di due bambini e lo stile di vita di una normale famiglia americana con lo spionaggio, per il momento con successo.
In sei stagioni, la serie, molto apprezzata dalla critica e dagli spettatori sia in Russia che negli Stati Uniti, ha subito molti cambiamenti, ma una cosa è rimasta invariata: entrambe le parti della Guerra fredda sono state mostrate senza esagerazioni e assomigliano alla realtà il più possibile. Non c’è da stupirsi che la serie sia uscita sulla scia dell’ampiamente discusso scambio di spie tra Russia e Stati Uniti.
La serie con James Norton nel ruolo del protagonista inizialmente flirta con il pubblico utilizzando a profusione caviale, vodka e banditi con nomi di famosi uomini d’affari dell’elenco dei più ricchi di Forbes, ma gradualmente si trasforma in una saga criminale vorticosa, in cui la parte di invenzione artistica si combina armoniosamente con un’analisi geopolitica accurata e veritiera.
Al centro di “McMafia” c’è la famiglia dell’oligarca russo esule Dmitrij Godman (interpretato dalla star del cinema russo Aleksej Serebrjakov), che prova una profonda nostalgia di casa, soffre per il fatto che i bambini abbiano quasi dimenticato la lingua russa e si ritrova in un vortice di eventi criminali che attraversano Regno Unito, Israele, Repubblica Ceca, India e, naturalmente, la Russia. Alcune riprese di Mosca che si possono vedere in “McMafia” sono state effettivamente girate nella capitale russa. Ma nella seconda stagione, gli autori della serie hanno promesso ancora più scene della vera Russia, perché molte di quelle della prima ritraggono in realtà Belgrado o Zagabria.
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La terza stagione del popolare progetto nostalgico dei fratelli Matt e Ross Duffer ha regalato ai fan una “pista russa” senza la quale, ovviamente, la storia dei misteriosi anni Ottanta non avrebbe potuto essere completa. Oltre a personaggi russi caricaturali caratteristici del tempo (ricordiamo, ad esempio, il “Danko” di Arnold Schwarzenegger), nella serie appare un russo sorprendentemente positivo. È forse l’unico russo così positivo del cinema americano.
Si tratta dello scienziato Aleksej, che aiuta i personaggi principali, Hopper e Byers a capire cosa ci facevano i russi in una piccola città dell’Indiana. Non senza l’aiuto di un traduttore, ovviamente. Il ruolo dello scienziato è stato interpretato dall’attore Alec Utgoff, cresciuto in Russia e Ucraina, e poi emigrato nel Regno Unito, dove ha costruito la sua carriera. Gli autori di “Stranger Things” non si sono fermati qui e hanno già incuriosito il pubblico con un teaser della quarta stagione, dove, a quanto pare, ci sarà molta “Madre Russia”.
Il creatore della serie cult “Mad Men”, Matthew Weiner, è rimasto così colpito dallo studio della storia russa che ha deciso di dedicare un’intera mini-serie alla dinastia imperiale russa. Anzi, meglio, ai moderni discendenti dei Romanov.
Ogni puntata del progetto (da non confondere con “The Last Czars”/“Gli Ultimi zar” di Netflix, una vera miniera di bufale!) è un film a sé stante sul destino storico, i segreti di famiglia, le maledizioni e i miti a cui tante persone sono pronte a credere. Ma tutte le puntate sono collegate dal fatto che parlano di portatori del gene della famiglia reale, che ora vivono in diversi Paesi, ma a volte si rivedono per il “raduno dei Romanov”.
Tuttavia, la vera realtà russa appare nella settima puntata, in cui una coppia americana si reca a Vladivostok per adottare un bambino in un orfanotrofio. Nonostante il fatto che l’intera parte “russa” sia stata girata in Romania, qui sono ben riusciti a riprodurre la provincia russa di inizio anni Duemila: rigidi controlli alle frontiere, persone davvero poco sorridenti, alberghi male in arnese e persino un tribunale russo. Inoltre, quasi tutti gli attori parlano russo con un accento minimo.
Gli autori di uno dei progetti più sorprendenti dello scorso anno sono riusciti non solo a raccontare benissimo la storia del disastro di Chernobyl e a trasmettere la tragedia di persone che si sono ritrovate a essere vittime accidentali dell’incidente che ha colpito tutto il mondo, ma hanno anche lavorato sui minimi dettagli per ricreare la vita sovietica. Dai tappeti agli utensili nelle case dei residenti di Pripjat ai tavoli enormi negli uffici degli alti funzionari sovietici e dei membri del partito.
Forse questo è dovuto al fatto che lo showrunner del progetto, Craig Mazin, e il regista Johan Renck, hanno studiato attentamente i materiali d’archivio e letto “Preghiera per Chernobyl” di Svetlana Aleksievich. Le riprese si sono svolte in Lituania e in Ucraina, e dopo l’uscita della serie, i tour a Pripjat sono diventati popolari (dopo il crollo dell’Urss, si trova sul territorio dell’Ucraina indipendente). Nonostante il fatto che i ruoli principali siano stati interpretati da attori stranieri che non hanno vissuto l’epoca sovietica, sono riusciti a trasmettere non solo il conflitto interiore, ma anche quello esteriore tra dovere e onore, tra gli ordini del partito e la salvaguardia della vita umana.
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