Il film (titolo originale in russo: “Dylda”; “spilungona”) è ambientato nella Leningrado del 1945 e racconta la storia di due giovani donne che tornano a casa dal fronte. Cercano di ricostruire il loro piccolo mondo nell’apocalisse del dopoguerra e la loro relazione intima, a volte molto intima, è un tentativo di trovare un’anima gentile e comprensiva in un mondo di indifferenza e solitudine.
“Beanpole” è diretto dal giovane Kantemir Balagov (nato il 28 luglio 1991 a Nalchik, in Cabardino-Balcaria), che con questo film si è assicurato il premio al miglior regista nella sezione “Un Certain Regard” al Festival di Cannes. Inoltre, la pellicola è stata scelta come candidato della Russia all’Oscar al miglior film internazionale (nuova denominazione, più politically correct, che dal 2020 avrà l’Oscar al miglior film in lingua straniera). Se avrà la nomination lo si saprà il 13 gennaio.
Il film è ispirato al libro del premio Nobel per la letteratura 2015 Svetlana Aleksievich, “La guerra non ha un volto di donna” (pubblicato in Italia da Giunti), che parla del contributo cruciale apportato dalle donne sovietiche alla vittoria nella Seconda guerra mondiale.
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“Т-34” di Aleksej Sidorov (1968; il regista della mitica serie tv “Brigada”) ha sbancato il botteghino russo, ed è l’unico film di produzione nazionale che ha incassato più di un miliardo di rubli, raggiungendo infine un totale di 2,3 miliardi (39 milioni di dollari). Il motivo principale di questo successo è che la sua uscita è arrivata ai primi di gennaio, durante la lunga pausa delle vacanze di inizio anno, quando le persone hanno molto tempo libero a disposizione.
“T-34” combina l’argomento delicato del patriottismo russo durante la Seconda guerra mondiale con intense battaglie di carri armati, le cui scene a volte assomigliano molto a fumetti.
Molte persone sono state sorprese dalla rappresentazione della guerra come qualcosa di molto simile a un videogioco, ma tuttavia i russi si sono riversati nei cinema.
Il film è la storia dell’ex cadetto Nikolaj Ivushkin. Nel novembre del 1941, nel villaggio di Nefedovka, prese il comando dell’unico carro armato sovietico sopravvissuto per affrontare un’intera unità di tank tedeschi che si avvicinava a Mosca, e riuscì a sbaragliarli tutti.
Nel 1944, Nikolaj finì in un campo di concentramento in Germania, dove fu costretto a insegnare ai tedeschi come usare il carro armato T-34. Il nemico, tuttavia, non sapeva ancora che Nikolaj si stava preparando a scappare…
Questo film (titolo originale russo: “Byk”; “Il toro”) ha vinto il festival cinematografico più importante della Russia, Kinotavr, aggiudicandosi il premio per il miglior film e la migliore fotografia. La pellicola è una aperta riflessione di un regista trentaquattrenne (è nato a Mosca nel 1985) sul periodo della Perestrojka; non solo come uno dei periodi più difficili della recente storia russa, con banditismo, disoccupazione e mancanza di ogni prodotto nei negozi, ma anche come ricordi d’infanzia, a partire dai tappeti appesi alle pareti e finendo con una riunione di famiglia con canzoni russe e piatti cucinati in casa sul grande tavolo tradizionale.
Il film racconta la storia di un boss criminale, Anton Bykov, che è soprannominato Byk; il Toro. Non è così semplice come sembra a prima vista. Nonostante sia un criminale, ha un cuore grande e vulnerabile. L’argomento e la sua rappresentazione sono molto vicini ai numerosi film degli anni Novanta e dei primi anni Duemila, come “Brother” o “Brigada”, che sono stati girati mentre tutto ciò stava ancora accadendo nel Paese.
Da questo punto di vista, il film è abbastanza tradizionale per il cinema russo che rappresenta il periodo della Perestrojka e il crollo dell’Urss. Il punto principale è che il caos post-sovietico viene percepito dal regista di una nuova generazione, che lo vede questa volta in modo più idealistico. Questo periodo fa parte della sua infanzia: è mezzo romanticizzato e mezzo terrificante.
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Questo film (titolo originale: “Malchik russkij”; “Ragazzo russo”) è uno dei debutti russi più significativi dell’anno e la sua première si è svolta nella prestigiosa cornice del Festival di Berlino. È stato girato da uno studente del famoso regista russo Aleksandr Sokurov, Aleksandr Zolotukhin, nato il 7 settembre 1988.
“A Russian Youth” è un dramma di guerra. All’inizio della Prima guerra mondiale, un giovane soldato, Aljosha, diventa cieco durante una delle battaglie, ma decide di rimanere in prima linea, aiutando il più possibile. Diventa un “ascoltatore” professionista, che mette in guardia gli altri soldati quando il nemico sta arrivando.
Ci sono due linee narrative parallele che si intrecciano: quella storica e quella musicale, che mostra una prova della Orchestra Tauride nella moderna San Pietroburgo. Suona in modo eccezionale brani del “Concerto n. 3” e delle “Danze sinfoniche” del compositore russo Sergej Rachmaninov (1873-1943). L’obiettivo è quello di riflettere sulla tragedia accaduta nel mondo all’inizio del XX secolo e di mostrare il dramma di una persona in particolare, che ha perso la vista.
I critici cinematografici stranieri hanno paragonato questo film ai primi lavori di Andrej Tarkovskij e di Elem Klimov. “A Russian Youth” è realizzato in bianco e nero, con la stilizzazione di un film sgranato sbiadito.
Questo film (titolo originale: “Vernost”; “Fedeltà”) della regista Nigina Sajfullaeva (nata a Dushambè, nell’attuale Tagikistan, nel 1985) è probabilmente il più provocatorio dell’anno nel cinema russo. Pieno di scene esplicite, è stato duramente criticato dalla giuria del festival cinematografico Kinotavr che non era sicura di come accoglierlo, e che alla fine gli ha dato un riconoscimento speciale con una formula ambigua: “Per la fiducia illimitata degli attori nella regista”.
Molti critici russi, tuttavia, si sono interessati a questa storia di una coppia che non riesce ad avere un dialogo e a discutere dei problemi della loro vita sessuale. Di conseguenza, la moglie trova la soluzione in numerose scappatelle adultere, che la aiutano a sentirsi viva. La rappresentazione audace e schietta della vita intima dei protagonisti è stata definita coraggiosa e rivoluzionaria dalla critica.
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