Il produttore Aleksandr Rodnyanskij, le attrici Viktoria Miroshnichenko e Vasilisa Perelygina e il regista Kantemir Balagov alla proiezione del film "Beanpole", alla 72esima edizione del Festival di Cannes
Getty ImagesKantemìr Balàgov, classe 1991, è improvvisamente entrato nell’olimpo dell’industria cinematografica russa nel 2017, quando il suo lavoro di debutto, “Closeness” (titolo originale in russo: “Tesnotà”), inaspettatamente è stato inserito nella sezione “Un Certain Regard” al Festival di Cannes. A quel tempo, nessuno conosceva il giovane regista, studente del leggendario Aleksandr Sokurov.
“Closeness” a Cannes ricevette il Premio Fipresci, e in Russia, di conseguenza, arrivò da favorito ai festival cinematografici nazionali (dove raccolse numerose nomination, e ben 8 statuette). Dopo le prime proiezioni, Balagov fu immediatamente acclamato in patria come speranza del nuovo cinema russo: il suo metodo creativo (che combina realismo quasi documentaristico e complesse metafore) copriva le imperfezioni tecniche di “Closeness”, dovute a un budget molto risicato.
Balagov non ha già più avuto difficoltà a trovare i fondi per il suo secondo film, “Beanpole” (titolo originale russo: “Dylda”; titolo francese: “Une grande fille”), che ha confermato il suo indubbio talento nel raccontare storie umane penetranti, e che al Festival di Cannes del 2019 si è portato a casa ancora una volta il Premio Fipresci, e anche quello alla Miglior Regia (entrambi nella sezione “Un Certain Regard”).
“Beanpole” racconta la storia di due donne che sono tornate dal fronte a Leningrado dopo la fine del lungo assedio nazista (8 settembre 1941–27 gennaio 1944). Inizialmente, Kantemir Balagov voleva girare uno dei monologhi del premio Nobel Svetlana Aleksievich “La guerra non ha un volto di donna”, ma poi ha abbandonato l’idea in favore di una sceneggiatura indipendente. In ogni caso, questo film è molto diverso dalle tradizionali pellicole russe sulla Seconda guerra mondiale degli ultimi anni. E non si tratta neanche tanto dell’assenza di scene di eroismo e di battaglia. Prima di tutto, questa è una storia molto privata e intima di due donne che cercano di riempire il loro vuoto interiore e che, cosa più importante, va pienamente a bersaglio.
A produrre “Beanpole” è stato Aleksandr Rodnjanskij, che in precedenza ha prodotto tutti i film di Andrej Zvjagintsev, tra cui quelli che hanno ricevuto importanti premi internazionali come “Elena” e “Leviathan”. Il nome di Rodnjanskij oggi è una sorta di marchio di qualità. Di norma, si muove solo per progetti artistici veramente ambiziosi e che possono interessare non solo il pubblico russo. Il nuovo lavoro Kantemir Balagov non fa eccezione.
Già al debutto, con “Closeness”, era chiaro che Balagov era un regista in grado di lavorare con attori poco conosciuti in modo da lanciarli. Grazie al suo primo film, è stata lanciata la carriera cinematografica di Darja Zhovner, che lì interpretava il ruolo della protagonista.
Il giovane regista cerca attori di talento, ma non già noti al grande pubblico. Con “Beanpole” ha fatto scoprire la venticinquenne Viktoria Miroshnichenko e la ventitreenne Vasilisa Perelygina, che non avevano mai lavorato al cinema.
Le recensioni quasi non ne parlano, ma le fotografia del film, allo stesso tempo non eccessiva ma molto espressiva, è uno dei meriti principali di “Beanpole”, che è pieno di richiami visuali ai capolavori della pittura europea. A firmarla è Ksenia Sereda, uno dei professionisti più talentuosi di Russia in questo campo.
Come tutta la squadra del film, Ksenia è giovane, ha solo 24 anni. Tuttavia, ha iniziato a fare film sei anni fa, e in questo periodo è diventata un vero maestro. L’anno scorso ha lavorato al debutto alla regia di Aleksandr Gorchilin, “Acid” (titolo originale russo: “Kislotà”), un altro film d’esordio con uno stile molto interessante. Ma “Beanpole” porta senza dubbio la Sereda a un livello completamente nuovo.
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