Charles de Gaulle
Il monumento al presidente francese, che durante la Seconda guerra mondiale chiamò a raccolta i francesi per combattere contro l’occupazione nazista, è apparsa a Mosca, di fronte all’hotel Kosmos, nel 2002. All’inaugurazione erano presenti il presidente russo Vladimir Putin e l’allora presidente francese Jacques Chirac. La statua è opera dello scultore Zurab Tsereteli, che a quell’epoca impazzava a Mosca, spesso suscitando reazioni molto contrastanti, ed è autore anche della gigantesca opera dedicata a Pietro il Grande in mezzo alla Moscova e della “Lacrima di dolore” (nome ufficiale: “To the Struggle Against World Terrorism”), dedicata alle vittime dell’11 settembre e piazzata a Bayonne (New Jersey). Anche il de Gaulle, alto 8 metri e piazzato su un piedistallo di 10, non piacque molto ai moscoviti, che lo soprannominarono “spauracchio”. Molti ancora oggi sostengono che non assomigli per niente al de Gaulle vero, e che sembri piuttosto il gendarme in chepì interpretato dal famoso comico francese Louis de Funès negli anni Sessanta e Settanta.
Karl Marx, Ho Chi Minh, Ernst Thälmann, Palmiro Togliatti
Alle statue dei leader sovietici, dopo il crollo del comunismo, non è sempre andata bene. Alcuni di loro sono rimasti sul piedistallo in migliaia di città e villaggi in giro per la Russia, altre sculture sono state abbattute, o, più spesso, pacificamente spostate una volta che tirava brutta aria, come accadde a quella in onore di Dzerzhinskij, Feliks di ferro, il fondatore della polizia segreta, che sorgeva di fronte alla sede del Kgb in piazza della Lubjanka.
Ai loro colleghi stranieri è andata nettamente meglio, e restano tutti al loro posto. Per esempio i fondatori del pensiero socialista Karl Marx e Friedrich Engels sono onnipresenti. Il Marx più famoso è quello sulla piazza del Teatro a Mosca, proprio di fronte al Bolshoj. Il monumento, opera dello scultore Lev Kerbel, fu inaugurato nell’ottobre del 1961. Da ispirazione per l’artista fece una frase del rivoluzionario sovietico Anatolij Lunacharskij (1875-1933), il quale ebbe modo di dire che “Marx è un monolite”. Lui si riferiva alla grandezza del pensiero, ma lo scultore lo ha preso alla lettera, e il fondatore del marxismo fuoriesce appena da un masso squadrato di granito grigio di 160 tonnellate. Tanto che Faina Ranevskaja (1896-1984), l’attrice famosa per le sue frasi corrosive, la definì “un frigorifero con la barba”
Al “Lenin vietnamita” Ho Chi Minh (1890-1969), la statua a Mosca fu eretta solo nel maggio del 1990, e contro le sue parole di “non volere un monumento”. Del resto, proprio grazie al know-how sovietico, era già stata violata l’altra sua volontà, quella di essere cremato, ed era stato imbalsamato come Lenin.
Ho Chi Minh si era formato proprio in Unione Sovietica (dove aveva incontrato anche Lenin in persona, nel 1923), e così fu decisa la costruzione del monumento sul piazzale della stazione della metropolitana Akademicheskaja.
Venne cementata una grande aiuola, furono tagliati gli alberi, e al loro posto apparve questo gigante piatto di bronzo (rappresenta il sole) con al centro la faccia di Ho Chi Minh (pseudonimo che, del resto, significa “Portatore di luce”). Davanti a lui un vietnamita si rialza.
Dopo il crollo dell’Urss, fu proposto di togliere il monumento dalla piazza, ma l’interessamento e le proteste dell’ambasciata vietnamita lo salvarono. I moscoviti, però, non lo hanno mai apprezzato più di tanto. C’è chi lo chiama “piatto volante” e chi “monumento ai trecento anni dell’invasione tataro-mongola”.
Il leader dei comunisti tedeschi Ernst Thälmann (1886-1944) è invece glorificato nella piazza a lui intitolata, vicino alla stazione della metro Aeroport.
Quanto all’italiano Palmiro Togliatti, una sua statua sorge ancora in Crimea (dove morì nel 1964), nel Parco della colonia estiva Artek, non lontano da Jalta. Al segretario del Partito Comunista italiano, dopo la morte venne anche intitolata una città, la ex Stavropol sul Volga, che si chiama ancora Togliatti (710.000 abitanti, 1.000 chilometri a est di Mosca). A quanto emerso da un sondaggio, la maggioranza dei cittadini non sa perché e in onore di chi la città si chiami così, ma sarebbe favorevole alla costruzione di un monumento a Togliatti, finora assente.
Indira Gandhi e il Mahatma Gandhi
Negli anni Ottanta Indira Gandhi (1917-1984) era molto famosa in Unione Sovietica ed era stata anche dichiarata solennemente professore honoris causa dell’Università Statale di Mosca. Tre anni dopo la morte, nel 1987, proprio vicino al prestigioso ateneo, venne innalzata la statua al primo premier donna dell’India, figlia di Jawaharlal Nehru (il cognome lo aveva preso dal marito, sposato nel 1942, e dal quale si era presto separata, Feroze Gandhi, in nessun modo imparentato con il Mahatma).
Non lontano sorge proprio il monumento al padre dell’India indipendente, il Mahatma Gandhi 1869-1948, donato a Mosca dagli indiani nel 1988. Gandhi era popolare in Urss e lui stesso si era in parte ispirato alla rivoluzione russa e aveva tenuto una corrispondenza con Lev Tolstoj, che considerava un maestro spirituale.
Michael Jackson
A capo dell’iniziativa per innalzare un monumento al re della pop music Michael Jackson (1958-2009) si è posto il suo fan club di Ekaterinburg (1.790 chilometri a est di Mosca). “Perché proprio a Ekaterinburg? Perché si trova al confine tra Europa e Asia. E un uomo come Michael, di fama planetaria, era amato tanto in Europa, quanto in Asia”, ha spiegato la decisione uno dei fan, Aleksandr Olimpiev.
Così un Jackson di quasi tre metri di altezza e pesante mezza tonnellata, nella sua tipica posa di danza, è apparsa nel 2011, due anni dopo la morte.
Friedrich Schiller
In realtà questo monumento al filosofo e poeta Friedrich Schiller (1759-1805), che sorge nel centro di Kaliningrad (1.259 chilometri a ovest di Mosca), non lo hanno costruito i russi, ma lo hanno ereditato dai tedeschi, che lo avevano eretto nel 1910, quando la città si chiamava ancora Königsberg ed era capoluogo della Prussia orientale. Il monumento è incredibilmente sopravvissuto. La prima volta a un bombardamento a tappeto dell’aviazione inglese che rase al suolo più di mezza città nel 1944. Poi nel corso della Battaglia di Königsberg, con il centro che cadde nelle mani dell’Armata Rossa dopo mesi di combattimenti e quattro giorni di guerriglia urbana, solo il 9 aprile del 1945. Proprio allora i soldati russi misero un cartello al collo di Schiller, destinato a rimanere lì a lungo “Non sparate. È dei nostri”. Infine, ancora una volta dopo che Königsberg era passata sotto il controllo sovietico e veniva fatto ogni sforzo per cancellare il passato tedesco (fu intitolata in onore di Kalinin dopo la morte de rivoluzionario, nel 1946). Pare che allora la statua fosse destinata al ferrivecchi e avesse già la fune al collo per essere abbattuta, quando l’intervento della polizia segreta la salvò. Ma secondo un’altra versione, fu effettivamente portata via e ritrovata solo in seguito a Magnitogorsk, a 3.000 chilometri di distanza.
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