Tolstoj, l'ultima stazione

Il villaggio di Astapovo (Foto: William Brumfield)

Il villaggio di Astapovo (Foto: William Brumfield)

Le incomprensioni con la moglie. La fuga da Yasnaya Polyana e l'aggravarsi della malattia. Viaggio nelle ultime ore di vita dello scrittore russo, che morì nel piccolo villaggio di Astapovo, dove ancora oggi l'orologio segna le 6:05 di quel 7 novembre del 1910

Lo sferragliare dei treni sulle rotaie. Il lento via vai dei dipendenti ferroviari, che uscivano dalle loro case alle prime luci dell'alba. Sono state queste, con molta probabilità, le ultime cose che Lev Tolstoj ha visto prima di morire.

Fuggito nell’autunno del 1910 da una situazione domestica che considerava intollerabile, il grande scrittore non morì nella sua tenuta di Yasnaya Polyana, ma in una lontana stazione ferroviaria nota con il nome di Astapovo, situata a circa duecentocinquanta miglia a Sud-Est di Mosca. In quella che oggi è la regione di Lipetsk.

Nel 1910, Astapovo non era certo la piccola stazione che si trova citata in qualche biografia di Tolstoj, ma poteva anzi essere considerata un modello per le stazioni di provincia del sistema ferroviario russo, all’epoca in via di rapida espansione. Del complesso di Astapovo facevano parte infatti diversi edifici, tra cui la stazione: un edificio di mattoni, a due piani, costruito nel 1903 in prossimità della stazione originaria, di legno.

La misteriosa fuga di Lev Tolstoj

Dietro la stazione, sulla sinistra, sorgono due cisterne per l’acqua, anch’esse di mattoni, le cui dimensioni riflettono la rapida espansione della stazione di Astapovo. Alle spalle del complesso, oltre una piccola piazza, sorge una schiera di graziosi edifici destinati ai dipendenti ferroviari. Accanto alla stazione era stato progettato un parco recintato. Fu questo ciò che incontrò Tolstoj quando arrivò ad Astapovo il 31 ottobre (in base al calendario giuliano, all’epoca in vigore in Russia. Stando al calendario gregoriano era invece il 13 novembre).

Negli ultimi anni della sua vita, Tolstoj era piuttosto contrariato da quella che considerava la mancanza di approvazione della devota moglie Sophia Andreevna riguardo alle sue opinioni sociali e morali. Il disaccordo fu peggiorato da alcuni dei più vicini collaboratori di Tolstoj, che incoraggiarono lo scrittore a lasciare Yasnaya Polyana. Il più in vista tra quei collaboratori era Vladimir Chertkov, personaggio controverso che si era conquistato la fiducia di Tolstoj e che si dedicò incessantemente alla diffusione delle ultime opere e degli ultimi insegnamenti dello scrittore.

Il clima di tensione era esacerbato dall’atteggiamento di aperta critica che Tolstoj manteneva nei confronti della chiesa ortodossa, e il suo rifiuto di alcuni precetti fondamentali della fede. Per tutta risposta, nel 1910 la Chiesa lo scomunicò.

Un weekend a Yasnaya Polyana

Nelle prime ore del 28 ottobre, quindi, Tolstoj si alzò dopo una notte insonne. Salutò la figlia Aleksandra e lasciò Yasnaya Polyana in compagnia del suo medico personale, Dushan Makovitsky. Temendo di essere rintracciati, i due coprirono le proprie tracce e giunsero sino alla piccola stazione di Shchekino, dove presero un treno diretto a Kozelsk, nella provincia di Kaluga. Dopo aver inviato telegrammi a Sasha e a Chertkov, Tolstoj e Makovitsky si trattennero presso il rifugio monastico di Optina Pustyn: un noto centro spirituale che svolse un importante ruolo anche nella vita di Fedor Dostoevsky.

Il 29 ottobre Tolstoj e Makovitsky soggiornarono presso il convento di Shamardino, appena a Nord di Optina Pustyn. Qui Tolstoj visitò sua sorella Maria, che dal 1891 conduceva vita monastica. L’indomani arrivò Sasha, e quella sera Tolstoj scrisse una lettera alla moglie, chiedendole di non raggiungerlo.

Il 31 ottobre, di mattina presto, Tolstoj lasciò Shamardino con Sasha e Makovitsky per affrontare il duro viaggio di ritorno verso la stazione di Kozelsk. Qui i tre salirono su una carrozza di terza classe diretta a Rostov-sul-Don. Il treno era affollato, pieno di fumo e scomodo. Tolstoj, che aveva ottantadue anni e una salute cagionevole, si ammalò di polmonite.

Verso sera Makovitsky e Sasha, allarmati dalle condizioni e dalla febbre dello scrittore, decisero di trasferirlo dal treno alla stazione più vicina: Astapovo. Il capostazione Ivan Ozolin riconobbe Tolstoj e affrontò prontamente l’emergenza mettendo a disposizione dello scrittore una grande stanza all’interno della sua abitazione.

Non è esagerato affermare che nel corso della settimana successiva Astapovo raggiunse una fama internazionale. Il telegrafo trasmetteva continuamente bollettini, la stazione fu raggiunta dalla stampa e persino da una squadra di video operatori dell’agenzia giornalistica francese French Pathé.

Il 2 novembre arrivò Chertkov (su invito di Tolstoj), e la sera giunse anche Sergei, figlio dello scrittore. A fine giornata, a bordo di una carrozza di prima classe, arrivò anche Sophia Andreevna, accompagnata dagli altri figli. Gli amici più intimi di Tolstoj cercarono di impedirle di entrare nell’abitazione del capostazione.

Metti una sera a cena a casa Tolstoj

La donna fu ammessa nella casa solo dopo che lo scrittore era entrato in coma. Il 7 novembre, alle sei e cinque del mattino, Tolstoj morì. Senza ricevere l’estrema unzione.

Da quel momento, Osolin decise di mantenere intatta la camera da letto. L’ombra della sagoma di Tolstoj che la lampada del comodino aveva proiettato sulla parete fu riportata sulla carta da parati, dove ancora si trova. Nel giro poche ore, su una delle porte che conducono alla camera fu affissa una placca commemorativa. L’orologio della stazione fu lasciato fermo alle 6:05.

L’otto novembre un corteo funebre partì da Astapovo diretto a Yasnaya Polyana. L’indomani Tolstoj fu seppellito all’interno della sua tenuta, in una bara semplice, senza croce. Alla sepoltura presero parte centinaia di persone, sotto lo sguardo vigile degli agenti del governo.

Tolstoj visse in due periodi molti diversi: in una società che ancora ammetteva la schiavitù agricola e in un periodo turbolento dove lo sviluppo e l’industrializzazione erano poco diffusi. Che i suoi ultimi giorni trascorressero nei pressi di una ferrovia è, per certi aspetti, sintomatico. Il treno è infatti simbolo e strumento del rapido cambiamento sociale che Tolstoj aveva osservato con tanta attenzione.

Nel 1918 Astapovo fu ribattezzata “Lev Tolstoj”, benché il nome Astapovo rimane nel museo e rimarrà per sempre nel ricordo di coloro che conoscono l’opera del grande scrittore.

La città oggi conta circa ottomila abitanti, ed è il centro amministrativo di una ricca regione agricola. La stazione accoglie perlopiù pendolari locali. I treni merci, tuttavia, continuano ad attraversarla, sfrecciando di fronte al grande orologio che ancora segna le 6:05.

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