musicisti della Scuola Militare “Suvorov” di Mosca. Foto: ufficio stampa
La Guerra Patriottica del 1812 poteva essere evitata, cambiando completamente il corso della storia mondiale. Attraverso una spedizione in bicicletta ripercorriamo le tappe e le battaglie dell'armata di Suvorov durante la sua ultima campagna militare in Italia. A parlarcene lo storico Mikhail Presnukhin.
Una guerra sconosciuta
La campagna italiana di Suvorov si svolse durante quattro mesi di marcia e combattimenti nel Nord Italia tra l'aprile e l'agosto del 1799. Napoleone Bonaparte aveva conquistato parte del Belpaese e della Svizzera, che all'epoca faceva parte del Sacro Romano Impero con capitale a Vienna. La Russia era alleata degli austriaci e, fedele ai propri doveri, inviò un esercito per liberare i territori occupati dai francesi. Furono gli alleati a chiedere che le truppe austro-russe venissero guidate dal generale Aleksandr Suvorov, che in patria era caduto in disgrazia e viveva agli arresti domiciliari in un villaggio delle campagne di Novgorod.
Ma lo zar Paolo I gli concesse velocemente il perdono e quando il generale gli chiese quale strategia avrebbe dovuto seguire, rispose magnanimo: “Combatti come sai tu”. Gli austriaci promossero subito Suvorov al grado di feldmaresciallo e gli abitanti di Verona, dove il condottiero giunse nell'aprile 1799 per unirsi alle truppe, staccarono i cavalli dalla sua carrozza e lo portarono in città sulle proprie braccia.
La campagna d'Italia (e il ritorno dalla battaglia attraverso la Svizzera) fu l'ultima impresa di Suvorov. Il condottiero settantenne cavalcava alla testa delle sue truppe, dava personalmente l'ordine di fermarsi ai battaglioni spossati e li guidava in prima fila al contrattacco. All'epoca la maggior parte degli eserciti europei facevano al massimo 10-14 chilometri al giorno. Le truppe di Suvorov invece percorrevano di norma più di 25 chilometri al giorno. La fanteria di Suvorov riusciva a percorrerli anche con una temperatura di 35 gradi e con un fucile da 5 chili in spalla (il peso complessivo delle armi insieme alle munizioni arrivava a 20 chilogrammi). Una volta i suoi soldati coprirono 90 chilometri in 36 ore.
La cavalleria, costituita dai reggimenti cosacchi, non era neanche l'ottava parte dell'armata impegnata nella campagna, e Suvorov non era solito portarsi dietro molte vettovaglie. Sulle montagne i russi non ricevettero gli animali da soma promessi dagli alleati e furono costretti a portarsi da soli tutte le munizioni. Spesso i soldati combattevano affamati: gli approvvigionamenti erano a carico degli austriaci e gli intendenti non sempre riuscivano a organizzarli a dovere. Nonostante questo il risultato della campagna d'Italia fu soddisfacente: i russi uscirono vincitori in tutte le principali battaglie, sconfiggendo e costringendo due armate francesi a ritirarsi sui monti intorno a Genova.
Fu così che, alla fine dell'estate 1799, si era creata una situazione davvero incredibile. Suvorov, nonostante gli ordini che arrivavano da Vienna, era deciso a marciare contro Francia. E nessuno in tutta l'Europa sarebbe stato in grado di impedirglielo. Tra l'altro, all'epoca era rimasto ormai poco del romanticismo della rivoluzione francese: le guerre francesi si erano trasformate gradualmente in banali invasioni dei territori altrui, Napoleone saccheggiava senza ritegno chiese e musei.
Purtroppo, per timore che l'influenza della Russia diventasse troppo grande, gli alleati riuscirono a ottenere il dislocamento delle truppe russe in Svizzera. Suvorov venne richiamato in patria dove venne nuovamente allontanato dalla corte. Dopo pochi mesi morì.
Il paradosso sta nel fatto che l'ultima campagna di Suvorov, nell'immaginario collettivo, viene associata più che altro al quadro “Suvorov attraversa le Alpi”. In effetti l'esercito russo attraversò le Alpi, seguendo un itinerario degno di alpinisti professionisti, ma questo avvenne in Svizzera, dove l'esercito russo non avrebbe dovuto trovarsi se si fosse attenuto ai progetti di Suvorov.
Tuttavia è proprio in Svizzera che si trovano monumenti e croci in memoria di Suvorov. La gloria alpina dei russi è sicuramente giustificata, ma l'attraversamento delle Alpi non era di sicuro tra gli scopi della campagna d'Italia. E sarebbe logico vedere i monumenti ai leggendari guerrieri di Suvorov non solo in Svizzera, ma anche in Italia.
Ora si è finalmente reso onore alla storia: il Centro per la Reputazione Nazionale Russa e la Fondazione Andrea Primo Apostolo, il 22 maggio 2011, nella cittadina italiana di Lomello, hanno inaugurato ufficialmente un busto del feldmaresciallo Suvorov. E il 27 maggio a Milano, sulle mura di Palazzo Belgioioso è stata apposta una lapide che ricorda l'impresa del Generalissimo.
A Lomello e a Milano si sono esibiti i musicisti della Scuola Militare “Suvorov” di Mosca. In onore delle vittorie dell'esercito russo è stato organizzato un tour in bicicletta lungo le tappe della storica armata al quale, per visitare i luoghi delle battaglie, le ville e i castelli dove Suvorov si fermò.
La spedizione è stata accompagnata anche dallo storico e scrittore Mikhail Presnukhin, che ha dedicato la sua vita allo studio di quell'epoca incredibile e ingiustamente dimenticata. In particolare all'impresa di Suvorov, che avrebbe potuto cambiare il corso della storia. Ecco cosa ci svela.
Suvorov in patria è conosciuto, ma in modo molto superficiale e sono in pochi in grado di spiegare perché il generale portò le sue truppe fin sulle Alpi.
Sì, è di sicuro una visione semplicistica di un periodo molto importante della nostra storia. Ci sono molti stereotipi. Poche conoscenze e ancor meno analisi. La storia di Suvorov dovrebbe essere coltivata, bisognerebbe cercare di trarne insegnamenti pratici.
Quali?
Anche solo l'arte militare. Basta ricordare la prima guerra in Cecenia: i separatisti iniziano a trattare, nel frattempo il nemico si raggruppa, raccoglie tutte le forze sparse per il Paese e sferra un attacco a sorpresa. Suvorov non avrebbe mai permesso che accadesse una cosa simile.
Noto è invece l'episodio del generale francese che accusò Suvorov di avere una teoria militare dell'impossibile. Suvorov confermò dicendo: Noi russi siamo tutti così, vogliamo l'impossibile.
Suvorov fu accusato di non rispettare le regole della tattica militare anche dal generale francese Jean Serurier, un ottimo condottiero che aveva sconfitto il feldmaresciallo austriaco Wurmser. Nell'aprile del 1799 le truppe di Serurier vennero accerchiate da Suvorov e il comandante, rendendosi conto di non avere speranza, si arrese con tutta la sua divisione. Venne rilasciato dallo stesso Suvorov dopo che ebbe promesso di non combattere più contro i russi durante la campagna.
E nel salutarlo Suvorov gli disse: Arrivederci a Parigi.
Suvorov aveva in mente di spostare i combattimenti in Francia, seguendo la linea Grenoble, Lione, Parigi. Sicuramente sarebbe riuscito a prendere Parigi. Quando Napoleone arrivò dall'Egitto, la prima cosa che chiese fu: Dov'è Suvorov?
La campagna d'Italia era necessaria ai russi?
Se si fosse svolta secondo i piani di Suvorov e si fosse conclusa a Parigi, sì.
Non ci sarebbe stata allora la Guerra Patriottica del 1812?
Certo che non ci sarebbe stata. Se avessimo preso Parigi, avremmo eliminato la repubblica in quattro e quattr'otto. Quali forze avrebbero potuto difendere Parigi?
Dicono che uno dei motivi per cui non permisero a Suvorov di andare a Parigi, fu la morte del cancelliere Bezborodko. Un personaggio conosciuto solo dagli studiosi di storia, ma che in realtà è stato una vera e propria leggenda della diplomazia.
I maggiori storici di oggi sono propensi a ritenere che non ci siano stati altri personaggi del calibro di Aleksandr Andreevich Bezborodko. Con la sua morte abbiamo perso molto. Gli austriaci hanno iniziato a fare gli arroganti, si sono messi a trattarci con disprezzo: non ci consegnavano le terre che avevamo conquistato in nome dell'alleanza, mandavano all'aria operazioni e approvvigionamenti. Gli inglesi hanno iniziato a spingerci via dal Mediterraneo con tutte le loro forze.
Ai tempi di Suvorov la durata media della vita era di 40 anni. Suvorov a 70 anni, ogni mattina si lavava con acqua ghiacciata, saliva a cavallo e svegliava di persona i suoi soldati per andare all'attacco. E poi, al ritorno dall'Italia e dalla Svizzera, arriva a San Pietroburgo e improvvisamente, muore. Come si spiega?
Non che la sua salute fosse poi così robusta. Andava avanti grazie alla sua forza di volontà. Quando capì che in Russia l'avevano tradito, primo fra tutti lo zar, qualcosa in lui si ruppe. Aveva esaurito tutte le sue energie morali.
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