1866 - Nevrev N.V. Baratto. Episodio di vita quotidiana dei servi della gleba. Dal passato recente
Il 19 febbraio (o 3 marzo secondo il nuovo calendario) 1861 la Russia aboliva la servitù della gleba, che costringeva i contadini a lavorare per un feudatario senza avere il diritto di passare al servizio di un altro o di ottenere un appezzamento di terra per uso privato.
Non si può certo affermare che le trasformazioni attuate nell’ambito della questione contadina siano state forzate. È senz’altro vero che il Paese non poteva né voleva sopportare oltre le regole del passato. Tuttavia la situazione autorizzava lo zar dell’epoca, Alessandro II, a vivere secondo la tradizione antica, come avevano fatto prima di lui lo zio e il padre, gli imperatori Alessandro I e Nicola I. Egli avrebbe potuto benissimo istituire un numero incredibile di commissioni dedicate alla questione contadina, leggere e ascoltare i loro rapporti, per poi chiuderli in un cassetto nell'attesa di tempi migliori, e allungare così i tempi per la liberazione dei contadini.
La sconfitta della guerra di Crimea, che tra il 1853 e il 1856 vide scontrarsi da un lato l'Impero russo e dall'altro la coalizione degli imperi britannico, francese e ottomano col Regno di Sardegna, fu senz'altro umiliante, ma non certo schiacciante: il Paese non aveva riportato eccessive perdite territoriali. Ciononostante Alessandro e il suo entourage erano consapevoli del fatto che mantenere l'ordine delle cose così com’era in passato avrebbe trasformato quello che era un già grave ritardo rispetto ai Paesi più avanzati in una catastrofe irreversibile per la Russia.
Lo zar e i suoi collaboratori sapevano bene che riforme e grandi trasformazioni, della portata di quelle promosse da Pietro il Grande (tentativi di trapiantare in terra russa certe conquiste europee e americane), non si potevano più rimandare. Così decisero di agire, ignorando la reticenza dei proprietari terrieri che, nella maggior parte dei casi, non volevano rinunciare per sempre ad una forza lavoro gratuita e al loro potere patrimoniale, per poi assistere al frazionamento delle loro proprietà e all'emancipazione dei contadini.
Alessandro può, certo, essere criticato per la sua scarsa preparazione e per la troppa fretta nell’attuare la riforma contadina. Oppure, come fanno gli storici sovietici, si può definire quest'ultima un "saccheggio" (gli appezzamenti di terreno vennero ridotti in media del 20%). Ma è stato proprio questo zar a impedire un'emancipazione contadina sul modello baltico (1818-1819), ossia senza la concessione di terre. Il principe Konstantin Nikolaevich, e con lui lo zar e Nikolai Miljutin, insistettero affinché i contadini diventassero proprietari.
Quando la riforma venne annunciata ai contadini, molti di essi pensarono che i padroni avessero nascosto da loro la volontà dei riformatori, i quali dovessero avere in serbo altri progetti, e che si sarebbero ripresi le terre. E tuttavia non vi fu alcuna rivolta popolare, e lo spettro di nuove insurrezioni alla "Pugachev”, sfruttato da reazionari e conservatori per spaventare il popolo, non divenne mai realtà.
Va sottolineato che la riforma contadina costituì il primo passo verso un avvicinamento della struttura economica e sociale russa a quelle dei Paesi più sviluppati. Dopo la liberazione dei contadini fu la volta della riforma giudiziaria del 1864, in cui si creò la giustizia a livello di quella europea, che prevedeva giurati e che considerava tutti i sudditi dello zar (certo, con qualche riserva) uguali davanti alla legge, indipendentemente dal loro titolo o dal loro patrimonio. Venne poi la riforma delle assemblee provinciali (di zemstvo) del 1870, che istituì un’amministrazione locale competente, e infine, la riforma militare, che annullava il tanto odiato arruolamento e vietava le punizioni corporali.
Tra il 1877 e il 1878 la Russia non si limitò a liberare la Bulgaria dalla dominazione turca. Un gruppo di funzionari e di generali russi elaborò per il Paese alleato una delle costituzioni più democratiche dell’epoca. Forse in questo modo l’imperatore e il suo entourage speravano di dimostrare agli altri regnanti che gli slavi sapevano vivere in una monarchia costituzionale.
Alessandro II merita di essere definito il “Liberatore”. Tuttavia, a differenza della Bulgaria, dove in tutte le grandi città si è mantenuta una via dedicata allo “Zar liberatore” persino in epoca sovietica, in Russia il suo ruolo storico è sottovalutato.
Sfortunatamente Alessandro II non ha portato a termine la sua trasformazione sociale e politica: il 1° (13) marzo 1881 fu ucciso da un esponente del gruppo anarchico Volontà del popolo. Eppure i precedenti attentati non lo avevano allontanato dai suoi propositi. Si dice che la storia non si fa coi se e coi ma. Ma forse, se non fosse stato per la bomba di Ignatij Grinevitskij, oggi noi avremmo vissuto in un Paese diverso.
Versione ridotta del testo.
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