La magia del Lama, il lago russo che esaudisce i desideri

Pavel Kuzmichev
Si trova nella zona artica della Russia, sul mitico Altopiano Putorana. A chi viene da lontano, il lago appare selvaggio e totalmente disabitato. Eppure, nei tempi antichi, qui viveva una civiltà sconosciuta. Abbiamo visitato il misterioso lago per scoprirne i segreti

“Il lago Lama esaudisce davvero i desideri, ma lo fa spesso a modo suo”, ci dice Jurij, la nostra guida. “Tempo fa, un gruppo di turisti stava facendo una gita in motoscafo. Quando la gita stava per finire, qualcuno ha chiesto di poter stare più tempo sul lago. Ebbene, si è levato subito il vento e le rive del lago sono scomparse dentro la nebbia. Sono passate altre due ore, prima che trovassero il loro albergo.” 

Il Lama è il “lago di casa” per gli abitanti di Norilsk. Questa città polare, situata nel Nord del territorio di Krasnojarsk, dista dal lago 120 km; 4 ore di navigazione. Norilsk è l’ultima tappa di transito per tutti coloro che partono all’arrembaggio dell’Altopiano Putorana.

Tra innumerevoli laghi, cascate d’acqua e monti dell’altopiano, il lago Lama si distingue non solo per la bellezza dei suoi paesaggi e la trasparenza delle sue acque, ma anche per un’atmosfera mistica che attrae romantici e sognatori.

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Sulle orme delle civiltà scomparse

Nella lingua evenki, “Lama” significa “grande acqua”. Di acqua ce n’è davvero tanta: mentre eravamo in viaggio, il sonar segnalava la profondità di oltre 200 metri, con, a tratti, affossamenti di cui nessuno sa la vera profondità, perché la maggior parte dell’anno il lago resta ghiacciato e la navigazione comincia soltanto a fine giugno. Tra l’altro, anche sulle carte geografiche il lago comparve soltanto nel 1921, dopo la spedizione geologica di Nikolaj Urvantsev. 

Attorno al lago non ci sono né case, né strade. Tuttavia, si ritiene che gli aborigeni di questi posti siano gli evenchi, gli nganasani e i dolgani. La punta più lontana del lago, quella orientale, da sempre è considerata un luogo con forze soprannaturali: qui furono ritrovati diversi idoli degli evenchi. A quanto si racconta, alla fine degli anni Trenta del Novecento, qui si poteva ancora incontrare l’ultima donna sciamana. Tuttavia, prima degli evenchi, questa terra era stata abitata da altre civiltà di cui non sappiamo praticamente niente.

Alla metà degli anni Settanta, l’archeologo sovietico Leonid Khlobystin intraprese alcune spedizioni verso i laghi e i fiumi di questa regione. Ha scoperto non solo che l’altopiano Putorana era abitato già 3-4 mila anni fa, ma anche che la civiltà di allora conosceva il bronzo e lo stagno.

Durante le spedizioni furono trovati dei frammenti di antichi coltelli, crogioli di fusione e delle piastrine di bronzo. I reperti bronzei più antichi scoperti nell’Artico, risalenti al XVIII secolo a.C., provengono proprio dall’altopiano Putorana. L’analisi del bronzo ha dimostrato che gli indigeni usavano il rame del giacimento di Norilsk. 

Ma dove prendevano altri minerali? Per fare la lega ci vogliono anche piombo, bismuto, antimonio. Ebbene, tutto ciò veniva portato da altre regioni della Siberia. Quindi, i popoli che abitavano anche lontano uno dell’altro comunicavano tra di loro. Non si sa però perché l’uomo abbia abbandonato queste terre. 

Il luogo di forza

Oggi qui si trova la base turistica “Bunisiak”. Il suo fondatore, Oleg Krashevskij, da mezzo secolo colleziona costumi nazionali, oggetti di uso domestico e simboli rituali dei popoli del nord. 

Durante una delle spedizioni, Oleg ha affiancato l’archeologo Khlobystin e crede che lo scienziato abbia scoperto un’antica civiltà scomparsa. Da allora, egli stesso si avventura nei posti più remoti dell’altopiano. È difficile trovare una persona che conosca questa terra meglio di lui. 

“Abbiamo trovato qui parecchie strutture megalitiche con massi sbozzati. Vuol dire che nel passato c’era la vita”, dice Krashevskij. 

Laureato in geologia e in gestione del patrimonio faunistico, Oleg ha lavorato per anni all’Istituto di studi sull’agricoltura dell’Estremo Nord ed è stato uno dei promotori della riserva naturale creata sull’altopiano Putorana. È autore di 16 pubblicazioni scientifiche e di 3 monografie. Gli nganasani lo chiamano “Sciamano bianco”.

“L’amuleto che porto apparteneva a una famiglia di sciamani nganasani, è molto antico. Mi è stato regalato, insieme ad alcune altre cose, da una donna nganasana, quando le ho curato un braccio”. Sarà una coincidenza, ma il giorno in cui abbiamo fatto il giro delle strutture turistiche attorno al lago Lama, soltanto da Oleg non siamo stati morsicati da zanzare e tafani. “Ho un patto con loro”, sostiene Oleg.

Un incontro inatteso

In compagnia di Jurij, la nostra guida, siamo andati a vedere la Cascata di Neralakh. Il rumore dell’acqua si sente da lontano, ma per avvicinarsi occorre faticare parecchio e bisogna stare attenti ai sassi che sembrano vivi e si muovono sotto i piedi.

La gente del posto chiama questi sassi “kurumnik”. Jurij ci ha spiegato che occorre appoggiarsi soltanto a quelli che sono coperti dal muschio, perché sono più stabili. La nostra guida è una persona che non crede al misticismo e trova a tutto una spiegazione scientifica. 

“Mai prima avevo visto tanti arcobaleni, quanti ne ho visti qui durante l’ultimo mese. Ce n’erano di tutti i tipi: verticali, ad arco, rettilinei…”. Jurij spiega così questo fenomeno: le formazioni rocciose creano un anomalo campo magnetico, mentre sull’acqua l’arcobaleno compare a seguito delle differenze di temperatura. 

Comunque, è un luogo di grande forza: “In genere, le persone qui vengono travolte da un’ondata di energia, mentre gli indigeni credono che il posto sia sacro e vengono qui per esprimere i loro desideri”, racconta Jurij. 

Con il clima siamo stati fortunati: faceva abbastanza caldo, il cielo era sereno e il lago era completamente calmo, sebbene un giorno prima ci fosse stato un fortissimo temporale che minacciava di scompigliare i nostri programmi.

Alla fine della giornata, il lago Lama ci ha regalato un tramonto davvero fantastico con il cielo che si specchiava nell’acqua, ma subito dopo ha sprigionato una nebbia fittissima, che si è diradata soltanto quando eravamo già nei pressi di Norilsk. 

Mentre stavamo tornando dalla cascata, discutendo delle prospettive turistiche della regione, ho detto che sarebbe stato interessante parlare con qualcuno che viene da lontano.

Infatti, alla fine di questa estenuante camminata abbiamo incontrato un gruppo di pescatori, uno dei quali veniva addirittura da Nuova Zelanda.

L’uomo, che si chiama Vladimir, ci ha detto che è nato in Russia, ma da anni vive all’estero. Io ero estremamente stupita di questa miracolosa “apparizione”, ma il nostro capogruppo, Konstantin Viktorovich, ha osservato sornione: “Ve l’avevo detto”. Sì, qui i miracoli accadono.

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