Come un nobile e un architetto servo della gleba perennemente in causa crearono un capolavoro (FOTO)

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WILLIAM BRUMFIELD
Il conte Sheremetev non ammetteva ritardi e portò più volte il geniale progettista in tribunale, facendolo finire in carcere e rischiare la flagellazione. Ma alla fine, nonostante tutti i problemi e le controversie legali, la Chiesa dell’Icona Miracolosa del Salvatore di Ubory è forse l’esempio più brillante dell’architettura ecclesiastica dell’epoca di Pietro il Grande

All’inizio del XX secolo, il chimico e fotografo russo Sergej Prokudin-Gorskij (1863-1944) sviluppò un complesso processo tecnologico per ottenere dettagliate fotografie dai colori vividi. La sua visione della fotografia come forma di educazione e di divulgazione è stata dimostrata con particolare chiarezza attraverso le sue immagini dei monumenti architettonici nei siti storici di tutta la Russia.

Durante i suoi viaggi lungo il fiume Oká (un importante affluente del Volga) nell’estate del 1910, Prokudin-Gorskij scattò numerose fotografie a Rjazan, un capoluogo di provincia situato a 190 km a sud-est di Mosca. Rjazan ha avuto una storia complicata e difficile in epoca medievale, ma nel XVIII secolo si era risollevata.

Grandi opere

Il più grande monumento della città è la Cattedrale della Dormizione della Vergine, ricostruita su larga scala alla fine del XVII secolo. Dopo i primi fallimenti nella costruzione e il crollo del 1692, il progetto fu affidato dal Metropolita Avramij all’architetto Jakov Bukhvostov, che dovette affrontare sfide ardue per le fondamenta e le volte del tetto dell’immensa struttura.  

Con l’assistenza di esperti costruttori locali, la struttura fu completata nel 1699 e altri tre anni furono dedicati agli interni. Nell’agosto del 1702, la cattedrale fu consacrata dal metropolita Stefan Javorskij, che fu un importante prelato della Chiesa russa durante il regno di Pietro il Grande.

Le fotografie di Prokudin-Gorskij della Cattedrale della Dormizione mostrano il manierismo decorativo alla base dei cambiamenti fondamentali nella progettazione architettonica russa avviati durante il regno di Pietro. Il lavoro di Bukhvostov giocò un ruolo importante in questa evoluzione, soprattutto nella progettazione delle chiese delle ricche tenute nei dintorni di Mosca.

L’architetto servo della gleba

Jakov Bukhvostov è uno dei pochissimi primi architetti russi il cui nome è stato registrato (la maggior parte lavorava in forma anonima). Nacque intorno al 1650 da una famiglia di servi della gleba in una tenuta di proprietà dell’importante boiardo Mikhail Tatishchev, vicino alla città di Dmitrov, nella regione di Mosca. Anche se i dettagli ci sono sconosciuti, sembra che Tatishchev abbia notato il suo talento, e che gli abbia permesso di trasferirsi come lavoratore a contratto a Mosca, dove il suo nome appare per la prima volta nel 1681, come miglior offerente per due progetti di costruzione.  

Il suo nome ricompare nel 1690, in relazione a importanti miglioramenti delle mura del monastero della Resurrezione della Nuova Gerusalemme, situato a ovest di Mosca; una delle istituzioni monastiche più importanti della Russia dell’epoca. Tra i lavori di Bukhvostov c’era anche la Chiesa dell’ingresso a Gerusalemme sopra la Porta Santa, completata nel 1694 e in gran parte distrutta durante la Battaglia di Mosca nell’autunno del 1941. 

Ora restaurata approssimativamente nella sua forma originale, l’audace progetto della chiesa della Porta della Nuova Gerusalemme consisteva in quattro ordini ottagonali che salivano da una struttura quadrata che si ergeva su quattro lobi sopra la porta principale. Questo concetto di torre a gradoni ottagonali ascendenti – evidente anche nella tradizionale architettura russa in legno – si rivelò centrale per la creatività di Bukhvostov.

Contemporaneamente al lavoro a Rjazan, Bukhvostov stipulò un contratto per un altro progetto, più piccolo ma strutturalmente più complesso della Cattedrale della Dormizione di Rjazan: la Chiesa dell’Immagine Miracolosa del Salvatore (“Spas Nerukotvornyj”) a Ubory, che gli fu commissionata nel 1694 dal collerico Pjotr Vasilevich Sheremetev “Il Giovane” (1650-97), che occupava un’alta posizione alla corte dello zar Alessio Mikhailovich.

La resa dei conti in tribunale

Destinata a coronare il gioiello architettonico della tenuta di Ubory di Sheremetev, vicino al fiume Moscova, tra la Nuova Gerusalemme e Mosca, la chiesa doveva essere completata entro la fine del 1694. Tuttavia, il ritmo di costruzione fu ostacolato dalle insistenti richieste dell’anziano metropolita Avramij di completare il progetto della cattedrale molto più grande di Rjazan, a circa 200 chilometri di distanza.

Ulteriori complicazioni furono la mancanza di chiarezza sulla consegna dei materiali da costruzione a Ubory, prevista per settembre. Non vedendo alcun lavoro avanzare con i mattoni e la pietra calcarea, Sheremetev fece causa a Bukhvostov, che aveva regolarmente ricevuto il denaro del conte in base al contratto.

Gli storici dovrebbero essere grati per l’ira di Sheremetev, perché i documenti giudiziari che ne derivano forniscono dettagli rari e affascinanti sull’attività edilizia dell’epoca. Bukhvostov, tuttavia, era seriamente minacciato dal punto di vista legale – soprattutto in considerazione del suo status di servo della gleba – sia dal metropolita di Rjazan che da Sheremetev, per cui fuggì dagli ufficiali giudiziari inviati ad arrestarlo a Rjazan.

Le sue avventure presero una nuova piega quando Bukhvostov e i suoi collaboratori si recarono volontariamente da Sheremetev, si scusarono e conclusero un nuovo contratto per completare la chiesa nella tenuta di Ubory entro il luglio 1696. 

Passarono altri diciotto mesi e la chiesa non era ancora terminata. Sheremetev, frustrato, citò nuovamente in giudizio l’architetto, che fu arrestato nel cantiere della cattedrale di Rjazan e gettato in una prigione di Mosca.

Durante l’interrogatorio, Bukhvostov fornì ulteriori dettagli, tra cui l’insistenza di Sheremetev per aumentare l’altezza della struttura. Si trattava di un impulso psicologico comprensibile (più alta è la struttura, maggiore è il prestigio), ma che aumentava l’onere sul bilancio del progetto.

Chi vinse la causa

Non sorprende che Sheremetev abbia vinto la causa. Bukhvostov fu condannato a essere flagellato con il knut, una frusta pesante usata per infliggere punizioni (in quanto servo della gleba, poteva essere sottoposto alle pene più severe), e poi costretto a completare la chiesa. 

Fortunatamente Sheremetev, consapevole della sua salute cagionevole e desideroso di vedere la chiesa terminata, ebbe pietà per l’architetto. Nel dicembre 1696, chiese allo zar Pietro di risparmiare Bukhvostov dalla punizione stabilita dal tribunale. Il grande talento dell’architetto servo della gleba lo aveva salvato.

La struttura di base della Chiesa del Salvatore a Ubory fu completata alla fine del 1697, pochi mesi dopo la morte di Sheremetev. Tuttavia, all’interno rimase molto lavoro decorativo e la chiesa fu consacrata solo nel 1701. A quel punto, i due figli di Sheremetev – Aleksej e Ivan – avevano ereditato le sue proprietà. Nel 1708, entrambi furono inviati in Olanda e in Inghilterra dallo zar Pietro per studiare la navigazione. Dopo aver prestato servizio nella Marina britannica, Ivan Sheremetev (1689-1735) tornò in Russia nel 1716 e si divise tra Mosca e San Pietroburgo, dove raggiunse alti incarichi amministrativi. Dopo la morte di Aleksej nel 1723, Ivan divenne l’unico proprietario di Ubory.

Durante l’invasione napoleonica, la chiesa del Salvatore si trovò direttamente sul percorso di avanzata di una parte della Grande Armata, e sia la tenuta che la chiesa furono completamente saccheggiate dalle truppe francesi. Le successive riparazioni del XIX secolo hanno modificato l’aspetto esterno, ma la chiesa è rimasta in possesso di un ramo collaterale della famiglia Sheremetev. 

La spoliazione sovietica

Anche dopo la nazionalizzazione delle proprietà nel 1918, la chiesa del Salvatore a Ubory continuò a funzionare come chiesa parrocchiale, fino alla sua conversione in club operaio nel 1941. Tuttavia, nel 1932, l’interno era stato spogliato e la grande iconostasi bruciata. Dopo la guerra, l’edificio fu poi utilizzato come deposito di fieno.

Ancora una volta, lo status di Bukhvostov gli venne in soccorso. Durante l’enfasi postbellica sui valori nazionali russi, questo architetto servo della gleba raggiunse lo status di esempio culturale. Nel 1950, la chiesa di Ubory venne dichiarata monumento culturale e iniziarono i lavori per restaurare – o quantomeno conservare – la struttura, tristemente trascurata e danneggiata.

La splendida chiesa ha fatto da sfondo a una serie di film popolari negli anni Ottanta e anche in seguito, ma questo non è servito a risolvere le gravi minacce alla struttura causate dal prolungato abbandono. Nel 1995, su iniziativa del Patriarca Alessio II, la chiesa è tornata a essere una parrocchia locale, ma solo nel 2005 è stato nominato un sacerdote permanente. Tre anni dopo, un importante lavoro di restauro ha portato a un ripristino strutturale essenziale, oltre che a una nuova iconostasi e a nuove campane.

La Chiesa del Salvatore a Ubory è considerata a ragione uno dei principali monumenti dell’architettura russa a cavallo del XVIII secolo. Il colore brillante delle facciate in mattoni stuccati è ovunque delineato da dettagli in pietra calcarea intagliata. E la torre è coronata da un superbo campanile con una cornice decorativa in pietra calcarea.

La gloria architettonica

La chiesa di Ubory può essere paragonata ad altri santuari a torre del cosiddetto “stile Naryshkin”, come la Chiesa dell’Intercessione di Fili. Tuttavia, la chiesa di Ubory mostra una curiosa proporzione tra le sue parti, dovuta all’insistenza di Sheremetev nell’estendere l’altezza del cubo centrale che sostiene le gradinate ottagonali della torre. 

Di conseguenza, l’armonia visiva delle proporzioni in relazione alla pianta risulta distesa rispetto alla chiesa di Fili, dove la torre ottagonale si erge direttamente sopra l’intersezione dei quattro lobi. L’effetto di sovrappeso è però mitigato dalla terrazza, più bassa e più ampia di quella di Fili, che incornicia ampiamente i quattro lobi alla base. Ogni lobo ha contorni a trifoglio segnati da distinte colonne rustiche in pietra calcarea sbozzata. Anche le finestre sono incorniciate da decorazioni in pietra calcarea intagliata, e la balaustra della terrazza presenta pannelli intagliati incassati.

L’interno della chiesa di Ubory è considerato il progetto più riuscito del suo periodo, con il volume dei lobi annessi che confluisce nello spazio centrale della torre. L’impressione di altezza è intensificata dai molteplici livelli dell’iconostasi dorata.

Insomma, nonostante il loro rapporto difficile, il conte Sheremetev e l’architetto servo della gleba Bukhvostov hanno creato un capolavoro all’interno di un ambiente boscoso di lirica bellezza sul corso superiore del fiume Moscova…

Prokudin-Gorskij, il suo metodo e la sua eredità 

Nei primi anni del XX secolo il fotografo russo Sergej Prokudin-Gorskij inventò un complesso procedimento per ottenere fotografie a colori. Tra il 1903 e il 1916 viaggiò per l’Impero Russo e scattò oltre 2.000 foto con il nuovo metodo, che comprendeva tre esposizioni su una lastra di vetro. Nell’agosto del 1918 lasciò la Russia con gran parte della sua collezione di negativi su vetro e si stabilì in Francia. Dopo la sua morte, a Parigi, nel 1944, i suoi eredi vendettero la collezione alla Biblioteca del Congresso Usa. All’inizio del XXI secolo, la Biblioteca del Congresso ha digitalizzato le immagini di Prokudin-Gorskij, rendendo le foto pubblicamente e gratuitamente disponibili al pubblico mondiale. Un gran numero di siti russi ora ha una copia della collezione. Nel 1986 lo storico dell’architettura e fotografo William Brumfield organizzò la prima mostra delle foto di Prokudin-Gorskij alla Biblioteca del Congresso. In un lungo periodo di lavoro, cominciato agli inizi degli anni Settanta del Novecento, Brumfield ha rifotografato la gran parte dei luoghi visitati da Prokudin-Gorskij. Questa serie di articoli mette a confronto questi complessi architettonici a circa un secolo di distanza.

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